Allora sono proprio le mie parole
che ti hanno liberata
Proprio quelle stesse parole
che allora ti avevano catturata.
dal libro "minimi termini" di James Cole
Allora sono proprio le mie parole
che ti hanno liberata
Proprio quelle stesse parole
che allora ti avevano catturata.
Lasciami andare contro la parete
tu che hai un fucile carico d'inganni
e che vuoi farmi morta con la vita
Non morirò ché la tua donna è eterna
solo perché ti ha guardato negli occhi
dentro il gran giorno della primavera.
Scrivi poesie
perché hai bisogno
di un posto
dove essere quello che non sei.
Sono meno solo adesso
che sono solo con me
che non quando ero solo
per stare solo con te.
Trattengo il fiato
quando non ci sei
Non voglio respirare altra vita
se non la tua.
Una voce s'eleva.
Dolore è il nome,
Speranza il cognome.
Madre Natura,
travestita da boia,
colpisce nel sonno,
sbriciola case.
Gli angeli,
il viso tra le mani,
mostrano le ali ferite.
Un cane scava
tra le rovine,
cerca il suo padrone.
Trovano rifugio
tra le braccia
del silenzio
i sopravvissuti.
Sgomenti guardano
l'orologio del campanile
fermo alle 3,36.
La sera s'avvicina,
non ci sono stelle,
non c'è la luna.
Una gelida carezza
di vento solleva
piccoli granelli
di polvere.
Una voce s'eleva.
Dev'essere stato un ricordo, l'ultimo sussulto
e le dita che battono sui tasti
come fosse una marcia di pensieri in fila
sul filo della bocca chiusa.
Ci vuole il latte alle mandorle per certe cose della mente
– mi dico; lo direi anche a te se ci fossi –
credo tutto sia in eredità.
Dallo splendore alla paura,
dal coraggio alla disfatta,
dal misfatto alla tragedia,
dall'ansia al riso immotivato.
Ho visto molte cose in questi giorni appena trascorsi.
Conchiglie grandi così.
E onde.
Onde alte così.
I miei occhi e le sue mani.
Forse, il possibile è da aspirare lungo un tiro di sigaretta
e per il probabile giro bene il caffè così sa più dolce.
Mi mancano quattordici pagine per finire il libro,
poi, magari, ne scrivo uno io.
Sta bene questo nuovo vaso all'angolo della stanza.
L'altro è ancòra vuoto.
Mi sento andare verso un rassicurante autunno.
Più mio.
Questo è quanto.
Giro le spalle al mare che conosco,
al mio essere umano me ne torno,
e quanto c'è nel mare lo sorprendo
nella pochezza mia di cui son conscio.
Di naufragi ne so più del mare,
dagli abissi che sondo torno esangue,
e perché da me nulla lo separi,
vive annegato un corpo nel mio sangue.
Oggi non era giorno di parole,
con mire di poesie o di discorsi,
né c'era strada che fosse nostra.
A definirci bastava solo un atto,
e visto che a parole non mi salvo,
parla per me, silenzio, ch'io non posso.
Cos'altro mai puoi dirmi che io non sappia,
vena del sol che sangue dai alla terra,
sfilacciar quieto di nebbia rifratta
tra l'azzurro del mare e il ciel vermiglio?
Quanti tramonti affollano i ricordi,
quante lingue di fuoco sulle acque,
e tutti si confondono, di notte,
quando, calato il sole, chiudi gli occhi.