Poesie d'Autore


Scritta da: SergioGlauco
in Poesie (Poesie d'Autore)

Introspezione

Quando il cielo si chiude
e l'aria si fa pesante
allora riposa il mio cuore,
le mie vene
rallentano i loro battiti
ed il sangue scorre in esse
lento e fluido.
E quando il primo fulmine
squarcia l'erba umida della campagna
dorme il mio io
libero da pensieri e timori.
E cerca l'antro oscuro
della meditazione.
E scende
scende fino in fondo.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Allora capisco perché

    Quando vedo quei cowboy che vanno in autostrada
    con il loro pick-up rosso fiammante
    diciamo,
    un giorno di sole di marzo
    con un bel cane
    (o dei cani)
    slegati e sobbalzanti sul
    pianale
    mi viene da chiedermi, con
    che filosofia vivono e quale
    seguono,
    quali nobili sentimenti
    li muovono,
    e quando mi accosto per
    dare un'occhiata
    prima agli animali impauriti
    e poi ai loro padroni incuranti,
    non sono mai preparato
    all'eccesso di
    rabbia
    che mi monta dentro,
    una disperazione dello spirito
    talmente forte che
    la percepisco
    come qualcosa di
    fisico,
    come una mazzata
    su stomaco, testa e
    mente, e
    allora capisco perché
    ho avuto tanti guai
    nelle fabbriche
    nei bar
    alle feste
    i picnic
    a ogni riunione della
    gente,
    grande o piccola:
    quella gente non è altro che
    braccia, gambe, teste, orecchie, occhi, parti
    vuote
    cucite insieme
    senza
    alcun significato dentro.
    Non c'è proprio niente che gli si
    possa dire e
    imprecargli contro sarebbe
    come
    sparare in un mucchio di
    merda.

    Gli animali schiacciati che vedo
    lasciati sul ciglio
    dell'autostrada
    già morti o morenti -
    non li lasceremmo mica degli uomini
    così
    a spirare e marcire al sole,
    ci ricorderebbe
    troppo
    delle nostre deboli morti a venire
    che,
    il più delle volte
    passato il funerale
    sono di gran lunga
    più farsesche che
    profonde.
    Composta sabato 28 settembre 2013
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      RIMORCHIO

      I fiumi dove i cani non si tuffano,
      noi li attraversiamo.
      Le donne che gli altri uomini non vogliono,
      noi le amiamo.
      Il cavallo con la fasciatura,
      noi ci puntiamo sopra.
      Mettetemi al bancone con 3 donne:
      una, vagamente petulante;
      una, sostanzialmente stupida;
      e la terza,
      uno schianto:
      lo schianto si alzerà dallo sgabello
      e verrà a sedersi vicino a me.
      Gli dei se ne assicurano sempre.
      Gli dei mi proteggono.
      Mi sistemano
      davvero mica male.
      "Ciao, bello", mi chiede, "come
      va?"
      "Che ti bevi", domando.
      Mi dici cos'è.
      Ne ordino uno per lei e uno per
      me.
      Fuori, si sta molto meglio: le auto si
      scontrano; i palazzi bruciano;
      i futuri suicidi
      fischiettano tra i denti mentre
      camminano verso ovest o est o sud o
      nord.
      "A che pensi?, mi
      chiede.
      " Spero che i dodgers perdano, le
      dico, poi mi
      alzo, vado in bagno, sgattaiolo fuori,
      e poi sparisco dall'uscita
      posteriore.
      C'è un vicolo lì fuori.
      Mi incammino verso ovest
      fischiettando tra i
      denti.
      Composta sabato 28 settembre 2013
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Scintilla

        Mi hanno sempre irritato tutti gli anni, le ore i
        minuti che gli ho regalato lavorando come un mulo,
        mi ha fatto seriamente male alla testa,
        mi ha fatto male dentro, mi ha stordito
        e mi ha fatto diventare pazzo - non riuscivo ad accettare
        questi miei anni assassinati
        eppure i miei compagni di lavoro non davano segni di
        agonia, anzi molti di loro sembravano addirittura soddisfatti,
        e vederli così mi faceva impazzire quasi quanto
        quel lavoro monotono e insensato.

        I lavoratori sottostavano,
        il lavoro gli annientava, venivano
        racconti col cucchiaino e buttati via.

        Mi irritava ogni minuto, ogni minuto mentre veniva
        mutilato
        e nulla alleviava la noia.

