Poesie d'Autore


in Poesie (Poesie d'Autore)

La lettura di poesia

Pieno pomeriggio
in un college vicino al mare
sobrio
col sudore che mi cola sulle braccia,
una goccia di sudore sul tavolo,
l'asciugo col dito,
per i soldi per i soldi
mio dio penseranno che adoro tutto questo come gli altri
mentre è per il pane e la birra e l'affitto
per i soldi,
sono teso faccio schifo mi sento male
poveracci che fiasco, che disastro.

Una donna si alza,
esce
sbatte la porta.

Una poesia sconcia
me l'avevano detto di non leggere poesie sconce
qui
troppo tardi.

I miei occhi non vedono alcune righe,
le leggo
fino alla fine -
disperato, tremante,
che schifezza.

Non possono sentire la mia voce
e io dico
basta, è finita, sono
rovinato.

E più tardi in camera mia
trovo birra e scotch:
il sangue d'un codardo.

Questo dunque
sarà il mio destino:
scribacchiare per quattro soldi in stanze semibuie
leggere poesie di cui da un pezzo mi sono
stancato.

E una volta credevo
che gli uomini che guidano l'autobus
o puliscono le latrine
o ammazzano altri uomini nei vicoli
fossero degli idioti.
Composta mercoledì 25 settembre 2013
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    La donna ideale

    Il sogno di un uomo
    è una puttana con un dente d'oro
    e il reggicalze,
    profumata
    con ciglia finte,
    rimmel,
    orecchini,
    mutandine rosa
    l'alito che sa di salame,
    tacchi alti,
    calze con una piccolissima smagliatura
    sul polpaccio sinistro,
    un po' grassa,
    un po' sbronza,
    un po' sciocca e un po' matta
    che non racconta barzellette sconce
    e ha 3 verruche sulla schiena
    e finge di apprezzare la musica sinfonica
    e che si ferma una settimana
    solo una settimana
    e lava i piatti e fa da mangiare
    e scopa e fa i pompini
    e lava il pavimento della cucina
    e non mostra le foto dei suoi figli
    né parla del marito o ex-marito
    di dove è andata a scuola o dov'è nata
    o perché l'ultima volta è finita in prigione
    o di chi è innamorata,
    si ferma solo una settimana
    solo una settimana
    e fa quello che deve fare
    poi se ne va e non torna più indietro

    a prendere l'orecchino che ha dimenticato sul comò.
    Composta mercoledì 25 settembre 2013
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      il mio amico William

      Il mio amico William è un uomo fortunato:
      non ha abbastanza immaginazione per soffrire.

      Ha conservato il suo primo impiego,
      la sua prima moglie.

      È capace di guidare per 50.000 miglia
      senza una frenata.

      Balla come un cigno
      e ha gli occhi più belli e inespressivi
      che ci siano da El Paso fino a qui.

      Il suo giardino è un paradiso,
      i tacchi delle sue scarpe sono sempre allo stesso livello
      e la sua stretta di mano è vigorosa.

      La gente gli vuol bene.

      Quando il mio amico William morirà
      non sarà certo di cancro o di pazzia,

      passerà davanti al diavolo
      per andare in paradiso.

      Stasera lo vedrete alla festa
      sorridere
      davanti al suo Martini

      beato e contento
      mentre qualcuno
      gli chiava la moglie
      nel bagno.
      Composta mercoledì 25 settembre 2013
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Mangiato dalle farfalle

        Forse vincerò alla lotteria irlandese
        forse diventerò pazzo
        forse
        forse l'assicurazione contro la disoccupazione o
        una ricca lesbica in cima a una collina

        forse re-incarnazione in una rana...
        O 70.000 dollari trovati a galla in un sacchetto di plastica
        nella vasca da bagno

        ho bisogno di aiuto
        sono un uomo grasso mangiato da
        alberi verdi farfalle e da te

        gira gira
        accendi la luce
        i denti fanno male, i denti della mia anima fanno male
        non posso dormire
        prego per i tram morti
        i topi bianchi
        motori in fiamme
        sangue su un camice verde in una sala operatoria a
        San Francisco
        e sono imprigionato
        ahi ahi
        folle: il mio corpo là pieno di nient'altro che
        di me
        me intrappolato a metà strada fra il suicidio e
        la vecchiaia
        che mi affanno nelle fabbriche accanto ai
        ragazzi
        tenendo il passo
        bruciando il mio sangue come benzina e
        facendo sogghignare
        il caposquadra

        le mie poesie sono soltanto scarabocchi
        sul pavimento di una
        gabbia.
        Composta mercoledì 25 settembre 2013
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Un trucco per alleviare il nostro sanguinare

          In pratica
          le grandi parole dei grandi uomini
          non sono poi così grandi.

          E le grandi nazioni o le grandi bellezze
          non lasciano altro che il residuo
          della reputazione che sarà lentamente
          rosicchiato via.

