L'olmo e la verde sposa Vedi in florido amplesso accolti e stretti: Vedi a l'ilice annosa Attorcersi i corimbi giovinetti. Deh! Se del roseo braccio Cosí, bianca Neera, m'avvincessi, E tra'l soave laccio Il capo stanco io nel tuo sen ponessi, Un lungo amore insieme Giugnendo l'alme ognor, dolcezza mia, Non altra gioia o speme, Non altro a desiar lo spirto avria. Non me non me dal fiore Del caro labbro, fin di tutte brame, Svegliar potria sopore, Non cura di lieo, non dura fame. Allor noi senza duolo Il fato colga; innamorati spirti Noi tragga un legno solo, Pallido Dite, à suoi secreti mirti. Di ciel che mai non verna La ferma ivi berremmo aura sincera, Sotto i piè nostri eterna Rinascendo cò fior la primavera. In tra i nobili eroi Ivi à ben nati amor vivono ognora L'eroine onde a noi Mormora un suon d'esigua fama ancora, E menan danze, e alterni Canti giungono al suon d'alterna lira; E sù germogli eterni Zefiro senza mutamento spira. Scherza con l'ôra incerta Di lauri un bosco; de le aulenti frondi Sotto l'ombra conserta Ridon le rose ed i giacinti biondi. A l'ombre pie d'intorno, Non da rigidi imperi esercitato, Sotto il purpureo giorno Germina splende e olezza il suol beato. Solinga ombra amorosa Ivi oblia Saffo la leucadia pietra, E pur languida posa La tenue fronte su la dotta cetra. Siede Tibullo a l'ombra Ove docil dà colli un rio declina; E di dolcezza ingombra I sacri elisii l'armonia latina. E noi, Neera, il canto Dè morti udrem; noi sederem trà fiori De l'asfodelo. Intanto Mesciamo i dolci e fuggitivi amori.
Lo sventurato tutto concentrato su se stesso in vita rinuncerà alla fama e alla gloria morendo doppiamente andrà a finire anch'esso nel fango da cui un giorno è sorta la sua storia senza commemorazioni senza onori e senza canti.
Per amore di nostra madre, studiamo Per amore di nostro padre, studiamo Per amore di nostra sorella, studiamo Per amore di nostro fratello, studiamo
Per amore di nostra madre, studiamo Per amore di nostro padre, studiamo Per amore di nostra sorella, studiamo Per amore di nostro fratello, studiamo
Anche se le nostre case sono state bruciate per questo dobbiamo studiare Anche se le nostre case sono state bruciate per questo dobbiamo studiare
I nostri villaggi sono ormai vuoti anche per questo dobbiamo studiare I nostri villaggi sono ormai vuoti anche per questo dobbiamo studiare
Per amore di nostra madre, studiamo Per amore di nostro padre, studiamo
Dobbiamo far sentire la nostra voce per poter imparare Dobbiamo far sentire la nostra voce per poter imparare Per amore del Darfur, per amore del Darfur, studiamo
Per amore di nostra madre, studiamo Per amore di nostro padre, studiamo Anche se la scuola è distrutta, impariamo Anche se la scuola è distrutta, impariamo
Preghiamo che i proiettili diventino gessetti e studiamo
Per amore del Sudan, studiamo Per amore del Sudan, studiamo Per amore del Darfur, per amore del Darfur, studiamo
Per amore di nostra madre, studiamo Per amore di nostro padre, studiamo.
