Poesie d'Autore


Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie d'Autore)
Luna non è sorriso,
anzi lo è, ma morto.
Scheletro di dentiera sulle labbra
delle sue buie ceneri. Il miracolo
è non avere un occhio, essere cieco,
eppure dall'abisso della sua anima
riuscire a far emergere i riflessi
di lacrime di luce. Stelle sono
pianto e sorriso nello stesso tempo.
L'occhio aperto che guarda dell'insonne
le lascia scivolare su di sé
come guancia, sull'acme di pupilla,
le custodisce facendo che cadano
nello scrigno ch'è il suolo del suo sonno.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Voglio essere sole,
    centro per qualcun altro,
    sangue di luce senza avere un corpo,
    Dio che si fa a immagine e somiglianza
    dell'uomo, i raggi diventano ciglia,
    bacio dell'occhio a un altro –
    scrutamento invisibile di pene –
    voglio che quando muoio la pupilla
    dell'amato diventi come notte,
    madre chinata a contemplare il lutto,
    il ricordo dell'ombra che si posa
    sul mare, superficie dell'abisso –
    voglio che pianga tutte le sue stelle –
    voglio resurrezione della luce
    e non altra caduta nella fine,
    migliaia di milioni di miliardi
    di lacrime che brillino per me.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Il sole è il centro di tutta la vita.
      Quando è ferito a morte dal mistero
      e l'acqua accoglie come fosse tomba
      il cielo è madre che si veste a lutto
      a contemplarlo fino al più profondo -
      il cranio è un occhio che non vuol vedere! - emerge moltitudine di Dio
      dagli infiniti angelici occhi – stelle! –
      su cui pende l'oblio di cosa è guancia –
      versa immobile ed è il suo contrappasso
      ed il suo pentimento e la sua pena
      tutto il pianto di luce che va in cenere
      finendo in fondo all'abisso del buio.
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        Scritta da: Andrea De Candia
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Sole caduto martire
        nella terra del mare
        e seppellito subito
        e senza avere esequie.
        Dallo spartito nero della notte
        i timpani delle pupille udirono
        lo scriversi di musiche stellari.
        Suona in silenzio il suo lamento funebre
        e lo rende in materia inalterato.
        E gli echi dei ricordi vi si affacciano
        la madre Dio ha vestito
        la sua pupilla a lutto,
        per non vedere altro
        che il suo dolore espandersi infinito
        oltre sé stessa, ritornando in sé.
        Ma dal suo volto oscuro
        la folla degli insonni
        vede scendere immobile
        la lacrima di cenere di luce
        di ogni stella apparsa che resiste
        aggrappata al ricordo
        della carne di un tempo
        perché avverte la decomposizione
        perché ormai fuori è il cranio della luna
        perché non sia sommerso,
        ultimo minerale della vita,
        da tutte le altre ossa che son buio.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Il tempo nella sua carne di spazio
          dolore si procura, masochista,
          si conficca la spina della luna
          nel fianco di una notte che essa traccia,
          perché gridi la luce da ferita,
          e sanguini il riflesso ormai caduto
          negli abissi dell'aria discendente,
          la terra è come fossero le fauci
          spalancate in attesa ed impassibili,
          la palpebra, l'abbassamento, tutto
          l'abisso che dilata la pupilla
          nell'interiorità ch'è detta sonno
          è far da crosta a tutto quest'evento.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Il mondo è buio, il cielo ha già raggiunto
            il trionfo della decomposizione,
            la cenere indistinta della notte,
            perso l'ultimo osso della luce
            che faceva da guida a quegli insonni
            visitatori nel suo cimitero,
            perché lo sguardo fosse una preghiera
            di salvezza per tutti. Ora la morte,
            che ha conquistato tutto il suo potere
            in quel possesso di materia ch'è
            il suo colore nero, ha la corona
            sul suo capo, ne è cinta, ed è invisibile.
            I non colori lottano indefessi.
            Il bianco lotta perché sia una vincita
            almeno in parte, affronta la catabasi
            quando torno dal mio vicolo cieco
            ch'è il sonno ad occhi aperti, la visione
            del sonno universale dell'altrui,
            quando costringo l'ombra
            a diventare sonnambula supina su quel letto
            della strada, ch'è foglio che rimane
            in bianco, come prima, con l'andare
            d'un passo avanti, ho cancellato ogni
            parola del suo inchiostro che ripete
            la costrizione e il suo trascinamento,
            ecco che vedo la mia casa bianca,
            le sue pareti come le lenzuola,
            la luna trascinata nell'inferno
            del suo essere quasi rasa al suolo
            ecco che mi ritorna la salvezza
            del candore fraterno della luce.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              TRAMONTO
              Ora le vene dall'inseppellito
              riemergeranno come delle fruste
              di grida di silenzio a far crollare
              quella purezza della pelle azzurra
              ch'è il tempo che si manifesta Cristo.

              SERA
              Ora cadendo depone sé stesso
              nella grotta dell'anima del mare,
              il tutt'attorno cielo si fa madre
              a contemplare in lutto la memoria
              della figura perduta del figlio.
              Gli angeli, i loro occhi, ecco le stelle
              che versano i riflessi delle lacrime
              come un'ultima cenere di luce.

              MATTINA
              Ora riemerge, fenice di luce,
              da ceneri di buio, come sonni
              senza l'acme del sogno. Il sole brucia
              solo, centrale, su di un rogo d'acqua
              sereno, assente, quasi inassentato
              sulla spuma che corre delle nubi
              penose per l'assenza d'aldilà,
              per un'eternità non conquistata,
              né mai voluta. Morte della riva
              è il loro desiderio, il loro solo.
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Muoio ogni volta nel e con il sonno.
                Mi seppellisco sotterraneamente
                nella mia personale oscurità.
                So che nessuno viene a farmi visita,
                la mia stanza è una camera ardente,
                il lenzuolo che scelsi in incoscienza
                la bara bianca per la mia anima
                dannata ad un'eterna fanciullezza,
                la testa che non sa non fuoriuscirvi
                è testimone di una volontà
                chiamata insepoltura sulla nuda
                terra dell'aria. Ma la notte sola
                crede a quest'antichissima menzogna,
                discende con la sua pupilla alata
                come una madre a contemplare abissi
                di un figlio morto in un affondamento.
                L'insonne "d'una tantum nella vita"
                l'ha già compreso: il corpo le rimane
                in alto, inafferrabilmente veste
                nero, ch'è assenza d'una nuda luce.
                Nel tempo azzurro furono annegati
                quegli angeli di stelle che ora appaiono
                immobili a versarsi come lacrime.
                E la luna ch'è cranio distaccato
                dal ricordo dell'ossa sottostanti
                è manifestazione solidale
                d'ipocrisia! Le fasi fingon d'essere
                la decomposizione, il suo raggiungere
                quel nulla ch'è la cenere del buio...
                (e vola via, dimentica il cadavere!)!
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