Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

La via del rifugio

Trenta quaranta,
tutto il Mondo canta
canta lo gallo
risponde la gallina...

Socchiusi gli occhi, sto
supino nel trifoglio,
e vedo un quatrifoglio
che non raccoglierò.

Madama Colombina
s'affaccia alla finestra
con tre colombe in testa:
passan tre fanti...

Belle come la bella
vostra mammina, come
il vostro caro nome,
bimbe di mia sorella!

... su tre cavalli bianchi:
bianca la sella
bianca la donzella
bianco il palafreno...

Ne fare il giro a tondo
estraggono le sorti.
(I bei capelli corti
come caschetto biondo

rifulgono nel sole. )
Estraggono a chi tocca
la sorte, in filastrocca
segnado le parole.

Socchiudo gli occhi, estranio
ai casi della vita.
Sento fra le mie dita
la forma del mio cranio...

Ma dunque esisto! O Strano!
Vive tra il Tutto e il Niente
questa cosa vivente
detta guidogozzano!

Resupino sull'erba
(ho detto che non voglio
raccorti, o quatrifoglio)
non penso a che mi serba

la Vita. Oh la carezza
dell'erba! Non agogno
cha la virtù del sogno:
l'inconsapevolezza.

Bimbe di mia sorella,
e voi, senza sapere
cantate al mio piacere
la sua favola bella.

Sognare! Oh quella dolce
Madama Colombina
protesa alla finestra
con tre colombe in testa!

Sognare. Oh quei tre fanti
su tre cavalli bianchi:
bianca la sella,
bianca la donzella!

Chi fu l'anima sazia
che tolse da un affresco
o da un missale il fresco
sogno di tanta grazia?

A quanti bimbi morti
passò di bocca in bocca
la bella filastrocca
signora delle sorti?

Da trecent'anni, forse,
da quattrocento e più
si canta questo canto
al gioco del cucù.

Socchiusi gli occhi, sto
supino nel trifoglio,
e vedo un quatrifoglio
che non raccoglierò.

L'aruspice mi segue
con l'occhio d'una donna...
Ancora si prosegue
il canto che m'assonna.

Colomba colombita
Madama non resiste,
discende giù seguita
da venti cameriste,

fior d'aglio e fior d'aliso,
chi tocca e chi non tocca...
La bella filastrocca
si spezza d'improvviso.

"Una farfalla! " "Dài!
Dài! " - Scendon pel sentiere
le tre bimbe leggere
come paggetti gai.

Una Vanessa Io
nera come il carbone
aleggia in larghe rote
sul prato solatio,

ed ebra par che vada.
Poi - ecco - si risolve
e ratta sulla polvere
si posa della strada.

Sandra, Simona, Pina
silenziose a lato
mettonsile in agguato
lungh'essa la cortina.

Belle come la bella
vostra mammina, come
il vostro caro nome
bimbe di mia sorella!

Or la Vanessa aperta
indugia e abbassa l'ali
volgendo le sue frali
piccole antenne all'erta.

Ma prima la Simona
avanza, ed il cappello
toglie ed il braccio snello
protende e la persona.

Poi con pupille intente
il colpo che non falla
cala sulla farfalla
rapidissimamente.

"Presa! " Ecco lo squillo
della vittoria. "Aiuto!
È tutta di velluto:
Oh datemi uno spillo! "

"Che non ti sfugga, zitta! "
S'adempie la condanna
terribile; s'affanna
la vittima trafitta.

Bellissima. D'inchiostro
l'ali, senza rintocchi,
avvivate dagli occhi
d'un favoloso mostro.

"Non vuol morire! " "Lesta!
Ché soffre ed ho rimorso!
Trapassale la testa!
Ripungila sul dorso! "

Non vuol morire! Oh strazio
d'insetto! Oh mole immensa
di dolore che addensa
il Tempo nello Spazio!

A che destino ignoto
si soffre? Va dispersa
la lacrima che versa
l'Umanità nel vuoto?

Colombina colombita
Madama non resiste:
discende giù seguita
da venti cameriste...

Sognare! Il sogno allenta
la mente che prosegue:
s'adagia nelle tregue
l'anima sonnolenta,

siccome quell'antico
brahamino del Pattarsy
che per racconsolarsi
si fissa l'umbilico.

Socchiudo gli occhi, estranio
ai casi della vita;
sento fra le mie dita
la forma del mio cranio.

Verrà da sé la cosa
vera chiamata Morte:
che giova ansimar forte
per l'erta faticosa?

Trenta quaranta
tutto il Mondo canta
canta lo gallo
canta la gallina...

La Vita? Un gioco affatto
degno di vituperio,
se si mantenga intatto
un qualche desiderio.

