Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Ascolto Istanbul

Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
Spira una leggera brezza dapprima
Lentamente oscillano
Le foglie sugli alberi
Da lontano, molto lontano
I perenni trilli degli acquaioli
Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
E mentre passano gli uccelli
A stormi e stridii dall'alto
Le reti si ritirano dalle chiuse
I piedi di una donna sfiorano l'acqua
Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
Sono freschi i bazar
Allegro Mahmut pascià
Pieni di colombi i cortili
Pervengono battiti di martello dai bacini
Dalla dolce brezza primaverile odori di sudore
Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
Ebbra di passati favori
Una villa dalle darsena buie
Fra il mugghio dell'acquietato scirocco
Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
Passa una fraschetta sul marciapiede
Imprecazioni, motivetti, canzoni, frizzi
Dalla sua mano cade qualcosa sul selciato
Dev'essere una rosa
Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
Ai suoi piedi si dibatte un uccello
Non so se la tua fronte scotti o no
Non so se le tue labbra siano umide o no
Dietro i pistacchi nasce una luna candida
Lo percepisco dai battiti del tuo cuore
Ascolto Istanbul.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Betlemme

    O Betlemme, città del Natale,
    dunque è ritornato il tempo
    in cui devi tu rallegrare il nuovo
    il mondo, il mondo universo.
    Quei che credono e quei che non vogliono
    battere la via angusta della croce,
    si trovano insieme, comunque, a Betlemme.

    Ahi, forse il Verbo di Verità è per certuni
    soltanto una bella, una vecchia leggenda!
    Eppure quella prima notte, quel primo Natale
    negli anni remoti di Erode,
    torna a loro nella mente ogni anno,
    quando le campane suonano per Natale,
    e debbono anche loro guardare indietro, nei secoli.

    Ancorché pene e fatiche e vanità e bugie
    riempiano l'andar lento dei giorni
    vien pure alla fine una notte santa,
    una notte che sorge in un altro mondo;
    e quando l'anno declina tardo,
    giunge come la neve di Dio,
    una neve di pace sulla terra.

    O neve natalizia di Betlemme,
    cadi soavemente in morbide falde,
    e semina il grano che deve germinare
    nei campi dell'eternità.
    Fà cadere in silenzio candidi semi
    nei cuori oscuri e freddi,
    intirizziti dal freddo della notte.

    O Bambino Gesù, sulla paglia del presepio
    fà tacere le voci del mondo.
    Non c'è luogo nel mondo
    dove abiterei più contento:
    portami via dai rischi e dalle cadute,
    dammi casa a Betlemme,
    presso di te, santa Maria.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      I tre santi Re Magi dall'Oriente

      I tre santi Re Magi dall'Oriente
      Chisedono in ogni piccola città:
      "Cari ragazzi e giovinette, dite,
      la strada per Betlemme è per di qua? "

      Ma i giovani ed i vecchi non lo sanno
      E i tre Re Magi sempre avanti vanno;
      ma una cometa d'oro li conduce
      che lassù chiara e amabile riluce.

      La stella sulla casa di Giuseppe
      Ecco s'arresta: là devono entrare.
      Il bovetto muggisce, il bimbo strilla,
      e i tre Re Magi prendono a cantare.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Al nostro re Teopompo, caro agli dèi

        Al nostro re Teopompo, caro agli dèi,
        per merito del quale conquistammo Messene, dalle ampie contrade
        ...
        Messene, luogo bello per arare, bello per piantare
        ...
        intorno ad essa combatterono per diciannove anni,
        sempre, senza interruzione, con animo coraggioso,
        i guerrieri, padri dei nostri padri.
        E nel ventesimo anno, lasciati i pingui campi,

        quelli fuggivano dalle alte cime dell'Itome.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Per un uomo valoroso è bello cadere morto

          Per un uomo valoroso è bello cadere morto
          combattendo in prima fila per la patria;
          abbandonare la propria città e i fertili campi
          e vagare mendico, è di tutte la sorte più misera,
          con la madre errando e con il vecchio padre,
          con i figli piccoli e la moglie.
          Sarà odioso alla gente presso cui giunge,
          cedendo al bisogno e alla detestata povertà:
          disonora la stirpe, smentisce il florido aspetto;
          disprezzo e sventura lo seguono.
          Se, così, dell'uomo randagio non vi è cura,
          né rispetto, neppure in futuro per la sua stirpe,
          con coraggio per questa terra combattiamo, e per i figli
          andiamo a morire, senza più risparmiare la vita.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Talor mentre cammino per le strade

            Talor, mentre cammino per le strade
            della città tumultuosa solo,
            mi dimentico il mio destino d'essere
            uomo tra gli altri, e, come smemorato,
            anzi tratto fuor di me stesso, guardo
            la gente con aperti estranei occhi.

