Questa cittade, e intorno a molte miglia ciò che fra Varo e Rodano al mar siede, avea l'imperator dato alla figlia del duca Amon, in ch'avea speme e fede; però che 'l suo valor con maraviglia riguardar suol, quando armeggiar la vede. Or, com'io dico, a domandar aiuto quel messo da Marsilia era venuto.
Rispose il cavallier: - Tu vòi ch'io passi di nuovo i monti, e mostriti la via? A me molto non è perdere i passi, perduta avendo ogni altra cosa mia; ma tu per balze e ruinosi sassi cerchi entrar in pregione; e così sia. Non hai di che dolerti di me, poi ch'io tel predico, e tu pur gir vi vòi. -
La bella donna con diverso aspetto stette ascoltando il Maganzese cheta; che come prima di Ruggier fu detto, nel viso si mostrò più che mai lieta: ma quando sentì poi ch'era in distretto, turbossi tutta d'amorosa pieta; né per una o due volte contentosse che ritornato a replicar le fosse.
Ritornò il cavallier nel primo duolo, fatta che n'ebbe la cagion palese. Questo era il conte Pinabel, figliuolo d'Anselmo d'Altaripa, maganzese; che tra sua gente scelerata, solo leale esser non volse né cortese, ma ne li vizi abominandi e brutti non pur gli altri adeguò, ma passò tutti.
Splende lo scudo a guisa di piropo, e luce altra non è tanto lucente. Cadere in terra allo splendor fu d'uopo con gli occhi abbacinati, e senza mente. Perdei da lungi anch'io li sensi, e dopo gran spazio mi riebbi finalmente; né più i guerrier né più vidi quel nano, ma vòto il campo, e scuro il monte e il piano.
Fra duo guerrieri in terra ed uno in cielo la battaglia durò sino a quella ora, che spiegando pel mondo oscuro velo, tutte le belle cose discolora. Fu quel ch'io dico, e non v'aggiungo un pelo: io 'l vidi, i' 'l so: né m'assicuro ancora di dirlo altrui; che questa maraviglia al falso più ch'al ver si rassimiglia.
Sopra Gradasso il mago l'asta roppe; ferì Gradasso il vento e l'aria vana: per questo il volator non interroppe il batter l'ale, e quindi s'allontana. Il grave scontro fa chinar le groppe sul verde prato alla gagliarda alfana. Gradasso avea una alfana, la più bella e la miglior che mai portasse sella.
Poi che fur giunti a piè de l'alta rocca, l'uno e l' altro volea combatter prima; pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca, o pur che non ne fe' Ruggier più stima. Quel Serican si pone il corno a bocca: rimbomba il sasso e la fortezza in cima. Ecco apparire il cavalliero armato fuor de la porta, e sul cavallo alato.
Di sì forbito acciar luce ogni torre, che non vi può né ruggine né macchia. Tutto il paese giorno e notte scorre, E poi là dentro il rio ladron s'immacchia. Cosa non ha ripar che voglia torre: sol dietro invan se li bestemia e gracchia. Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene, che di mai ricovrar lascio ogni spene.
Da lungi par che come fiamma lustri, né sia di terra cotta, né di marmi. Come più m'avicino ai muri illustri, l'opra più bella e più mirabil parmi. E seppi poi, come i demoni industri, da suffumigi tratti e sacri carmi, tutto d'acciaio avean cinto il bel loco, temprato all'onda ed allo stigio foco.