Poesie anonime


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie anonime)
Ma tu
avevo in mente
di farti vedere
le mie piante sacre,
non grasse ma secche
parole di niente.

Avevo in mente
di darti la pace
ma tu scappi sempre
vento disperso
in un modo o nell'altro
ed io ti riaspetto
in un modo o nell'altro
stanco ed immenso.

Avevo in mente
di farti sentire
qualcosa che viene
da dentro ed esplode
avessi coraggio...
ma ho paura di perdere
quel poco che ancora
ci tiene sospesi
in un modo o nell'altro
ma tu mi consoli
dicendo "sei pazzo"
è nella testa -mi dici-
nella mia testa
che domina caos
nell'anima, domina cosa?

Ho dentro un concerto
stonato che preme
che guida e mi lascia
poi riprende mi schiaccia
ma tu, danzi sempre
al soffio del cielo
ed io sento musica
affranta e curata
ripetermi cinica
e dura che niente
ritorna ed amare
non basta.

Ma tu dici niente
sotto controllo
semplicità
e che il tempo dirà
quello che ora
nessuno sente.
Ma tu sei tu.
E il resto è banale
ovvietà che perdura
amore che dura
che fa paura.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie anonime)
    E adesso? E adesso?
    Adesso che il tuo sole è scomparso
    che fai?
    Adesso che le tue luci si sono spente,
    adesso che il vento e'cessato,
    adesso che tutto e'deserto,
    che il buio ti opprime
    che il freddo ti copre
    che fai?
    Adesso che hai chiuso il tuo cuore
    in un'urna d'acciaio
    che hai scacciato i fantasmi
    che ingannevoli ti addolcivano il cammino
    che fai?
    Che fai adesso?
    ... non so... ma sono ancora in piedi!
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie anonime)

      Il tram giallo

      Mi piace il tram giallo
      d'inverno,
      il tram numero diciannove
      che porta a Roserio.
      Non ho mai saputo
      dove fosse Roserio,
      mi appoggiavo ai vetri appannati,
      disegnavo scacchiere sulla città
      stringevo i libri in braccio.
      "Hai già il titolo della tesi? "
      La geometria delle linee ferrate
      conduce verso l'infinito.
      "Cosa farai dopo? "
      "Vorrei essere pagata per studiare. "
      Non ci sono riuscita
      continuo a pagare per studiare.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie anonime)

        Tien-an-men

        E la piazza accoglieva, nella sua rettangolarità,
        migliaia di persone manifestanti.
        E io ero lì tra quella gente.
        Ci distingueva il colore della pelle,
        gli occhi a mandorla ma il mio cuore era con loro.
        Quelli cantavano e io con loro,
        quelli parlavano e io con loro,
        quelli dormivano e io con loro...
        ma l'urlo di morte scosse la piazza
        e del sit-in si fece strage.
        Corpi stramazzanti a terra, sibili e boati nella notte...
        Le pallottole d'acciaio infuocate
        falciavano le gambe di quelli che fuggivano...
        e quelli morivano, e io con loro...
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie anonime)

          Vulcanismo

          Non c'è bocca che parli,
          non c'è emozione alcuna che trapeli,
          traspaia da volti ormai freddi,
          non c'è vita negli occhi
          né altro che scomponga lo stato immoto.
          Cupola di ghiaccio avvolge le mura
          lasciandole morire crepa su crepa.
          Cupa implosione di eventi ormai logori,
          di rancori saturi e speranze ultime
          lancia scintille su corpi vaganti,
          trascinantisi come zombie al di là della morte,
          con fatica, con le spalle alla vita.
          Tutto è rinuncia sotto il peso del mondo,
          tutto è rancore sotto il peso degli anni.
          Curare non si può le grandi ferite
          traboccanti di sangue e polveri infette,
          mutare non si può ciò che si fa duro nel tempo
          e che trova quiete nel gratuito silenzio,
          trova la morte in spropositate reazioni
          che alimentano nell'ombra
          il vomitare di un vulcano mai spento.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie anonime)
            A un gabbiano sulla scogliera
            Quante spiagge sfiorano assenti
            i tuoi passi più fragili della rena
            nei mattini ancora ebbri di sensazioni
            e delle braci di qualche tardivo falò
            nelle lunghe estati chiassose...

            chi le conta più?

            Giocoso gabbiano colore del sale
            tu rammenti tutte queste feste pazze
            le lunghe danze le onde placide
            che van domando le melodie
            i tuoi occhi a sognare da lontano...

            un giorno speciale.

            Quante volte sei scappato lassù al faro
            che da tanti anni ti dà rifugio
            spalancando lo sguardo a quei racconti
            intrisi d'acque chiare e terre magiche
            che i tuoi amici hanno sorvolato...

            ed intanto sogni.

