Scritta da: quelli che scrivono note
in Poesie (Poesie d'Autore)
Il Tempo
Cinque secondi e fuggi
cinque secondi voli via
cinque secondi per ascoltare te
a volte vorrei fermare il tempo bloccarti li.
Composta sabato 12 marzo 2011
Cinque secondi e fuggi
cinque secondi voli via
cinque secondi per ascoltare te
a volte vorrei fermare il tempo bloccarti li.
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno
durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio
del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza non era legata
alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.
Sorriso beato quanto ti ho amato!
Vissuto, abbracciato, pianto e cercato.
Quanto mi mancano i tuoi gesti passati
di giorni lontani non ancora sfumati.
Mi sono rimaste emozioni nel petto,
tutte parole che non ti ho mai detto,
e le ho conservate sempre al mio lato,
insieme ai ricordi che tu mi hai lasciato.
Oggi una fiamma mi arde nel cuore,
prova vivente di tutto il tuo amore,
di quel esile fuoco che si è spento nel vento,
per riaccendersi in me, restandoci dentro!
Mare,
ogni mio desiderio di pace,
si placa restandovi accanto.
Bianche spiagge assolate,
letti di vacanze sognate,
vissuti da vite di stagioni passate.
Vecchia orchestra antica,
musica d'altri tempi,
ritmata dalle vostre correnti.
Fresche baciate carezze dal vento,
saporite di sale, colorite d'argento.
piangetemi addosso, dall'alba al tramonto,
devastate i miei sensi,
cancellate il mio pianto!
Non ha tombe per me Poggioreale.
Hanno pace i miei cari
laggiù tra colli onde fraterno ai morti
torna d'autunno il vento.
Qui dan senso d'angustia
loculi sovrapposti e urbana pompa
d'arche e di marmi.
E il "recinto dei grandi"
non mi commuove più che i vostri nomi
su scarne croci, antichi montanari,
a sommo della piana
ove fumano lontane
locomotive tra gli ulivi e il mare.
Piccolo cimitero tutto ascolto
odoroso di greggi sul pendio.
È sì breve il cammino
dalle case al cancello.
Ci si abitua al pensiero
di quest'ultima strada
come del verde viottolo nel campo
del vicolo che scende
ai gradini corrosi della chiesa.
E quell'estremo andare
s'attende come il tempo
certo delle castagne
dei grappoli dorati
delle nubi che vanno al Reventino.
I vecchi hanno un sorriso
dolce e bianco
se ricercan laggiù
qualcuno cui da tempo
vorrebbero ridire tante cose
nella vecchia osteria
e che attende, in ascolto:
è sì breve il cammino
dalle case al cancello.
La mattina
spargeva albe
di fili
intorno.
Il giorno
confuso
si nascondeva.
Dietro i colori
il cuore
stanco
reclamava
una parte semplice.
Il Canto dell'odio – Stecchetti
Il Canto dell'odio
Quando tu dormirai dimenticata Sotto la terra grassa
E la croce di Dio sarà piantata Ritta sulla tua cassa
Quando ti coleran marcie le gote Entro i denti malfermi
E nelle occhiaie tue fetenti e vuote Brulicheranno i vermi,
per te quel sonno che per altri è pace sarà strazio novello
e un rimorso verrà freddo, tenace, a morderti il cervello.
Un rimorso acutissimo ed atroce Verrà nella tua fossa
A dispetto di Dio, della sua croce, a rosicchiarti l'ossa.
Io sarò quel rimorso. Io te cercando Entro la notte cupa
Lamia che fugge il dì, verrò latrando Come latra una lupa;
Io con quest'ugne scaverò la terra Per te fatta letame
E il turpe legno schioderò che serra La tua carogna infame.
Oh, come nel tuo core ancor vermiglio Sazierò l'odio antico,
Oh, con che gioia affonderò l'artiglio Nel tuo ventre impudico!
Sul tuo putrido ventre accoccolato Io poserò in eterno,
Spettro della vendetta e del peccato, Spavento dell'inferno:
Ed all'orecchio tuo che fu sì bello Sussurrerò implacato
Detti che bruceranno il tuo cervello Come un ferro infuocato.
