Perdersi Per non sentirsi soli Perdersi sul fondo dei bicchieri Lo so, l'oscurità Ti attrae verso di se Tu guarda la soltanto da lontano Come ammiri un panorama Ma non sporgenti o precipiti Perduti, ma tra le belle cose Perditi Tra fiori, prati e rose Perditi Ma tra mille colori Perditi Ma perditi tra i fiori.
Lasciami quel senso di ignoto nella furia di un tempo ormai passato. Lasciami rovistare ogni angolo, lasciami sbirciare ogni secondo, lasciami trascinare perché voglio sentire l'in-successo intenso come fosse successo perché non si placa e non si smorza e non si perde quel senso di affanno di esserci e non esserci stato.
Timida una foglia dal ramo si è staccata, sulla mia spalla lieve si posa quasi mi accarezzasse leggera, come un sogno che non ti appartiene ma ti sfiora. Novembre si affaccia grigio di nuvole, gonfio di vento mi ricorda di Te, bell'uomo, dei tuoi passi lenti che calpestano le foglie del viale del tuo ultimo saluto. L'autunno, la fine di un anno che avanza la fine di un sogno o forse un'idea per iniziare nuovamente a sognare, per lasciarsi andare al marrone sbiadito delle foglie e con loro in alto volare, toccare il cielo con un dito e sulla nuda terra riposare. A novembre l'ultimo abbraccio, l'ultimo bacio tra le ultime foglie bagnate di pioggia ed i miei occhi perduti tra le lacrime, mentre indelebile nella mia anima respiri scorre l'autunno e si affaccia l'inverno e... attendo di Te l'arrivo in primavera le tue labbra sulle mie labbra la tua carne, la mia carne il fuoco che brucia la passione i respiri che si confondono la fine di un sogno... l'inizio di una realtà.
Non dirmi che diventa difficile anche riflettere perché l'amore non ha età. È la verità. Se solo poi ti guardi intorno vedrai il bisogno che c'è d'amore e capirai. Che non si può prescindere dall'umanità di esserci perché non ha più senso uccidersi. Allora abbracciami perché è più facile che è un senso utile e non fa male come l'inutile. In questa storia di guerre avide ove il confine è labile ove non basta riempirsi di sostantivi o aggettivi perché il bene e il male sono solo parole da tralasciare se solo si vuole davvero ricominciare a camminare sulla stessa strada per ritrovarsi uomini.
Miete la falce del sole il mio primo sonno. Da colli di uccelli – che vogliono torcersi! – martirio cola nel mio animo. Campi di colore leonino si struggono nella foschia. Lodi la mia anima il Signore! – in nessun luogo fra il cielo e l'inferno avverrà più un miracolo simile. Terra! Appenderò il tuo viso di mela alla croce della mia superbia. Oh, che io riesca a portarla sino su quel calvario beffardo, il letto di parto della mia disperazione.
Dovrai tenermi nella rete della tua volontà. Non voglio più uscire nel mondo dove il sole sorge e cala senza senso e febbrilmente la luna si riduce in quarti. Qui dentro non c'è né notte né giorno, qui manca la tentazione delle stelle di risollevarsi da un dolore antico per dover precipitare in quello nuovo. Nella tua rete la debolezza è buona. Come una farfalla redenta dalla luce il cuore angosciato si addormenta. Dovrai tenermi con tutto ciò che ho perduto e che mi rende pesante, così pesante come una pietra da far vibrare spesso la rete della tua volontà.
Concedimi di essere triste sotto i tuoi occhi, le stelle. Forse loro non vedono che sono triste perché l'orecchio della luna è distratto e non sente i miei discorsi. Certo di giorno l'astro solare non pensa mai che tramonto – concedimi di perdere me stessa nei cespugli della malinconia.
Oppure cantare, solamente cantare! Dire che sei tu il senso sconosciuto delle cose, questa nostra coscienza: amore celato nei nostri amori voce del vento, e il silenzio che fascia le galassie, o improvviso, rapito gemito di fronde sul limitare appena della selva.
Cantare suoni che non siano più parole.
Forse è la musica, il suono puro che ti conviene: cantare con voce sempre nuova perché sempre "altro" tu sei; cantare con libera voce e lasciare i salmi tumultuosi perché non vale dire quanto di te soffersi...