Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Filtro il fumo smagata
Filtro il fumo smagata
nel piccolo stato
delle azioni degne
e l'angoscia
mi sfiora appena
piacevole come la gabbia
del canarino che non conosce l'aria.
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Filtro il fumo smagata
nel piccolo stato
delle azioni degne
e l'angoscia
mi sfiora appena
piacevole come la gabbia
del canarino che non conosce l'aria.
Che lascia all'amico una ragazza tedesca
prima di ritornare a casa?
Una maglia Replay consunta, ma
tremendamente amata, una bottiglietta
con un resto di profumo Calvin
Klein "one"
(unisex). Un indirizzo: una certa
strasse. Lei amava passare
ai McDonald's per prendere
i frappè alla vaniglia. Sull'autobus
notturno ascoltava col suo
lettore cd Nick Cave
e Suede. Era indipendente e
non le piaceva quando la lasciavano
passare avanti o la guardavano
troppo fissamente. Presto lavorerà
nel più grande albergo di Lipsia,
dove all'inizio dovrà fare
pratica al ristorante, poi alla reception.
E solo tra un paio di anni passerà
a studiare managment e comincerà
a lavorare come amministratrice in uno
degli alberghi oppure aprirà persino
un suo ristorante. Il suo amico
russo, evidentemente, non potrà recarsi
a Lipsia, perché nei prossimi
mesi lei sarà tremendamente impegnata
col lavoro. Lei ha gli occhi castani
con un goccio di verde, un taglio
di capelli molto grazioso. "Non mi
sposerò mai", diceva lei. "Farò
un bambino e lo alleverò da sola".
L'ha portata via una corriera alle 12: 00
con destinazione finale Stoccarda.
Scenderà a Berlino e prenderà un treno
per Lipsia. Arriverà, laverà i vestiti,
chiamerà le amiche. "Ho avuto
un boyfriend russo per un'intera
settimana".
"Ma che dici! ". La maglia Replay,
il profumo
Calvin Klein, l'indirizzo:
una certa strasse.
Rose spinose e cavolo stantìo
sententie vecchie e sangue di bucato
venneno in visione a un soldato
perché 'gli avea beúto vin restio,
e poi gli venne di giostrar disio
ma è gli pareva esser apuntato
da un notaio ch'avea il fucile allato,
ché di non fare sgorbi era botío.
Ancora una cutrettola lo venne
a minacciare a letto colla coda
e nello elmetto gli lanciò tre penne:
è cadde per paura della proda
e per la gran percossa tutto svenne,
tanto cadde da alto in terra soda.
"Credi che 'l mondo goda
– disse il soldato – se 'l cervel non erra
quattro braccia è dal letto insino in terra.
Il mio oroscopo passa
– poiché alzerai le palpebre –
per il tuo primo sguardo del mattino:
così attraversa l'amore il nuovo giorno.
Nelle sere d'estate andrò per i sentieri,
pizzicato dal grano, pestando i fili d'erba;
ne sentirò, sognante, il fresco sotto i piedi.
E al vento lascerò bagnare la mia testa.
Non dirò più parole, non farò più pensieri:
ma un amore infinito mi salirà nel petto,
e andrò molto lontano, sarò come uno zingaro,
come con una donna per i campi contento.
Tutti i corpi che ho toccato, che ho visto, che ho preso, che ho sognato, tutti
addensati nel tuo corpo. O, tu carnale Diotima
nel gran simposio dei Greci. Se ne sono andate le flautiste,
se ne sono andati filosofi e poeti. I begli efebi dormono già
lontano, nei dormitori della luna. Tu sei sola
nella mia preghiera innalzata. Un sandalo bianco
dai lunghi lacci bianchi è legato alla gamba della sedia. Sei l'oblio assoluto:
sei il ricordo assoluto. Sei la non incrinata fragilità. Fa giorno.
Fichidindia carnosi scagliati dalle rocce. Un sole rosa
immobile sul mare di Monemvasià. La nostra duplice ombra
si dissolve alla luce sul pavimento di marmo pieno di cicche calpestate,
coi mazzetti di gelsomini infilati negli aghi di pino. O, carnale Diotima,
tu che mi hai partorito e che ho partorito, è ora
che partoriamo azioni e poesie, che usciamo nel mondo. Davvero, non scordare
quando vai al mercato di comprare mele in abbondanza,
non quelle d'oro delle Esperidi, ma quelle grosse e rosse che quando affondi
nella polpa croccante i tuoi splendidi denti resta impresso,
come l'eternità sui libri, pieno di vita il tuo sorriso.
Pensavo di lasciare questa casa morta
D'andare a vivere sul mare
Dimora d'ombre, di voci scordate
Saliscendi di bambole disarticolate per le scale
La finestra aggetta nuda nella notte
Tutti i vetri caduti
Frantumi sulla polvere
E resto e lotto per trovare la mia ombra
Vestigio d'un vecchio sole dimenticato.
Può darsi ch'io scordi, Signora, il vostro
divino profilo d'uccello
e che strappi la mia pazzia
come se balzassi in un cerchio,
ma al soffitto del mio capo i vostri occhi,
fulgidi lumi, brilleranno.
Tu devi credermi, io sarei felice
se sorrisi mandassero i tuoi occhi
quando stasera dovrai ricucire
ciò che le mie mani ti hanno strappato.
Quelle mani che finora io sentivo
essere vuote senza i tuoi seni.
Tu devi credermi, io sarei felice
se sorrisi mandassero i tuoi occhi.
Quando poi starai per addormentarti,
il tuo sonno sia come quello di un re
che ha riconquistato il proprio castello
svettante sulla cima di una rupe.
Tu devi credermi, io sarei felice
se sorrisi mandassero i tuoi occhi.
Ebbene io, in questo fiacco e flautato
tempo di pace, non ho altro piacere
con cui passare il tempo se non quello
di spiare la mia ombra nel sole e commentare
la mia deformità.