Scritta da: Filomena Di Fazio
Dichiarazione
Non ti volevo baciare
Volevo che fossi pronta
A seguirmi nel sogno
Che avevo fatto per noi.
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Non ti volevo baciare
Volevo che fossi pronta
A seguirmi nel sogno
Che avevo fatto per noi.
Cinque lacrime dovevo piangere per te
le cinque volte che hai tradito
Non l'ho fatto e sono diventate diamanti
con cui ho comperato
la mia libertà.
Stai stridendo sul mio cuore
come il gesso sulla lavagna.
Non è la bellezza che fa vivere l'amore, ma è la bellezza dell'amore che vive negli occhi dell'amore!
Ti ho visto laggiù,
in quell'angolo appartato
della pista da ballo,
abbandonato a te stesso
in quella tua desolazione,
immobile e maestoso
come una preziosa statua
di quale famoso museo
aspettavi da un qualsiasi messia
la divina salvezza
dall'inferno personale
nella tua stessa mente.
In quel momento di euforia,
volevo solo divertirmi
come tutti gli altri partecipanti,
confidavo di ballare con te
quella mia canzone preferita,
come una sensibile gesto d'affetto
tra due maturi amanti:
un abbraccio sensuale,
un delicato sfioramento tra corpi
e un voluttuoso bacio
d'amore impossibile
che per quell'attimo di pura magia,
non lo era più!
La spudorata borghesia presente
si stava divertendo,
tutti tranne noi due,
nella mia solitudine
osservavo la tua,
ti fissavo negli occhi
ma ero così malinconico!
Non nascondevo molto la lacrima
che mi stava scendendo lungo il viso,
volevo chiederti il prossimo ballo
ma non potevo di certo imbarazzarti,
davanti a quei moralisti bigotti
tu eri un ragazzo come tutti
come lo ero, pure io,
in questo provinciale microcosmo
la musica continuava a suonare,
non cambiava mai niente
e i ragazzi potevano solo ballare
con le ragazze!
Non ho la fortuna di averlo tutti i giorni con me,
ma quando c'è mi sento...
non riesco a definire il termine,
probabilmente perché non si riesce a spiegare a parole
ciò che si prova ad essere nonno.
Si, Nonno!
Bisogna viverlo per capire.
È qualcosa che va al di là di ogni concezione.
E poi... quando quella vocina magica ti chiama "nonno"
non capisci più niente.
E mi ci vuole un po' per realizzare che sta chiamando me "nonno".
Si, nonno. Felicemente nonno.
Tenere in braccio un fagottino,
guardarlo, riguardarlo, senza mai stancarsi.
Oh si certo, l'abbiamo fatto anche con i nostri figli...
ma con un nipotino è tutta un'altra cosa.
In quei momenti, e non solo,
non penso mai alla continuità della stirpe, no.
Penso che mio figlio mi ha fatto il regalo più bello
che si possa immaginare.
E quando quel regalo è fra le tue braccia,
e poi crescendo te lo vedi giocare per casa,
non esisti più, ci si annulla,
c'è solo lui e tutto è in funzione sua.
E credetemi lo si fa volentieri,
anzi pensiamo di non aver fatto abbastanza.
Adesso capisco perché
tutti i nonni e le nonne che incontro con i loro nipotini
hanno dipinta sul viso quell'espressione di beatitudine.
Gli sguardi intensi dei due giovani cuori
ormai perduti nelle braccia dell'altro
non possono esser divisi
mi viene dolore al sol pensiero
non si può dividerli
perché quella gioia che ti pervade
quando li guardi non ha confronto
con nessun altro sentimento forte
non esiste niente di più bello dell'amore
sincero e passionale
dei giovani cuori immortali.
Lazzi e frizzi hai procurato
Mille spine t'ho spuntato.
Cento strali avvelenati
M'han raggiunto: assatanati!
Sei tenace, in verità!
Morsicature a sazietà.
Provocante e un po' saccente,
ma un tantino deludente.
Sai amico, che ti dico?
Un bel dono ti predìco.
Se ti stanchi ti farò
feste, danze e roccocò.
"Addormentarsi adesso
svegliarsi tra cento anni, amor mio..."
"No,
non sono un disertore.
Del resto, il mio secolo non mi fa paura
il mio secolo pieno di miserie e di scandali
il mio secolo coraggioso grande ed eroico.
Non ho mai rimpianto d'esser venuto al mondo troppo presto
sono del ventesimo secolo e ne son fiero.
Mi basta esser là dove sono, tra i nostri,
e battermi per un mondo nuovo..."
"Tra cento anni, amor mio..."
"No,
prima e malgrado tutto.
Il mio secolo che muore e rinasce
il mio secolo
i cui ultimi giorni saranno belli
la mia terribile notte lacerata dai gridi dell'alba
il mio secolo splenderà di sole, amor mio
come i tuoi occhi..."
Posa il capo assopito, amore mio,
umano sul mio braccio senza fede;
tempo e febbri avvampino e cancelliano
ogni bellezza individuale, via
dai bambini pensosi, e poi la tomba
attesta che effimero è il bambino:
ma finch'è spunti il giorno mi rimanga
tra le braccia la viva creatura,
mortale sì, colpevole, eppure
per me il bello nella sua interezza.
Anima e corpo non hanno confini:
agli amanti che giacciono sul suo
tollerante declivio incantato
in preda al deliquio ricorrente,
solenne la visione manda Venere
di soprannaturale armonia,
di universale amore e speranza;
mentre un'astratta intuizione accende,
in mezzo ai ghiacciai e fra le rupi,
dell'eremita l'estasi carnale.
Passano sicurezze e fedeltà
allo scoccare della mezzanotte
come le vibrazioni di campana,
e forsennati alla moda lanciano
il loro pedantesco, uggioso grido:
il costo fino all'ultimo centesimo
- sta scritto in tutte le temute carte -
andrà pagato, ma da questa notte
non un solo bisbiglio, nè un pensiero,
non un bacio o uno sguardo sia perduto.
Bellezza muore, e mezzanotte, ed estasi:
che i venti dell'alba, mentre lievi
spirano intorno al tuo capo sognante,
mostrino un giorno di accoglienza tale
che occhio e cuore pulsino e gioiscano,
paghi di un mondo, il nostro, che è mortale;
meriggi di arsura ti ritrovino
nutrito dei poteri involontari,
notti di oltraggio ti lascino andare
sorvegliato da ogni umano amore.