Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Vieni, Amor, a veder la gloria mia,
e poi la tua; ché l'opra de' tuoi strali
ha fatto ambeduo noi chiari, immortali,
ovunque per Amor s'ama e disia.
Chiara fe' me, perché non fui restia
ad accettar i tuoi colpi mortali,
essendo gli occhi, onde fui presa, quali
natura non fe' mai poscia, né pria;
chiaro fe' te, perché a lodarti vegno
quanto più posso in rime ed in parole
con quella, che m'hai dato, vena e ingegno.
Or a te si convien far che quel sole,
che mi desti per guida e per sostegno,
non lasci oscure queste luci e sole.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Come chi mira in ciel fisso le stelle,
    sempre qualcuna nuova ve ne scorge,
    che non più vista pria, fra tanti sorge
    chiari lumi del mondo, alme, fiammelle;
    mirando fisso l'alte doti e belle
    vostre, signor, di qualcuna s'accorge
    l'occhio mio nova, che materia porge,
    unde di lei si scriva e si favelle.
    Ma, sì come non può gli occhi del cielo
    tutti, perch'occhio vegga, raccontare
    lingua mortal e chiusa in uman velo,
    io posso ben i vostri onor mirare,
    ma la più parte d'essi ascondo e celo,
    perché la lingua a l'opra non è pare.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Stanco dell'ozio amaro...

      Stanco dell'ozio amaro in cui la mia pigrizia
      Offende quella gloria per cui fuggii l'infanzia
      Dolcissima dei boschi di rose nell'azzurro
      Naturale, e più ancora stanco del patto duro
      Di scavare vegliando un rinnovato avello
      Dentro l'avaro e freddo suolo del mio cervello,
      Per la sterilità spietato affossatore,
      - Che mai dirò, o Sogni, che mai a quest'Aurora,
      Visitato da rose, se, temendo i suoi fiori
      Lividi, il cimitero unirà i cavi orrori? -
      Voglio lasciare l'Arte vorace di un paese
      Crudele, e, sorridendo ai vecchi volti offesi
      Che mostrano gli amici, il genio ed il passato,
      E il lume che la mia agonia ha vegliato,
      Imitare il Cinese, anima chiara e fina,
      La cui estasi pura è dipinger la cima
      Sopra tazze di neve rapita dalla luna
      D'un fiore strano che la sua vita profuma
      Trasparente, d'un fiore che egli sentì fanciullo
      Innestarsi al suo cuore prezioso, azzurro nulla.
      E la morte così, solo sogno del saggio,
      Sereno, sceglierò un giovane paesaggio
      Che sulle tazze assente la mia mano pingerà.
      Una linea d'azzurro fine e tenue sarà
      Un lago dentro il cielo di nuda porcellana,
      Per una bianca nube una luna lontana
      Immerge il lieve corno nel gelo d'acque calme,
      Presso tre grandi cigli di smeraldo, le canne.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Brindisi

        Nulla, una schiuma, vergine verso
        solo a indicare la coppa;
        così al largo si tuffa una frotta
        di sirene, taluna riversa.
        Noi navighiamo, o miei diversi
        amici, io di già sulla poppa
        voi sulla prora fastosa che fende
        il flutto di lampi e d'inverni;
        una bella ebbrezza mi spinge
        né temo il suo beccheggiare
        in piedi a far questo brindisi
        solitudine, stella, scogliera
        a tutto quello che valse
        il bianco affanno della nostra vela.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          -Trami - dico ad Amor talora omai
          fuor de le man di questo crudo ed empio,
          che vive del mio danno e del mio scempio,
          per chi arsi ed ardo ancor, canto e cantai.
          Poi che con tanti miei tormenti e guai
          sua fiera voglia ancor non pago od empio,
          o di Diana avaro e crudo tempio,
          quando del sangue mio sazio sarai?
