Scritta da: Monica F. Fiorentino
in Poesie (Poesie d'amore)
Amami -
e silente spogli
l'anima mia.
Composta domenica 22 novembre 2015
Amami -
e silente spogli
l'anima mia.
Il tuo viso
è un mare insopportabile
quando la lontananza è ritrovarsi
in una conchiglia, soli
in un nido di certezze.
Così non rapire il derma
della tua pelle di giunchiglia
parrebbe un insulto all'indecenza.
E la bocca senza baci
non è passibile di meraviglia
se un soffermarsi
dentro alla sincerità
delle tue pupille
non mi desse la volontà
di catturare scintille
d'Australia
e barriera corallina
che mi tendono al di là
d'ogni finestra
a perdere ciò che mi ritrae
verso il guscio.
Vattene dai miei sogni,
abbandona quel posto;
non ti appartiene più da che ti sei discosto.
Lascia libero il passo a chi vorrà venire,
a chi vorrà amarmi per quel che non so dire,
perché ho sofferto tanto da non poter parlare,
da non poter chiedere neppure da mangiare.
Per questo vorrei, solo dormire senza sogni o
aprire gli occhi al mondo coi miei passati
sogni.
Vorrei stare nei tuoi alveoli
è l'aria che mi manca,
vorrei scambi di pernottamento
tra ciò che viene e ciò che sale,
ho molti nuclei dove sostare
molte gambe da far riposare
ma è l'ira che stanca
quando inscatola la follia
che pura, cura.
Si arricciano atmosfere
e dal polo al Nilo
tutto
ti sussurra i colori del cielo
per la gabbia carminio
dalla quale palpiti.
Che vengano giù i lamponi
allora
con una cascata dall'estate
che a raccoglierli
si alzerà la brina,
cosicché possa
sistemare i fiati
per suonarti
la melodia di un mattino.
Himalaya è il tuo albore
ricordamelo
quando sarò basso
quando sarò un istinto
quando diventerò un filo
e ti annoderò il cuore.
Appesa ad un pensiero
scivolato da labbra nude
colavo piano nel tempo
e ti amavo.
Legandomi ad un colore ti amavo
mentre la vita mi pendeva dalle mani
come un destino atteso
impigliato a lembi d'aria.
Aggrappata ad un respiro
svanito nei battiti vuoti
versavo lune nell'alba
e ti amavo.
Ingoiando una carezza ti amavo
mentre la notte mescolava le ombre
come impronte vuote
legate agli orli del vento.
Incontrandoti altrove
sospesa tra una lacrima ed un sogno
io ti amavo.
L'emorragia degli occhi
quando srotoli l'anima
come fosse un'aurea,
è violare resistenze
in un fuoco adatto alla scioglievolezza.
A volte diventi arena
e io come fiera
banchetto nel tuo ventre
quando stai lì a pullulare
col cuore a tutto volume.
Nel collo d'ombra
tra il tuo respiro e la mia voce
saprei nascondere il tempo
muto fruscio di attimi.
Nello specchio di neve
tra il mio viso e il tuo destino
saprei riflettere il mattino
denso muoversi di ali.
Nei curvi spazi d'ambra
tra i tuoi battiti e le mie ore
saprei restarti accanto
fianchi legati agli occhi.
Era il mese di giugno,
non era un miraggio:
t'incontrai solinga,
ti seguii un istante;
a richiesta galante
esitasti repente.
Il piè lesto voltai,
vèr casa tornai;
in sogno tornasti,
più pace non ebbi:
a cercare tornai,
per giorni vagai;
alfin ti trovai,
oltremodo gioii.
Tua dimora conobbi,
familiare mi parve;
fu mio il tuo mondo,
tornò così il conto.
I mesi volarono,
i fatti parlarono:
all'altare salimmo,
uniti restammo
tra gioie e dolori,
tra sogno e realtà.
Accoglievamo ingorghi
e un vuoto di parole
innescava mani.
Ci annusavamo gli strati
sciolti nei rintocchi
dell'incedere dei bordi
era dolce essere custodi
dei frutti che maturavano
negli imbocchi
quando ci infliggevamo
baci rapaci
fino a quando un'onda più grande
sfiniva quel frastuono di corpi
e rimanevamo cuciti
l'uno all'altra
come se fino ad allora
fossimo stati strappati.