Un desiderio? Sto
supino nel trifoglio
e vedo un quatrifoglio
che non raccoglierò.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La Befana

    Discesi dal lettino
    son là presso il camino,
    grandi occhi estasiati,
    i bimbi affaccendati

    a metter la scarpetta
    che invita la Vecchietta
    a portar chicche e doni
    per tutti i bimbi buoni.

    Ognun, chiudendo gli occhi,
    sogna dolci e balocchi;
    e Dori, il più piccino,
    accosta il suo visino

    alla grande vetrata,
    per veder la sfilata
    dei Magi, su nel cielo,
    nella notte di gelo.

    Quelli passano intanto
    nel lor gemmato manto,
    e li guida una stella
    nel cielo, la più bella.

    Che visione incantata
    nella notte stellata!
    E la vedono i bimbi,
    come vedono i nimbi

    degli angeli festanti
    nè lor candidi ammanti.
    Bambini! Gioia e vita
    son la vision sentita

    nel loro piccolo cuore
    ignaro del dolore.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Io sono innamorato di tutte le signore
      che mangiano le paste nelle confetterie.

      Signore e signorine -
      le dita senza guanto -
      scelgon la pasta. Quanto
      ritornano bambine!

      Perché nïun le veda,
      volgon le spalle, in fretta,
      sollevan la veletta,
      divorano la preda.

      C'è quella che s'informa
      pensosa della scelta;
      quella che toglie svelta,
      né cura tinta e forma.

      L'una, pur mentre inghiotte,
      già pensa al dopo, al poi;
      e domina i vassoi
      con le pupille ghiotte.

      Un'altra - il dolce crebbe -
      muove le disperate
      bianchissime al giulebbe
      dita confetturate!

      Un'altra, con bell'arte,
      sugge la punta estrema:
      invano! Ché la crema
      esce dall'altra parte!

      L'una, senz'abbadare
      a giovine che adocchi,
      divora in pace. Gli occhi
      altra solleva, e pare

      sugga, in supremo annunzio,
      non crema e cioccolatte,
      ma superliquefatte
      parole del D'Annunzio.

      Fra questi aromi acuti,
      strani, commisti troppo
      di cedro, di sciroppo,
      di creme, di velluti,

      di essenze parigine,
      di mammole, di chiome:
      oh! Le signore come
      ritornano bambine!

      Perché non m'è concesso -
      o legge inopportuna! -
      il farmivi da presso,
      baciarvi ad una ad una,

      o belle bocche intatte
      di giovani signore,
      baciarvi nel sapore
      di crema e cioccolatte?

      Io sono innamorato di tutte le signore
      che mangiano le paste nelle confetterie.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Pioggia d'agosto

        Nel mio giardino triste ulula il vento,
        cade l'acquata a rade goccie, poscia
        più precipite giù crepita scroscia
        a fili interminabili d'argento...
        Guardo la Terra abbeverata e sento
        ad ora ad ora un fremito d'angoscia...

        Soffro la pena di colui che sa
        la sua tristezza vana e senza mete;
        l'acqua tessuta dall'immensità
        chiude il mio sogno come in una rete,
        e non so quali voci esili inquiete
        sorgano dalla mia perplessità.

        "La tua perplessità mediti l'ale
        verso meta più vasta e più remota!
        È tempo che una fede alta ti scuota,
        ti levi sopra te, nell'Ideale!
        Guarda gli amici. Ognun palpita quale
        demagogo, credente, patriota...

        Guarda gli amici. Ognuno già ripose
        la varia fede nelle varie scuole.
        Tu non credi e sogghigni. Or quali cose
        darai per meta all'anima che duole?
        La Patria? Dio? L'Umanità? Parole
        che i retori t'han fatto nauseose!...

        Lotte brutali d'appetiti avversi
        dove l'anima putre e non s'appaga...
        Chiedi al responso dell'antica maga
        la sola verità buona a sapersi;
        la Natura! Poter chiudere in versi
        i misteri che svela a chi l'indaga!"

        Ah! La Natura non è sorda e muta;
        se interrogo il lichéne ed il macigno
        essa parla del suo fine benigno...
        Nata di sé medesima, assoluta,
        unica verità non convenuta,
        dinanzi a lei s'arresta il mio sogghigno.

        Essa conforta di speranze buone
        la giovinezza mia squallida e sola;
        e l'achenio del cardo che s'invola,
        la selce, l'orbettino, il macaone,
        sono tutti per me come personae,
        hanno tutti per me qualche parola...

        Il cuore che ascoltò, più non s'acqueta
        in visïoni pallide fugaci,
        per altre fonti va, per altra meta...
        O mia Musa dolcissima che taci
        allo stridìo dei facili seguaci,
        con altra voce tornerò poeta!
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Pasqua

          A festoni la grigia parietaria
          come una bimba gracile s'affaccia
          ai muri della casa centenaria.

          Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
          sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
          spietatamente, con tenaci braccia.

          Quand'ecco dai pollai sereno e nuovo
          il richiamo di Pasqua empie la terra
          con l'antica pia favola dell'ovo.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Prima delusione

            La bionda bimba coi capelli al vento
            correva per i viali del giardino
            rossa nel volto, respirando a stento
            per sfuggire al suo bruno fratellino.

            "Mamma!": era giunta all'albero di pesco,
            calpestandone i fiori scossi dal vento:
            poi rise, del suo riso argenteo e fresco,
            al fratellino giunto in quel momento.

            "Non mi prendesti!" disse e rise ancora
            al fratellino un po' mortificato;
            e il sol, che traversava i rami allora,
            baciò quel capo piccolo e dorato.

            "Fulvio, perché la bamboletta parla?
            Dici che sia una bambina vera?"
            "Chissà! Bisognerebbe un po' osservarla,
            guardarle il viso che pare di cera."

            "Vai a prenderla: è dentro nella serra."
            Il fratellino corse, e lei rimase
            coll'occhio fisso all'ombre, che per terra
            formava il sol nell'ultima sua fase.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              La differenza

              Penso e ripenso:-Che mai pensa l'oca
              gracidante alla riva del canale?
              Pare felice! Al vespero invernale
              protende il collo, giubilando roca.

              Salta starnazza si rituffa gioca:
              né certo sogna d'essere mortale
              né certo sogna il prossimo Natale
              né l'armi corruscanti della cuoca.

              -O pàpera, mia candida sorella,
              tu insegni che la Morte non esiste:
              solo si muore da che s'è pensato.

              Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
              Ché l'esser cucinato non è triste,
              triste è il pensare d'esser cucinato.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                L'amica di nonna Speranza

                Loreto impagliato e il busto d'Alfieri, di Napoleone,
                i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)

                il caminetto un po' tetro, le scatole senza confetti,
                i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,

                un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
                gli oggetti con mònito, salve, ricordo, le noci di cocco,

                Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po' scialbi,
                le stampe, i cofani, gli albi dipinti d'anemoni arcaici,

                le tele di Massimo d'Azeglio, le miniature,
                i dagherottipi: figure sognanti in perplessità,

                il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
                e immilla nel quarto le buone cose di pessimo gusto,

                il cùcu dell'ore che canta, le sedie parate a damasco
                chermisi... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!

                I fratellini alla sala quest'oggi non possono accedere
                che cauti (hanno tolte le fodere ai mobili: è giorno di gala)

                ma quelli v'irrompono in frotta. È giunta è giunta in vacanza
                la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta.

                Ha diciassette anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso:
                da poco hanno avuto il permesso d'aggiungere un cerchio alla gonna;

                il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine:
                più snella da la crinoline emerge la vita di vespa.

                Entrambe hanno uno scialle ad arancie, a fiori, a uccelli, a ghirlande:
                divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guance.

                Son giunte da Mantova senza stanchezza al Lago Maggiore
                sebbene quattordici ore viaggiassero in diligenza.

                Han fatto l'esame più egregio di tutta la classe. Che affanno
                passato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio.

                O Belgirate tranquilla! La sala dà sul giardino:
                fra i tronchi diritti scintilla lo specchio del Lago turchino.

                Silenzio, bambini! Le amiche - bambini, fate pian piano! -
                le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche:

                motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto
                di Arcangelo del Leuto e di Alessandro Scarlatti;

                innamorati dispersi, gementi il "core" e "l'augello",
                languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi:

                ... caro mio ben
                credimi almen,
                senza di te
                languisce il cor!
                Il tuo fedel
                sospira ognor
                cessa crudel
                tanto rigor!
                Carlotta canta, Speranza suona. Dolce e fiorita
                si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita.

                O musica, lieve sussurro! E già nell'animo ascoso
                d'ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro,

                lo sposo dei sogni sognati... O margherite in collegio
                sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!

                Giungeva lo Zio, signore virtuoso di molto riguardo,
                ligio al Passato al Lombardo-Veneto e all'Imperatore.

                Giungeva la Zia, ben degna consorte, molto dabbene,
                ligia al Passato sebbene amante del Re di Sardegna.

                "Baciate la mano alli Zii! " - dicevano il Babbo e la Mamma,
                e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii.

                "E questa è l'amica in vacanza: madamigella Carlotta
                Capenna: l'alunna più dotta, l'amica più cara a Speranza. "

                "Ma bene... ma bene... ma bene... " - diceva gesuitico e tardo
                lo Zio di molto riguardo - "Ma bene... ma bene... ma bene...

                Capenna? Conobbi un Arturo Capenna... Capenna... Capenna...
                Sicuro! Alla Corte di Vienna! Sicuro... sicuro... sicuro... "

                "Gradiscono un po' di marsala? " "Signora Sorella: magari. "
                E sulle poltrone di gala sedevano in bei conversari.