          Né le grandi guerre sembrano così grandi,
          né le grandi poesie
          né le leggende di prima mano.

          Persino i lutti
          ora sono così tristi,
          e il fallimento non è stato altro che un
          trucco
          per farci continuare.

          E la celebrità e l'amore
          un trucco per alleviare il nostro sanguinare.

          E come il fuoco diventa cenere e l'acciaio
          diventa ruggine, noi diventiamo
          saggi
          e poi
          non così saggi.

          E sediamo su sedie
          leggendo vecchie mappe,
          guerre finite, amori finiti, vite finite,

          e un bambino gioca davanti a noi come una scimmia
          e noi diamo un colpetto alla pipa e sbadigliamo,
          chiudiamo gli occhi e dormiamo.

          Belle parole
          come belle signore,
          si accartocciano e muoiono.
          Composta mercoledì 25 settembre 2013
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Mi vengono a trovare un editore e un poeta

            Avevo appena vinto 115 dollari dai succhiacervelli e
            stavo nudo sul letto
            ascoltando un'opera di uno degli italiani
            e mi ero appena liberato di una donnaccia
            quando bussarono alla porta,
            e visto che i piedipiatti avevano fatto irruzione circa un mese prima,

            urlai piuttosto irritato -
            chi diavolo è? Che vuoi amico?
            sono il tuo editore! Rispose qualcuno urlando,
            e io strillai, non ho un editore,
            prova qui accanto, e lui rispose urlando,
            sei Charles Bukowski, vero? Mi tirai su e
            sbirciai attraverso la grata di ferro per accertarmi che non fosse un piedipiatti,

            e coprii la mia nudità con una vestaglia,
            diedi un calcio ad una lattina di birra e li invitai ad entrare,
            un editore e un poeta.
            Soltanto uno prese una birra (l'editore)
            Così io ne bevvi due per il poeta e una per me
            e loro sedevano là sudando e osservandomi
            e io sedevo là cercando di spiegare
            che non ero veramente un poeta nel senso tradizionale,
            e raccontai loro dei recinti per il bestiame e del mattatoio
            e degli ippodromi e delle condizioni di alcune nostre prigioni,
            e l'editore improvvisamente tirò fuori cinque riviste da una cartella

            e le gettò tra le lattine
            e parlammo dei Fiori del male, Rimbaud, Villon,
            e di cosa sembravano alcuni poeti moderni:
            J. B. May e Wolf the Hedley sono molto puri, unghie pulite, ecc.;
            Mi scusai per le lattine di birra, la mia barba, e tutto quello che c'era sul pavimento
            e ben presto tutti stavano sbadigliando
            e l'editore improvvisamente si alzò e io dissi,
            andate via?
            E poi l'editore e il poeta stavano uscendo dalla porta,
            e allora pensai, beh, al diavolo può non essergli piaciuto
            quello che hanno visto
            ma io non vendo lattine di birra e opera italiana e
            calze di nylon strappate sotto il letto e unghia sporche,
            io vendo rime vita e versi,
            e mi alzai e mi scolai una nuova lattina di birra
            e guardai le cinque riviste con il mio nome in copertina
            e mi chiesi cosa significasse,
            mi chiesi se scriviamo poesie o se stiamo tutti ammucchiati
            in una grande tenda
            abbracciando teste di cazzo.
            Composta mercoledì 25 settembre 2013
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il funerale di uno scrittore

              C'era una frana sulla
              Pacific Coast Highway e ci hanno fatto fare una
              deviazione fin su alle colline di Malibu
              e c'era un gran traffico e faceva caldo, e poi
              ci siamo persi.
              Ma ho intravisto un carro funebre e ho detto: "ecco
              il carro funebre, seguiamolo", e la mia donna ha detto:
              "quello non è il carro funebre", e io ho detto: "sì, è il
              nostro carro funebre".

              Il carro funebre ha girato a sinistra e io l'ho seguito
              mentre si arrampicava per una
              stradina sterrata, fino a quando non ha accostato e io
              ho pensato: "si è perso pure lui". C'era un camioncino parcheggiato lì
              e un signore che vendeva fragole
              e io mi sono fermato
              e ho chiesto
              dov'era la chiesa e lui mi ha dato le indicazioni
              e la mia donna ha detto al tizio delle fragole: "al ritorno
              passiamo a comprare un po' di fragole". poi ho fatto
              inversione e il carro funebre si è rimesso in moto
              e ci siamo avviati uno dietro l'altro
              fino a quando non siamo arrivati alla
              chiesa.