Compianto per Ignazio Sánchez Mejías - il sangue sparso
Non voglio vederlo! Di' alla luna che si mostri; non voglio vedere il sangue d'Ignazio sopra l'arena. Non voglio vederlo! È spalancata la luna. Cavallo di calme nubi e circo grigio del sogno con salici in prima fila. Non voglio vederlo! Il mio ricordo si brucia. Avvisate i gelsomini di minuscolo candore! Non voglio vederlo! La vacca del vecchio mondo passava la triste sua lingua sopra un muso di grumi di sangue in terra versato. Ed i tori di Guisando, quasi morte e quasi pietra, mugghiaron come due secoli sazi di premere il suolo. No. Non voglio vederlo! Sale Ignazio sui gradini, tutta la sua morte a spalla. Andava in cerca dell'alba e l'alba non esisteva. Cerca il suo fermo profilo e il sogno lo disorienta. Il suo bel corpo cercava e trovò il suo sangue aperto. Non ditemi di vederlo! Non voglio sentire il getto che sempre più s'affioca; il getto che le tribune illumina e si riversa sopra il fustagno ed il cuoio, della folla sitibonda. Chi mi grida di mostrarmi! Non ditemi di vederlo. Non si chiusero i suoi occhi nel vedersi lì le corna; ma le terribili madri rizzarono allora il capo. Ed attraverso gli allevamenti corse un vento di voci segrete, a tori celesti gridate da mandriani di pallida nebbia. Non principe di Siviglia potrebbe essergli pari, né spada come la sua né cuore del suo più vero. Come un fiume di leoni il suo stupendo vigore, e come un torso di marmo la sua lineata saggezza. Aria di Roma andalusa gli dorava la testa dove il suo riso era un nardo di sale e d'intelligenza. Che gran torero in arena! Che buon montanaro ai monti! Quanto mite con le spighe! Quanto duro con gli sproni! Tenero con la rugiada! Che bagliore nella fiera! Quanto tremendo con l'ultime banderillas della tenebra! Ma ora dorme in eterno. Ora i muschi e l'erba dischiudono con loro dita sicure il fiore del suo teschio. E il suo sangue ora viene cantando: cantando per maremme e praterie, sdrucciolando su corna intirizzite; senz'anima vacilla nella nebbia. In migliaia di zoccoli inciampando come una lunga, oscura, triste lingua, per formare una pozza d'agonia presso il Guadalquivir del firmamento. Oh bianco muro di Spagna! Oh nero toro di pena! Oh sangue duro d'Ignazio! Oh usignolo delle sue vene! No. Non voglio vederlo! Un calice non v'è che lo contenga, non vi son rondinelle che lo bevano, non v'è brina di luce che lo geli, non di gigli v'è canto né diluvio, non cristallo che lo copra d'argento. No. Io non voglio vederlo!
Lei si spoglia nel paradiso della sua memoria Lei non conosce il destino feroce delle sue visioni Lei ha paura di non sapere nominare ciò che non esiste.
Apparirà all'improvviso dal giaciglio del firmamento Un venerando irritato che griderà ad una folla gremita: "Oh ignari titubanti tra certezza e incertezza Il vostro cammino non deve seguire questa né quella".
Se fosse dipeso da me il mio venire, non venivo E se da me dipendesse l'andarmene, quando mai me ne andrei? Era meglio se in questo diroccato convento Non fossi venuto, né andato, né stato giammai.
Mi chiedi chi ama davvero? Chi è in preda alle pene. E quale organo scherza quando il cuore è ansioso?
La medicina che cura l'amore non si trova dall'erborista: resta un mistero divino al pari dell'astrolabio.
Correte pure, insensati, rincorrendo passioni effimere, ma guai a voi se l'Amore regale d'improvviso vi ghermisce.
Ma come pretendete che quell'Amore sia descrivibile, se spesso ci fa vergognare delle nostre stesse parole? Pensate che le parole ve lo rendano più presente, mentre quell'Amore è bello come Mistero inesplicabile?
Certo, corre la penna mentre vergo queste sue lodi, ma se scrivo di quell'Amore la sua punta si spezza. Ecco, guai a scrivere sull'amore sublime! S'infrange la penna, e la pergamena si lacera.
L'intelletto s'affanna, eppur non lo comprende: sì, solo l'Amore spiega quel suo mistero agli amanti.
Potrebbe forse il Sole splendere senza Luce? O mia Lampada, se lo scorgi non distogliere lo sguardo. La sua traccia è resa manifesta dalle ombre, ma solo il suo splendore ha alito di vita.
L'ombra induce al riposo, come le confidenze serali, ma quando il Sole sorge all'alba la Luna viene spaccata. Nulla al mondo ferisce più nel profondo, ma il Sole dell'Anima mia non tramonta e non ha passato.
Il cielo di questo mondo ci mostra un unico sole, ma un cielo dai soli molteplici chi ci vieta d'immaginarlo?
Eppure il Sole dell'Amata non s'interseca col firmamento: nessuno l'ha mai visto, né in astratto, né in concreto. È Amore d'Unione, essenza inconcepibile; non lo comprende l'intelletto, né lo coglie lo sguardo.
Essere come il fiume che scorre silenzioso nella notte, senza temere le tenebre. Se ci sono stelle nel cielo, rifletterle. E se i cieli si riempiono di nubi, così come il fiume, le nubi sono d'acqua; riflettere anch'esse, senza timore, nelle tranquille profondità.