                "... ma la Brambilla non seppe... - È pingue già per lErnani;
                la Scala non ha più soprani... - Che vena quel Verdi... Giuseppe!...

                "... nel marzo avremo un lavoro - alla Fenice, m'han detto -
                nuovissimo: il Rigoletto; si parla d'un capolavoro. -

                "... azzurri si portano o grigi? - E questi orecchini! Che bei
                rubini! E questi cammei?... La gran novità di Parigi...

                "... Radetzki? Ma che! L'armistizio... la pace, la pace che regna...
                Quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio! -

                "È certo uno spirito insonne... -... è forte e vigile e scaltro.
                "È bello? - Non bello: tutt'altro... - Gli piacciono molto le donne...

                "Speranza! " (chinavansi piano, in tono un po' sibillino)
                "Carlotta! Scendete in giardino: andate a giuocare al volano! "

                Allora le amiche serene lasciavano con un perfetto
                inchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene.

                Oimè! Ché giocando, un volano, troppo respinto all'assalto,
                non più ridiscese dall'alto dei rami d'un ippocastano!

                S'inchinano sui balaustri le amiche e guardano il Lago,
                sognando l'amore presago nei loro bei sogni trilustri.

                "... se tu vedessi che bei denti! - Quant'anni? - Vent'otto.
                - Poeta? Frequenta il salotto della Contessa Maffei! "

                Non vuole morire, non langue il giorno. S'accende più ancora
                di porpora: come un'aurora stigmatizzata si sangue;

                si spenge infine, ma lento. I monti s'abbrunano in coro:
                il Sole si sveste dell'oro, la Luna si veste d'argento.

                Romantica Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome
                dei pioppi arcata siccome un sopracciglio di bimbo,

                il sogno di tutto un passato nella tua curva s'accampa:
                non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato?

                Vedesti le case deserte di Parisina la bella
                non forse? Non forse sei quella amata dal giovane Werther?

                "... Mah!... Sogni di là da venire. - Il Lago s'è fatto più denso
                di stelle -... che pensi?... - Non penso... - Ti piacerebbe morire?

                "Sì! - Pare che il cielo riveli più stelle nell'acqua e più lustri.
                Inchìnati sui balaustri: sognano così fra due cieli...

                "Son come sospesa: mi libro nell'alto!... - Conosce Mazzini...
                - E l'ami? - Che versi divini!... Fu lui a donarmi quel libro,

                ricordi? Che narra siccome amando senza fortuna
                un tale si uccida per una: per una che aveva il mio nome. "

                Carlotta! Nome non fine, ma dolce! Che come l'essenze
                risusciti le diligenze, lo scialle, le crinoline...

                O amica di Nonna conosco le aiuole per ove leggesti
                i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo.

                Ti fisso nell'albo con tanta tristezza, ov'è di tuo pugno
                la data: vent'otto di Giugno del mille ottocento cinquanta.

                Stai come rapita in un cantico; lo sguardo al cielo profondo,
                e l'indice al labbro, secondo l'atteggiamento romantico.

                Quel giorno - malinconia! - vestivi un abito rosa
                per farti - novissima cosa! - ritrarre in fotografia...

                Ma te non rivedo nel fiore, o amica di Nonna! Ove sei
                o sola che - forse - potrei amare, amare d'amore?
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Natale

                  La pecorina di gesso,
                  sulla collina in cartone,
                  chiede umilmente permesso
                  ai Magi in adorazione.

                  Splende come acquamarina
                  il lago, freddo e un po' tetro,
                  chiuso fra la borraccina,
                  verde illusione di vetro.

                  Lungi nel tempo, e vicino,
                  nel sogno (pianto e mistero)
                  c'è accanto a Gesù Bambino,
                  un bue giallo, un ciuco nero.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Quanto ancor più bella sembra la bellezza (Sonetto 54)

                    Quanto ancor più bella sembra la bellezza,
                    per quel ricco ornamento che virtù le dona!
                    Bella ci appar la rosa, ma più bella la pensiamo
                    per la soave essenza che vive dentro a lei.
                    Anche le selvatiche hanno tinte molto intense
                    simili al colore delle rose profumate,
                    hanno le stesse spine e giocano con lo stesso brio
                    quando la brezza d'estate ne schiude gli ascosi boccioli:
                    ma poiché il loro pregio è solo l'apparenza,
                    abbandonate vivono, sfioriscono neglette e
                    solitarie muoiono. Non così per le fragranti rose:
                    la loro dolce morte divien soavissimo profumo:
                    e così è; per te, fiore stupendo e ambito,
                    come appassirai, i miei versi stilleran la tua virtù.
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