Più felice sono quando più lontana porto la mia anima dalla sua dimora d'argilla, in una notte di vento quando la luna brilla e l'occhio vaga attraverso mondi di luce
Quando mi annullo e niente mi è accanto né terra, né mare, né cieli tersi e sono tutta spirito, ampiamente errando attraverso infinite immensità.
Unicorni e ciclopi. Corni d'oro e occhi verdi. Sulla scogliera, in ressa gigantesca, illustrano lo stagno senza vetro del mare. Unicorni e ciclopi. Una pupilla e una virile potenza. Chi dubita dell'efficacia tremenda degli unicorni? Nascondi i tuoi bersagli, Natura!
Mano nella mano le nostre dita intrecciate come i nostri cuori… passo dopo passo, nel tumulto della vita. Alla ricerca intrigante di uno spazio inesistente, dove poter vivere e sognare… giorni felici.
Guarderò il mare al tramonto e smarrirò i pensieri nei pensieri, per frugare tra i ricordi. Gli attimi intensi della tua presenza nella mia vita, voglio rivisitare come un bimbo alle giostre… per rivivere ancora quelle stesse emozioni, per ritrovare in quei sorrisi, ancora la gioia… di averli condivisi.
Di notte, a luce spenta, fare il punto. Ricapitolare. Fare chiarezza. Passare in rassegna lentamente le azioni compiute e considerare la loro effettiva necessità. Potare i rami secchi. Lavare via le impurità. Ricondurre tutte le forze alle azioni necessarie in vista di ciò che vogliamo si realizzi. In quel momento non si odono voci, nè squilli. Nessuna presenza dall'esterno. In qul momento possono aversi rivelazioni dall'interno. Pensieri sopiti possono affiorare e nuove idee nascere. Fra il sonno e la veglia c'è un momento di lucidità estrema in cui possiamo dare una risposta alle nostre interrogazioni. Cosa stiamo cercando? Essere più chiari con se stessi. Terminare ogni attività superflua e priva di prospettive.
La nostra nascita non è che un sonno e un oblio; L'anima che ci accompagna, stella di nostra vita, d'altro saggio gode ben altrove, e da tanto lontano è giunta non già. Tutta dimentica di sua prima natura nè in nudità di sè completa, che anzi trascina a noi con sè i gran nembi di gloria. Dal Dio ch'è nostra casa. Indugia su noi bambini per un poco di cielo.
Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, t'ho visto dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu, con la scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno quando il fratello disse all'altro fratello: "Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: Le loro tombe affondano nella cenere, e gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.