Quando tu mi dirai: perché mi mordi E di velen m'imbevi?
Io ti risponderò: non ti ricordi Che bei capelli avevi?
Non ti ricordi dei capelli biondi Che ti coprian le spalle
E degli occhi nerissimi, profondi, Pieni di fiamme gialle?
E delle audacie del tuo busto e della Opulenza dell'anca?
Non ti ricordi più com'eri bella, Provocatrice e bianca?
Ma non sei dunque tu che nudo il petto Agli occhi altrui porgesti
E, spumante Licisca, entro al tuo letto Passar la via facesti?
Ma non sei tu che agli ebbri ed ai soldati Spalancasti le braccia,
Che discendesti a baci innominati E a me ridesti in faccia?
Ed io t'amavo, ed io ti son caduto Pregando innanzi e, vedi,
Quando tu mi guardavi, avrei voluto Morir sotto ai tuoi piedi.
Perché negare – a me che pur t'amavo – Uno sguardo gentile,
Quando per te mi sarei fatto schiavo, Mi sarei fatto vile?
Perché m'hai detto no quando carponi Misericordia chiesi
E sulla strada intanto i tuoi lenoni Aspettavan gli inglesi?
Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo Questa tua rea carogna,
Nuda la carne tua che tanto amavo L'inchiodo sulla gogna,
E son la gogna i versi ov'io ti danno Al vituperio eterno,
A pene che rimpianger ti faranno Le pene dell'inferno.
Qui rimorir ti faccio, oh maledetta, Piano a colpi di spillo,
E la vergogna tua, la mia vendetta Tra gli occhi ti sigillo.
Stanco e vinto dal sonno al manco lato
inerme entro il mio petto Amor giacea,
e il mio cor, che senz'armi il Dio vedea
l'ali gli tolse ond'avea il tergo ornato.
Sé stesso impenna, e lieve spirto alato
fuor dal natio soggiorno il volo ergea,
e per l'usato calle alla mia Dea
giunse e librossi in sul bel crine aurato.
Indi, quasi farfalla, intorno il foco
degli occhi mosse, ma l'intenso ardore
sciolse gli incauti vanni a poco a poco.
Così dentro il bel sen cadde il mio core;
ed ord sperano in van di cangiar loco
il cor senz'ali, e lo spennato Amore.
Quei minuti che separano
che non so aspettare
quello che sento scivolare
quello che mi sento addosso
quello che non posso...
E sempre più di te
sempre più di me
sentire ancora nonostante ora
gli anni passano nel desiderare
di amare e farsi amare
sarà forse che è vero
questo amore nato per provare
e poi cresciuto tra le mani
le tue e le mie
e domani e poi domani confermare
quello che non può passare
e momenti di intesa e passione
che non si possono dimenticare.
Fuck you...
Piangevo con discrezione
per non dare nell'occhio.
Sorridevo al dolore
e nella felicità soffocavo
in silenzio.
Fuck you...
Mi chiamavano freddo,
insensibile, senza cuore
e infatti forse un po' lo sono
perché ho capito
come gira il mondo.
Fuck you...
Non ho smesso di fumare
e faccio ancora sesso
tra le piaghe deliranti
di un cielo sepolto sotto il sole
di mezzogiorno cocente
e deprimente.
Fuck you...
A te che mi hai lasciato solo
nel momento più doloroso.
Volevi amarmi
ma non volevi capirmi.
Volevi baciarmi
ma non volevi odiarmi.
Fuck you...
A te che sei nei cieli
e che dentro me non ci sei...
Quante volte ho sperato in te,
in un tuo "entrare" dentro me.
Ma ora so che la fede
è un dono e questo dono
io non l'ho mai ricevuto
perché le grandi anime
portano in silenzio un Dio
che forse rinnegano ma che dentro
l'anima vive e nel freddo
sorride al cuore.
Un Dio che non ha padroni.
Un Dio che è solo nostro,
che non ha religione.