              eravamo lì
              per il funerale di un grand'uomo
              ma
              il gruppo era sparito: la
              famiglia, un paio di vecchi amici sceneggiatori,
              e altre due o tre persone. abbiamo
              detto due parole ai parenti e alla moglie del defunto
              e poi siamo entrati e la messa è cominciata e il
              prete non era niente di che ma uno dei figli del grand'uomo
              ha fatto un bel discorso, e poi è finito tutto
              ed eccoci di nuovo fuori, in macchina,
              di nuovo dietro al carro funebre, giù per la stessa stradina
              ripida
              e di nuovo davanti al camioncino delle fragole, e la mia
              donna ha detto: "non fermiamoci per le fragole",
              e mentre proseguivamo verso il cimitero, ho pensato:
              Fante, sei stato uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi
              e questo è un giorno triste.
              alla fine, eccoci al cimitero; il prete
              ha detto qualcosa ed è tutto finito.
              sono andato dalla vedova che se ne stava lì seduta tutta pallida
              e bella e piuttosto solitaria su una sedia pieghevole di metallo.
              "Hank", mi ha detto, "è difficile", e ho provato inutilmente
              a dire qualcosa che le fosse di conforto.

              allora ce ne siamo andati, lasciandola lì, e
              io stavo proprio male.

              Ho chiesto a un amico di riaccompagnare la mia ragazza in
              città e me ne sono andato all'ippodromo. Sono arrivato
              giusto in tempo per la prima corsa, e mentre giocavo la mia
              scommessa l'impiegato mi guardava strano e mi ha detto
              "Gesù, Hank, come mai porti la cravatta?"
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                Epilogo

                Fante che se n'è andato a Hollywood,
                Fante su un campo di golf,
                Fante al tavolo da gioco,
                Fante in una casa a Malibu,
                Fante amico di William
                Saroyan.
                Ma Fante il ricordo più bello
                che ho di te
                era negli anni'30
                quando vivevi in quell'albergo vicino
                all'Angel's Flight
                e lottavi per essere uno scrittore,
                inviando racconti e lettere
                a Mencken.
                A quei tempi
                ti veniva fuori
                l'urlo dallo stomaco.
                e io lo sentivo.
                Lo sento ancora adesso.
                E mi rifiuto di immaginarti
                su un campo di golf
                o a Hollywood.
                Ma questo non è importante
                adesso che sei morto,
                però il fatto che tu fossi un grande scrittore
                quello resta
                e insieme il modo in cui mi hai aiutato
                a mettere le parole
                sulla carta
                come volevo io.
                Sono felice di averi incontrato alla fine
                anche se stavi
                morendo
                e mi ricordo quando
                ti ho domandato
                "senti, John, come cavolo
                gli è andata a quella ragazza
                messicana
                di Ask the Dust?"
                E tu mi hai risposto
                "si è scoperto che era
                una dannata
                lesbica!"
                E poi è entrata l'infermiera
                con delle grosse
                pillole bianche
                per te.
                Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Sarebbe bello morire alla macchina da scrivere invece che in un letto con il culo appiccicato a una padella fredda.
                  Una volta andai all'ospedale a trovare un mio amico scrittore che stava morendo
                  un pezzetto alla volta
                  il peggior modo possibile.
                  Così a ogni visita
                  (quando era in sè) continuava a
                  parlarmi
                  della sua
                  scrittura (di come non fosse un dono
                  ma una magica ossessione)
                  E non si preoccupava delle
                  mie visite perché
                  lui sapeva che io capivo perfettamente che cosa stava
                  dicendo.
                  Al suo funerale
                  mi aspettavo che si alzasse dalla
                  bara e dicesse: "Chinaski,
                  è stato bello così,
                  ne è valsa pena"
                  non ha mai saputo come ero fatto
                  perché prima che ci conoscessimo
                  era giù diventato cieco
                  ma sapeva
                  che io capivo
                  la sua lenta e terribile
                  morte.
                  Una volta gli dissi che
                  gli dei lo stavano punendo
                  perché scriveva troppo
                  bene.
                  Io spero di non essere mai così
                  bravo, io voglio morire con la mia testa buttata su questa
                  macchina da scrivere
                  3 righe alla fine della
                  pagina
                  una sigaretta consumata tra le
                  dita, la radio ancora accesa
                  voglio solo scrivere
                  abbastanza bene per
                  finire
                  così.
                  Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Non restituire al mittente

                    La buona notizia è che sono
                    deperibile,
                    mentre la lumaca striscia sotto
                    la foglia,
                    mentre la dama nel caffè
                    ride una falsa risata,
                    mentre la Francia brucia
                    un crepuscolo di porpora.
                    Sono deperibile
                    e questo è il bello,
                    mentre il cavallo scalcia
                    un asse della stalla,
                    mentre ci affrettiamo verso
                    il paradiso,
                    io sono piuttosto deperibile.
                    Metti le scarpe sotto
                    il letto
                    allineate.
                    Mentre ulula il cane
                    l'ultima rana sbuffa
                    e salta.
                    Composta mercoledì 25 settembre 2013
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