Scritta da: Antonio Giarola
in Poesie (Poesie d'Autore)
Onda
Misterioso abisso
Il tuo mare di cristallo
Mi avvolge e mi prende
Nel grido di un'onda
Che diviene volo.
dal libro "Epigrammi d'amore" di Antinoo
Misterioso abisso
Il tuo mare di cristallo
Mi avvolge e mi prende
Nel grido di un'onda
Che diviene volo.
Mentre il vento spinge
e l'onda
culla il mare
l'azzurro pensiero
mi accompagna.
Un arcobaleno
tinteggia l'imbrunir
della sera.
Lontani monti
sovrastano questi versi
e narrano
di nuovi occhi
che gaudenti
più non piangono.
Un sorriso pervade
pace interiore trascendentale.
Quando il merlo nel nero bosco chiama, Elis
questo è il tuo tramonto.
Le tue labbra trincano la frescura della azzurra sorgente.
Lascia, quando la tua fronte lieve sanguina,
le antiche leggende
e l'oscuro significato del volo degli uccelli.
Ma tu con tenui passi entri nella notte
piena di tralci purpurei
e tu più bello muovi le braccia nell'azzurro.
Un roveto risuona
dove sono i tuoi occhi lunari.
Oh, da quanto tempo, Elis, sei morto!
Il tuo corpo è un giacinto
in cui un monaco immerge le ceree dita.
Una nera caverna è il nostro silenzio.
Ne fuoriesce talvolta un mite animale
lungamente abbassa le pesanti palpebre.
Sulle tue tempie sgocciola nera rugiada,
L'ultimo oro delle tramontate stelle.
Li fiori son tanti e stanno nei campi
a prender il sole e mille colori,
essenze, profumi, ostili veleni,
insetti fecondi fan loro la corte;
ma quanti ne vengon di giusti principi
poggiati a terra da gambi forzuti?
I petali lievi non tutti li hanno,
le tinte lucenti goderle non tutti,
pistilli dolciastri di calde stagioni
chi prende, chi giova, qual fiore riceve? Finisce dipinto un fiore leggiadro,
oppure in mazzi per spose novelle; marmoree lodi di fiori compagne,
ma molti vi sono che bocca si scioglie.
Io vedo soltanto tantissimi fiori:
effimeri sono fuggendo lontano.
Della poesia nuda
mi è rimasto il mare
e il cibo dei granelli di versi umidi
oltre la riva delle parole
sul significato delle maree
l'orizzonte lontano
la pelle vicina
noi al porto
l'acqua ai polmoni
le emozioni taciute
tonnellate di detriti da tutti i moli dei ricordi:
io annaspavo.
Centinaia di correnti
mille passi
e sarebbe servito solo nuotare come pesci
muti
in branco da due
uno e io
tu e me
e tanta acqua
lì, al mare
sulla poesia nuda.
Dall'anima, nel quadro antichi
pittori osservano il continuo
muoversi delle genti nel loro
tempo immutabile.
Su di me sento il tuo sguardo.
Vedo fuoco nel sorriso
tuo, nel aprir e chiuder gli occhi
miei. La scienza tanto splendore non
potrà mai donarti, quanto il mio cuor.
Sovrasti silenziosa le folli
che il tuo sguardo immortale incanta.
Lieta ti addormenti ogni sera
nel silenzio, e nella coscienza di
lontani fuochi, il tuo poeta si
inchina. Il ricordo non vive
nel quadro, né in me, ne nel tempo.
È solo nel muoversi dell'universo
che il tuo ricordo ascende tra
le stelle.
Vieni da me amante mia, vita
vieni da me artista, mia madre.
Vieni ubriaca d'amore nella notte
tra le mie strade lasciati andare, mira.
Soffermati nel mio caffè letterario.
Ascolta il sussurro della mia anima
la città incantata è tuo mio fiore.
Nel scendere l'ombra dolce ti chiamo
mio amor.
Ormai la notte è tra i tetti di parigi e
tra i scorci di Montmatre. Ecco la mia
mano giunta nella tua nel brivido del
primo eterno amore.
Vieni da me amante mia, vita
vieni da me artista, mia madre.
Il mio cuore ti sta aspettando
nel quadro della mia voce. Ti amo.
Un giorno dovrò decidere
di che morte sopravvivere
e fioriranno nuvole
nei vasi pieni di sangue
delle mie vene negre di solitudine.
Un giorno forse riuscirò ad amare
la gente con cui condivido l'ossigeno,
un giorno riuscirò perfino a sopportarne
l'odore struggente con cui osservano
la mia ombra mentre i miei occhi
con fare schifato prova per loro
enorme disprezzo.
Un giorno odierò di meno il mondo,
forse riuscirò a non vomitare
quando uno di loro mi saluta
o mi tocca i pensieri con fare amichevole.
Odio la maggior parte degli esseri umani
e quasi sempre fingo di amarli perché
è più semplice sorridere a ciò che
è vivo soltanto per consumare le suola
delle proprie scarpe che dissanguarsi
l'anima in ricordo del loro volto sfigurato.
C'è gente che mi odia a cui dovrei sparare
ancor prima di donargli le spalle
ma anche allora non valgono
il proiettile che serve per salvarle,
che ad ogni mio passo maledice
lo battere lento del mio cuore,
vorrebbe vedermi leccare il fango
che sporca quest'anima stracciata
ma io vivo di poesia,
non sono un barista o uno chef
di cui l'unica virtù è accendere un fornello
o preparare un bicchiere di vino.
Non servo caffè e non preparo scotte pietanze,
la mia vita vale molto di più
non la umilio servendo ai tavoli
o pelando patate.
Morire sapendo che la notte prima
ho preparato un cocktail o una spaghettata
per quelli come me è deplorevole,
preferisco lo struggente sanguinare
ogni fottuta notte su un foglio bianco
con l'inchiostro al posto della saliva
e le mani che sudano dolore e salvezza.
Ai piedi stanchi delle stelle
ho gettato sassi in mari di nuvole
e l'anima mi è apparsa un trionfo di tonfi e cerchi
come grande cielo in mistero di abissi
diluita in spuma
è così intimo il mio buio
che si rimane sfrattati nella me più disabitata
e non è dato possedere neppure una stanza sfitta
ché le porte mi stanno tutte sulla pelle
in fila come i pori
a indicarne il congedo e l'esilio
sono presenza solo a me stessa
all'appello del sentire
-del sentirmi-
con la mano alzata
come allieva impreparata
piena di lumicini timidi e tremanti.
Casuali,
a rotolarci sulle vite
e i passati negli occhi
con il coraggio di dirci battuti
registrandoci i battiti
e gli affondi
di notte.
Dispari a cercare equilibrio e misura
sul fianco per tenerci presenti
promesse di pelle
e sporchi fino alle confessioni
tra le macchie dell'errore
si scorgono i pori.
Come se il tuo fosse sonno
e la mia morte.
Non curo il pavimento sul quale poggiamo
le anime sono altrove
a guardarsi
in nome di questo nostro addio.
Non avrai altro desiderio all'infuori del mio.