Silente amore
In questo silenzio
che germoglia intorno
[tu non ci sei]
come può un amore
far male
dentro
nell'anima
[respiro che muore]
abbracciami d'amore
in un sogno
[voglio vivere].
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In questo silenzio
che germoglia intorno
[tu non ci sei]
come può un amore
far male
dentro
nell'anima
[respiro che muore]
abbracciami d'amore
in un sogno
[voglio vivere].
Siamo fatti di cielo
non di terra
quella terra umida e fredda
che in una sera d'inverno
ti ha spezzato il cammino.
Siamo fatti per il cielo
non per la terra
ditelo alla madre
che intona un mesto canto
ditele che la terra è della terra
ma gli occhi sono del cielo.
Cingetele il petto
perché non senta il freddo
dell'assenza
colmate i suoi occhi vuoti
ditele che siamo fatti per il cielo
non per la terra
perché il dolore
s'acquieti
il pianto si plachi.
Ditele che del cielo
non della terra
è il suo inconsolabile canto.
Certi amori appartengono al sogno
Si vivono con l'anima
e si possono narrare solamente
con mille sospiri di candide nuvole
Si tengono per mano
liberi di essere
in altre altissime dimensioni
in altri cieli dipinti
di un blu più profondo
Certi amori sono troppo grandi
per potersi adattare
ai ristretti limiti umani
Liberi di essere altrove
senza poter mai essere qui
Lei che è figlia della luna
continua a filare con raggi di seta
la tela del sogno
Sdraiata ai bordi della notte
sotto a una coperta di stelle
E l'alba d'ogni tempo
sempre la vedrà
destarsi nel pianto.
Avanzando in altri luoghi,
inghiottendo nere parole
e scandendo cupi pensieri,
incontrai il silenzio
e follemente me ne innamorai.
Nella consapevolezza
d'esser nata
per vivere sottovoce,
mi muovo discreta
su forti passioni
e ovattate speranze.
Custodendo nell'intimo
i miei valori e princìpi,
sorrido all'amore
e all'amicizia.
Libera.
Libera dall'inconsistenza
di tante, troppe voci urlanti;
libera dal rumore sordo
del rancore e dell'odio,
che sfregiano la delicata bellezza
di un sano e puro silenzio
che, al di là delle parole,
sa ben raccontare.
Com'è triste Venezia
nel canto solitario del gabbiano
che vaga senza meta
Com'è triste
il suo tramonto
che piange sguardi d'amor perduti
Lacrime di luna
scintillano sul Canal Grande
e il sospiro del vento
fa tremare i vetri
d'un cuore in frantumi
Com'è triste Venezia
quando l'abbraccio d'anime si scioglie
tra le fiamme d'un addio silente
che tutto incenerisce
tranne la mestizia del ricordo.
Era fatta di fragili respiri
e di sconfinati,
irraggiungibili voli di farfalla.
Vestiva di rosa
tutto il suo piccolo mondo,
e danzava su frammenti di parole
che parevano lucciole di magia.
Lei,
che non voleva il tuo cuore
ma il tuo batticuore,
a scandire il ritmo d'amore
sul tempo della vita.
Era così bella,
nella sua ingenuità che le dipingeva
arcobaleni negli occhi
e stelle cadenti nel cuore.
Dio se era bella...
prima che arrivassi tu,
a macchiare di nero i suoi sogni,
a sbavarle di amarezza le labbra,
ad allagarle lo sguardo di malinconia,
a cucirle addosso la consapevolezza
che esiste solo ciò che nel profondo si sente.
Disillusione.
Si muoveva lenta
col passo che affondava
fin nel cuore delle emozioni
Si crogiolava
su consapevoli illusioni
di malinconica sognatrice
alla perenne ricerca dell'oltre
in un mondo che viveva stretto
confinato nel "solamente questo"
Accovacciata su speranze
sfumate nel nulla che avanzava
dipingeva sul volto dell'amore
i colori dell'anima
Aveva un cuore un po' ammaccato
Un cuore che rinasceva
ad ogni pallido sorriso della vita
Aveva nulla fra le mani
ma l'immenso negli occhi
Lei c'era
in un mondo che non la (ri)conosceva
ma con quegli occhi colmi d'immenso
volava perennemente altrove
No non le importava di esserci
lei desiderava semplicemente
essere.
Scintilla il sole sulla rugiada,
e si vede chiaro il silenzio
nelle gocce gelate,
come i sogni nelle notti buie
quando appaiono le stelle,
che sono silenzi delle nostre speranze
nel cielo infinito dell'anima.
Libertà,
cerco libertà,
nel mio cammino,
quando sono in strada,
se sto seduto
su una panchina solitaria,
di giorno,
o di notte;
cerco libertà,
più libertà,
in un mondo di servi,
di schiavi,
dove tutti sanno solo essere uguali,
e non pensano da soli;
cerco libertà.
Cosa fare
di questo turbinio
di folle orrore
che sposta speranza
in supplica disperata.
Ove e quando redimere
caratteri, idee, propositi,
azioni, parole
in seguenti coscienze
che riparino
dalla furia del crimine?
L'uomo, come immagine di Dio,
o sbaglio della Natura,
entrambi facciate ormai
fuori da ogni senso
limpido spirituale
o trascinante alla genuinità
di tenera anima.
L'uomo, pare dedito
a porre dominio come fosse lecito
decidere l'attimo ferente
della morte.
Cosa fare, cosa sperare,
cosa urlare,
quanto piangere,
quanto inveire,
quanto disprezzare,
come agire
per porre fine alla ignominia
del suo delittuoso pensiero?
E la vita, intanto,
continua a gemere
la sua voglia di vivere,
pur sapendosi sempre più perduta.