            M'occupa allora un puerile, un vago
            senso di sofferenza ed ansietà
            come per mano che mi opprima il cuore.
            Fronti calve di vecchi, inconsapevoli
            occhi di bimbi, facce consuete
            di nati a faticare e a riprodursi,
            facce volpine stupide beate,
            facce ambigue di preti, pitturate
            facce di meretrici, entro il cervello
            mi s'imprimono dolorosamente.
            E conosco l'inganno pel qual vivono,
            il dolore che mise quella piega
            sul loro labbro, le speranze sempre
            deluse,
            e l'inutilità della loro vita
            amara e il lor destino ultimo, il buio.

            Ché ciascuno di loro porta seco
            la condanna d'esistere: ma vanno
            dimentichi di ciò e di tutto, ognuno
            occupato dall'attimo che passa,
            distratto dal suo vizio prediletto.

            Provo un disagio simile a chi veda
            inseguire farfalle lungo l'orlo
            d'un precipizio, od una compagnia
            di strani condannati sorridenti.
            E se poco ciò dura, io veramente
            in quell'attimo dentro m'impauro
            a vedere che gli uomini son tanti.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
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              Taci, anima stanca di godere

              Taci, anima stanca di godere
              e di soffrire(all'uno e all'altro vai
              rassegnata)
              Nessuna voce tua odo se ascolto:
              non di rimpianto per la miserabile
              giovinezza, non d'ira o di speranza,
              e neppure di tedio.
              Giaci come
              il corpo, ammutolita, tutta piena
              d'una rassegnazione disperata.
              Non ci stupiremmo,
              non è vero, mia anima, se il cuore
              si fermasse, sospeso se ci fosse
              il fiato...
              Invece camminiamo,
              camminiamo io e te come sonnambuli.
              E gli alberi son alberi, le case
              sono case, le donne
              che passano son donne, e tutto è quello
              che è, soltanto quel che è.
              La vicenda di gioia e di dolore
              non ci tocca. Perduto ha la voce
              la sirena del mondo, e il mondo è un grande
              deserto.
              Nel deserto
              io guardo con asciutti occhi me stesso.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
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                Padre, anche se

                Padre, se anche tu non fossi il mio
                padre,
                per te stesso, egualmente t'amerei.
                Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
                che la prima viola sull'opposto
                muro scopristi dalla tua finestra
                e ce ne desti la novella allegro.
                E subito la scala tolta in spalla
                di casa uscisti e l'appoggiavi al muro.
                Noi piccoli dai vetri si guardava.

                E di quell'altra volta mi ricordo
                che la sorella, bambinetta ancora,
                per la casa inseguivi minacciando.
                Ma raggiuntala che strillava forte
                dalla paura, ti mancava il cuore:
                t'eri visto rincorrere la tua
                piccola figlia e, tutta spaventata,
                tu vacillando l'attiravi al petto
                e con carezze la ricoveravi
                tra le tue braccia come per difenderla
                da quel cattivo ch'eri tu di prima.

                Padre, se anche tu non fossi il mio
                padre...
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
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                  Ora che sei venuta

                  Ora che sei venuta,
                  che con passo di danza sei entrata
                  nella mia vita
                  quasi folata in una stanza chiusa –
                  a festeggiarti, bene tanto atteso,
                  le parole mi mancano e la voce
                  e tacerti vicino già mi basta.

                  Il pigolìo così che assorda il bosco
                  al nascere dell'alba, ammutolisce
                  quando sull'orizzonte balza il sole.

                  Ma te la mia inqietitudine cercava
                  quando ragazzo
                  nella notte d'estate mi facevo
                  alla finestra come soffocato:
                  che non sapevo, m'affannava il cuore.
                  E tutte tue sono le parole
                  che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
                  alla bocca venivano da sole,

                  l'ore deserte, quando s'avanzavan
                  puerilmente le mie labbra d'uomo
                  da sé, per desiderio di baciare....
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