Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Sfioro
le tue calde
sinuosità,
carezzando
la voglia
inarrestabile
di te.
Penetro
nell’ardito
desiderio…
e bacio
il piacere
fuggente,
di possederti.
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Sfioro
le tue calde
sinuosità,
carezzando
la voglia
inarrestabile
di te.
Penetro
nell’ardito
desiderio…
e bacio
il piacere
fuggente,
di possederti.
Di notte, a luce spenta, fare il punto.
Ricapitolare. Fare chiarezza.
Passare in rassegna lentamente le azioni
compiute e considerare la loro effettiva
necessità. Potare i rami secchi.
Lavare via le impurità.
Ricondurre tutte le forze alle azioni
necessarie in vista di ciò che vogliamo
si realizzi.
In quel momento non si odono voci,
nè squilli. Nessuna presenza dall'esterno.
In qul momento possono aversi rivelazioni
dall'interno. Pensieri sopiti possono
affiorare e nuove idee nascere.
Fra il sonno e la veglia c'è un
momento di lucidità estrema in
cui possiamo dare una risposta
alle nostre interrogazioni.
Cosa stiamo cercando?
Essere più chiari con se stessi.
Terminare ogni attività superflua
e priva di prospettive.
La nostra nascita
non è che un sonno e un oblio;
L'anima che ci accompagna,
stella di nostra vita,
d'altro saggio gode ben altrove,
e da tanto lontano è giunta non già.
Tutta dimentica di sua prima natura
nè in nudità di sè completa,
che anzi trascina a noi
con sè i gran nembi di gloria.
Dal Dio ch'è nostra casa.
Indugia su noi bambini
per un poco di cielo.
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t'ho visto dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
Le loro tombe affondano nella cenere,
e gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Perché tu possa ascoltarmi
le mie parole
si fanno sottili, a volte,
come impronte di gabbiani sulla spiaggia.
Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l'uva.
E le vedo ormai lontane le mie parole.
Più che mie sono tue.
Come edera crescono aggrappate al mio dolore antico.
Così si aggrappano alle pareti umide.
È tua la colpa di questo gioco cruento.
Stanno fuggendo dalla mia buia tana.
Tutto lo riempi tu, tutto lo riempi.
Prima di te hanno popolato la solitudine che occupi,
e più di te sono abituate alla mia tristezza.
Ora voglio che dicano ciò che io voglio dirti
perché tu le ascolti come voglio essere ascoltato.
Il vento dell'angoscia può ancora travolgerle.
Tempeste di sogni possono talora abbatterle.
Puoi sentire altre voci nella mia voce dolente.
Pianto di antiche bocche, sangue di antiche suppliche.
Amami, compagna. Non mi lasciare. Seguimi.
Seguimi, compagna, su quest'onda di angoscia.
Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie parole.
Tutto ti prendi tu, tutto.
E io le intreccio tutte in una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come l'uva.
Il vento è un cavallo:
senti come corre
per il mare, per il cielo.
Vuol portarmi via: senti
come percorre il mondo
per portarmi lontano.
Nascondimi tra le tue braccia
per questa notte sola,
mentre la pioggia rompe
contro il mare e la terra
la sua bocca innumerevole.
Senti come il vento
mi chiama galoppando
per portarmi lontano.
Con la tua fronte sulla mia fronte,
con la tua bocca sulla mia bocca,
legati i nostri corpi,
all’amore che che brucia,
lascia che il vento passi
senza che possa portarmi via.
Lascia che il vento corra
coronato di spuma,
che mi chiami e mi cerchi
galoppando nell’ombra,
mentre, sommerso,
sotto i tuoi grandi occhi,
per questa notte sola
riposerò, amor mio.
È così breve il nostro cammino
Nel sogno dell'amore!
Il mondo di una rosa!
Ma noi lo rendiamo
Immenso con soste
Di lunghi baci
Sulle foglie aperte.
Darei valore alle cose non per quello che valgono
ma per quello che significano.
Dormirei poco, sognerei di più.
So che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi
perdiamo 60 secondi di luce di cioccolata.
Se Dio mi concedesse un brandello di vita,
vestito con abiti semplici, mi sdraierei, al sole
e lascerei a nudo non solo il mio corpo
ma anche la mia anima.
Dio mio, se avessi cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio
e aspetterei che si alzasse il sole.
Dipingerei le stelle con un sogno di Van Gogh.
con un poema di Benedetti, una canzone di Serrat
sarebbe la mia serenata alla luna.
Bagnerei con le mie lacrime le rose
per sentire il dolore delle spine
ed il bacio vermiglio dei petali.
Dio mio, se io avessi ancora un brandello di vita
non lascerei passare un solo giorno
senza dire alla gente che io amo, io amo la gente.
Convincerei ogni uomo ed ogni donna
che sono i miei favoriti
e vivrei innamorato dell'amore.
E dimostrerei agli uomini quanto sbagliano
quando pensano di smettere di innamorarsi
quando invecchiano senza sapere che invecchiano
quando smettono di innamorarsi.
Darei ad ogni bambino le ali
ma lo lascerei imparare, da solo, a volare.
Ai vecchi insegnerei che la morte
non arriva con la vecchiaia ma con l'oblio.
Ho imparato molte cose da voi, dagli uomini...
Ho imparato che tutti, al mondo,
vogliono vivere in cima alla montagna
senza sapere che la vera felicità
sta in come si sale la china.
Ho imparato che quando un neonato afferra,
per la prima volta, con il suo piccolo pugno,
il dito di suo padre, lo terrà prigioniero per sempre.
Ho imparato che un uomo
ha diritto di guardare un altro uomo
dall'alto verso il basso solo quando lo aiuta a rialzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi
ma non mi serviranno davvero più a molto
perché quando guarderanno in questa mia valigia,
infelicemente io starò morendo.
Sino a che il mare tutto si dissecchi
e le rocce si fondano nel sole;
io sempre t'amerò, angelo caro,
finché scorra la sabbia della vita.
Addio, per poco addio, dolce mio bene;
sian pur mille fra noi leghe di mare
io a te ritornerò, unico amore.
Sorriderti forse è morire,
porgere la parola
a quella terra leggera
alla conchiglia in rumore
al cielo della sera,
a ogni cosa che è sola
e s'ama col proprio cuore.