            Sogni di trovare l'isola meravigliosa
            che ti attende oltre il litorale natio
            la intravedi nello splendore dell'alba
            mentre assapori sulla battigia
            la mistura di scrosci e di silenzi...

            il blu dei mari ascoltati.

            I pensieri sorpassano il tempo
            e tu allora voli verso la scogliera
            lungo quel filo di vaga angoscia
            che già lega giorno e assenza d'ombre
            e là nel grigio il pianto si sperde nel vento...

            le tue lacrime dolci nel mare.

            Ma quando la spaventosa burrasca
            ha sciolto le mura dell'ultimo castello
            aspetta la calma e corri sulla spiaggia
            cerca fra le alghe sparpagliate dalle correnti
            sulla riva il tuo tesoro o nel cielo...

            un raggio verde una stella.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie anonime)

              Il sogno che mi resta

              Oh, i miei sogni!
              Erano come fiori finti che nascondevo
              sotto l'erba del mio giardino
              già fradicia di pioggia e li dimenticavo.
              Erano così pochi i fiori veri
              e non li distinguevo,
              li confondevo sempre con i sogni.

              Ora che il tempo avanza inesorabile
              come la macchina che trebbia il grano
              e sferraglia senza pietà,
              no, io non potrò sognare!

              Raccoglierò i miei sogni
              come fiori di carta sgualciti e impolverati
              e li chiuderò nel cassetto più nascosto.
              Butterò la chiave per non aprirlo.

              E tu sai che ne terrò soltanto uno,
              dei miei sogni: questo amore.
              Io non vorrò sapere, non m'importa
              di capire se il sogno che mi resta
              è un fiore o un coriandolo di carta.
              Sarà soltanto quello che puoi darmi.

              Io curerò il mio amore
              come un vaso di viole,
              lo innaffierò con l'acqua del mio pozzo;
              solamente il tuo sole lo farà fiorire.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie anonime)

                Nella nebbia

                Immerso nella nebbia apro le braccia
                e procedo a tentoni, brancolando.
                Dove sei, amore? Io non trovo
                la strada che conduce alla tua casa
                e non odo la tua voce che mi chiama.
                Perché non hai appeso una lanterna alla tua porta?

                Vago da solo in questa notte fredda, incespicando
                nei binari del tram, e mi accompagna
                il latrato di un cane.
                Ormai è tardi ed io non so sperare
                che tu mi stia aspettando ancora,
                come facevi una volta.

                Disorientato vado percorrendo
                strade dissestate che non conosco,
                per venire da te; ma forse giro
                sempre attorno allo stesso isolato di case.
                Non so se mi avvicino o mi allontano.

                E soltanto questo freddo pungente,
                che penetra nelle ossa e mi raggela
                le mani e i piedi, mi ricorda
                che sono vivo.

                Forse sarà così la morte
                che ha da venire,
                come un mantello di nebbia che ci avvolge;
                e spariranno i contorni delle cose
                e non udremo più le voci amate.

                Ma non avrò l'angoscia di cercarti.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie anonime)

                  Io non soffocherò il mio amore

                  Io non soffocherò il mio amore.
                  Non ti chiederò nulla
                  e accetterò soltanto quello che puoi darmi.
                  Come un lupo assetato
                  berrò l'acqua raccolta nei tuoi palmi
                  e se vuote saranno le tue mani
                  non devi fartene una colpa,
                  avrò almeno la felicità di amarti.

                  Gli ingranaggi ruotano impazziti
                  con fragore assordante
                  a la lancetta dell'orologio gira
                  a scandire il tempo breve che mi resta.

                  Ma questa volta io saprò distruggere
                  la macchina che stritola i miei sogni.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    in Poesie (Poesie anonime)

                    Poeti di paese

                    La gente non sapeva che il maestro
                    Bottarelli, che tutte le mattine
                    puntuale prendeva la corriera,
                    timido e solo, con le lenti spesse
                    e la sua cartella piena di libri,
                    fosse un delicatissimo poeta.

                    Dal suo cuore
                    celato in un misero corpo
                    sgorgavano versi limpidi e solari
                    traboccanti di ricordi fanciulleschi
                    e di serene visioni
                    di fiori di siepe e di muraglia.

                    E nessuno poteva immaginare
                    che un geometra folle e taciturno
                    giunto alla soglia della sua vecchiezza,
                    incipiendo la demenza senile,
                    traumatizzato da un logico abbandono
                    esprimesse con versi angosciosi
                    la sua solitudine
                    e l'amore per una donna.

                    Il poeta è una rana
                    che ha voce di usignolo.
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