        Ho valutato l'ipotesi del suicidio.
        Mi sono bevuto le poche ore di libertà.

        Ho lavorato per decenni.

        Ho vissuto con la peggiore specie di donne,
        e loro hanno ucciso
        quello che il lavoro non era riuscito ad uccidere.

        Sapevo che stavo morendo.
        Qualcosa dentro mi diceva: continua così, muori, spegniti,
        diventa come loro, accettalo.
        E poi qualcos'altro dentro diceva: no, salva un pezzetto
        minuscolo.
        Non importa che sia molto, basta solo una scintilla.
        Una scintilla può incendiare un'intera
        foresta.
        Solo una scintilla.
        Salvala.

        Penso di esserci riuscito.
        Sono fiero di esserci riuscito.
        Che stramaledetta
        fortuna.
        Composta domenica 20 ottobre 2013
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Attraversa l'anima

          Attraversa l'anima
          come una lama
          e ne sonda i paesaggi
          ora mesti, ora bui
          dove corvi neri come pece
          gracchiano così forte
          da grattarti le pareti del cuore.

          Percorre deliziosi giardini
          decorati da candide margherite
          e scaldati da un tiepido sole primaverile.
          Ma quando la sua linfa
          Giunta all'apice scoppia
          il foglio si macchia.
          Unico tampone per tale ferita.
          Composta sabato 28 settembre 2013
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Le parole

            Le parole non hanno occhi né gambe,
            non hanno bocca né braccia,
            non hanno visceri
            e spesso nemmeno cuore,
            o ne hanno assai poco.

            Non puoi chiedere alle parole
            di accenderti una sigaretta
            ma possono renderti più piacevole
            il vino.

            E certo non puoi costringere le parole
            a fare qualcosa che non
            voglion fare.
            Non puoi sovraccaricarle
            e non puoi svegliarle
            quando decidono di dormire.

            A volte
            le parole ti tratteranno bene,
            a seconda di quel
            che gli chiedi
            di fare.
            Altre volte,
            ti tratteranno male,
            qualunque cosa
            tu gli chieda di fare.

            Le parole vanno
            e vengono.
            Qualche volta ti tocca
            di aspettarle a lungo.
            Qualche volta non tornano
            più indietro.

            Qualche volta gli scrittori
            si uccidono
            quando le parole li lasciano.
            Altri scrittori
            fingeranno di averle ancora
            in pugno
            anche se le loro parole
            sono già morte e sepolte.

            Fanno così
            molti scrittori famosi
            e molti meno famosi
            che sono scrittori soltanto
            di nome.

            Le parole non sono
            per tutti.
            E per la maggioranza,
            esistono
            soltanto per poco.

            Le parole sono
            uno dei più grandi
            miracoli
            al mondo,
            possono illuminare
            o distruggere
            menti,
            nazioni,
            culture.
            Le parole sono belle
            e pericolose.

            Se vengono a trovarti,
            te ne accorgerai
            e ti sentirai
            il più fortunato
            della terra. Nient'altro avrà più
            importanza
            e tutto sembrerà importante.

            Ti sentirai
            il dio sole,
            riderai del tempo che fugge,
            ce l'avrai fatta,
            lo sentirai
            dalle dita
            fino alle budella,
            e sarai diventato,
            finché
            dura,
            un fottutissimo scrittore
            che rende possibile
            l'impossibile,
            scrivendo parole,
            scrivendole,
            scrivendole.
            Composta giovedì 10 ottobre 2013
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Lancia il dado

              Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
              Altrimenti, non cominciare mai.

              Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
              Ciò potrebbe significare perdere fidanzate,
              mogli, parenti, impieghi
              e forse la tua mente.

              Fallo fino in fondo.

              Potrebbe significare non mangiare per 3 o 4 giorni.
              Potrebbe significare gelare su una panchina del parco.
              Potrebbe significare prigione, potrebbe significare derisione, scherno, isolamento.

              L'isolamento è il regalo, le altre sono una prova della tua resistenza, di quanto tu realmente voglia farlo.

              E lo farai a dispetto dell'emarginazione e delle peggiori diseguaglianze. E ciò sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare.

              Se hai intenzione di tentare,
              fallo fino in fondo.
              Non esiste sensazione altrettanto bella.
              Sarai solo con gli Dei.
              E le notti arderanno tra le fiamme

              Fallo, fallo, fallo.
              FALLO!