          Poi torno a me, e del mio dir mi pento:
          sì l'ira, il rimembrar pur lui, mi smorza,
          che dè miei non vorrei meno un tormento.
          Con sì nov'arte e con sì nova forza
          la bellezza ch'io amo, e ch'io pavento,
          ogni senso m'intrica, offusca e sforza.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Il bel, che fuor per gli occhi appare, e 'l vago
            del mio signor e del suo dolce viso,
            è tanto e tal, che fa restar conquiso
            ognun che 'l mira, di gran lunga, e pago.
            Ma, se qual è un cervier occhio e mago,
            potesse altri mirar intento e fiso
            quel che fuor non si mostra, un paradiso
            di meraviglie vi vedrebbe, un lago.
            E le donne non pur, ma gli animali,
            l'erbe, le piante, l'onde, i venti e i sassi
            farian arder d'amor gli occhi fatali.
            Quest'una grazia agli occhi miei sol dassi
            in guiderdon di tanti e tanti mali,
            per onde a tanto ben poggiando vassi.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Dura è la stella mia, maggior durezza
              è quella del mio conte: egli mi fugge,
              ì seguo lui; altri per me si strugge,
              ì non posso mirar altra bellezza.
              Odio chi m'ama, ed amo chi mi sprezza:
              verso chi m'è umìle il mio cor rugge,
              e son umìl con chi mia speme adugge;
              a così stranio cibo ho l'alma avezza.
              Egli ognor dà cagione a novo sdegno,
              essi mi cercan dar conforto e pace;
              ì lasso questi, ed a quell'un m'attegno.
              Così ne la tua scola, Amor, si face
              sempre il contrario di quel ch'egli è degno:
              l'umìl si sprezza, e l'empio si compiace.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Quando fu prima il mio signor concetto,
                tutti i pianeti in ciel, tutte le stelle
                gli dier le grazie, e queste doti e quelle,
                perch'ei fosse tra noi solo perfetto.
                Saturno diègli altezza d'intelletto;
                Giove il cercar le cose degne e belle;
                Marte appo lui fece ogn'altr'uomo imbelle;
                Febo gli empì di stile e senno il petto;
                Vener gli dié bellezza e leggiadria;
                eloquenza Mercurio; ma la luna
                lo fè gelato più ch'io non vorria.
                Di queste tante e rare grazie ognuna
                m'infiammò de la chiara fiamma mia,
                e per agghiacciar lui restò quell'una.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Voi, ch'ascoltate in queste meste rime,
                  in questi mesti, in questi oscuri accenti
                  il suon degli amorosi miei lamenti
                  e de le pene mie tra l'altre prime,
                  ove fia chi valor apprezzi e stime,
                  gloria, non che perdon, dè miei lamenti
                  spero trovar fra le ben nate genti,
                  poi che la lor cagione è sì sublime.
                  E spero ancor che debba dir qualcuna:
                  - Felicissima lei, da che sostenne
                  per sì chiara cagion danno sì chiaro!
                  Deh, perché tant'amor, tanta fortuna
                  per sì nobil signor a me non venne,
                  ch'anch'io n'andrei con tanta donna a paro?
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    in Poesie (Poesie d'Autore)
                    Era vicino il dì che 'l Creatore,
                    che ne l'altezza sua potea restarsi,
                    in forma umana venne a dimostrarsi,
                    dal ventre virginal uscendo fore,
                    quando degnò l'illustre mio signore,
                    per cui ho tanti poi lamenti sparsi,
                    potendo in luogo più alto annidarsi,
                    farsi nido e ricetto del mio core.
                    Ond'io sì rara e sì alta ventura
                    accolsi lieta; e duolmi sol che tardi
                    mi fè degna di lei l'eterna cura.
                    Da indi in qua pensieri e speme e sguardi
                    volsi a lui tutti, fuor d'ogni misura
                    chiaro e gentil, quanto 'l sol giri e guardi.
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