              Fino in fondo,
              fino in fondo

              Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta
              È l'unica battaglia giusta che esista.
              Composta lunedì 4 novembre 2013
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Uno spazio di pausa

                Uno spazio di pausa
                devi averne uno, altrimenti le pareti ti schiacceranno.
                Devi mollare tutto quanto, gettarlo
                via, liberarti di tutto.
                Devi guardare ciò che guardi
                o pensare ciò che pensi
                o fare ciò che fai
                oppure non fai,
                senza pensare ai vantaggi
                personali,
                senza accettare la guida di nessuno.

                La gente si consuma per
                la fatica
                si nasconde nelle abitudini
                comuni.
                Le sue preoccupazioni sono
                le preoccupazioni del gregge.

                Soltanto pochi sono capaci di fissare
                una vecchia scarpa per
                dieci minuti
                o di pensare a cose strampalate
                tipo chi ha inventato
                il pomello della porta?

                Le persone perdono il senso della vita
                perché sono incapaci di
                fermarsi,
                di disfarsi di se stessi,
                di sciogliersi,
                di smettere di vedere,
                di disimparare,
                di mettersi in salvo.

                Ascolta la propria falsa
                risata, e poi
                puoi andar
                via.
                Composta sabato 28 settembre 2013
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                  Scritta da: Mariella Buscemi
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Sfilate di funesti funerali.
                  E loro sono lì, scuoiati al macello.
                  Sagome di cartone con il mirino sul petto,
                  colpiti uno ad uno da pallottole sparate da un killer seriale che sta sempre su un tetto troppo alto per poter essere avvistato in tempo.
                  Paura di perdervi e di assistere, impotente, alla perdita.
                  E mi manca l'occhio destro,
                  il braccio sinistro,
                  pezzi di cuore sparsi, come briciole, sul sentiero dove voi marciate.
                  Il mio demone è la perdita,
                  la paura della perdita,
                  la solitudine che lascia la perdita.
                  E perdere mi porta a chiedere
                  e chiedere mi porta ad elemosinare,
                  ma c'è un dio che pretende l'anima,
                  ché non solo il diavolo la mercanteggia.
                  Ed ho paura di rimanere,
                  ché se avessi potuto seguirvi in quel luogo freddo
                  di terra brulla e spoglia, a diventar cenere con voi
                  ed a farmi sgretolare le ossa,
                  avrei avuto più pace,
                  invece, addosso, m'è rimasta solo pece.
                  Mi sarebbero ancora cresciuti i capelli
                  e ne avrei fatto funi per aggrapparci ancora
                  alla (non)vita;
                  le unghia si sarebbero ancora allungate
                  e ne avrei fatto artigli per lottare
                  e riportarvi indietro.
                  E già molti mi sono volati via
                  e mi rimane davvero poco
                  e questo poco lo vedo tremare.
                  E se è un tetro sortilegio che coloro che amo
                  li vedo finire, divenir eterei fantasmi
                  fatti di nulla, ché di nulla siamo fatti,
                  questo me lo chiedo con quel profondo senso d'ingiustizia
                  che mi sento montare dentro,
                  quello che fa venire quel nodo stretto alla gola
                  come se ci fossero corde che tirano la testa indietro
                  e gli occhi diventano molli e liquidi
                  come lo è questa nostra esistenza,
                  liquida.
                  E sono questi i miei demoni,
                  le campane, i vermi ed i tamburi.
                  E sono io il demone di questo dolore che ho dentro,
                  demone dentro al demone,
                  bambina partoriente lacrime.
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                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Amore

                    Amore, disse, gas,
                    dammi un bacio d'addio,
                    baciami le labbra,
                    baciami i capelli,
                    le dita,
                    gli occhi il cervello,
                    fammi dimenticare.

                    Amore, disse, gas
                    aveva una stanza al secondo piano
                    respinto da una dozzina di donne
                    35 editori
                    e una mezza dozzina di agenzie di collocamento,
                    ora non voglio dire che valesse
                    qualcosa.

                    Aprì tutti i beccucci
                    senza accenderli
                    e andò a letto.

                    Qualche ora dopo un tizio diretto
                    alla stanza 309
                    accese un sigaro
                    nella hall
                    e un sofà volò fuori dalla finestra
                    un muro venne giù come sabbia bagnata
                    una fiamma purpurea divampò fino a 12 metri d'altezza.

                    il tizio a letto
                    nulla seppe e di nulla si curò
                    ma oserei dire
                    che quel giorno
                    si mostrò piuttosto in gamba.
                    Composta giovedì 26 settembre 2013
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