Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Voi vorreste conoscere il segreto della morte, ma come potrete scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita?
Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al giorno, non può svelare il mistero della luce.
Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita. Poiché la vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono il fiume e il mare.
Nella profondità dei vostri desideri e speranze, sta la vostra muta conoscenza di ciò che è oltre la vita; e come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera.
Confidate nei sogni, poiché in essi si cela la porta dell'eternità.
La vostra paura della morte non è che il tremito del pastore davanti al re che posa la mano su di lui in segno di onore.
In questo suo fremere, il pastore non è forse pieno di gioia poiché porterà l'impronta regale? E tuttavia non è forse maggiormente assillato dal suo tremito?
Che cos'è morire, se non stare nudi nel vento e disciogliersi al sole?
E che cos'è emettere l'estremo respiro se non liberarlo dal suo incessante fluire, così che possa risorgere e spaziare libero alla ricerca di dio? Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero cantare. E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora incomincerete a salire.
E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete realmente.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Specchio

    Sono esatto e d'argento, privo di preconcetti.
    Qualunque cosa io veda subito l'inghiottisco
    tale e quale senza ombre di amore o disgusto.
    Io non sono crudele, ma soltanto veritiero -
    quadrangolare occhio di un piccolo iddio.
    Il più del tempo rifletto
    sulla parete di fronte.
    È rosa, macchiettata. Ormai da tanto tempo la guardo che la sento
    un pezzo del mio cuore. Ma lei c'è e non c'è.
    Visi e oscurità continuamente si separano.

    Adesso io sono un lago. Su me si china una donna
    cercando in me di scoprire quella che lei è realmente.
    Poi a quelle bugiarde si volta: alle candele o alla luna.
    Io vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.
    Me ne ripaga con lacrime e un agitare di mani.
    Sono importante per lei. Anche lei viene e va.
    Ogni mattina il suo viso si alterna all'oscurità.
    In me lei ha annegato una ragazza, da me gli sorge incontro
    giorno dopo giorno una vecchia, pesce mostruoso.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Arrivederci fratello mare

      Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
      arrivederci fratello mare
      mi porto un po' della tua ghiaia
      un po' del tuo sale azzurro
      un po' della tua infinità
      e un pochino della tua luce
      e della tua infelicità.
      Ci hai saputo dir molte cose
      sul tuo destino di mare
      eccoci con un po' più di speranza
      eccoci con un po' più di saggezza
      e ce ne andiamo come siamo venuti
      arrivederci fratello mare.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        La belle dame sans merci

        Certo i gabbiani cantonali hanno atteso invano
        le briciole di pane che io gettavo
        sul tuo balcone perché tu sentissi
        anche chiusa nel sonno le loro strida.

        Oggi manchiamo all'appuntamento tutti e due
        e il nostro breakfast gela fra cataste
        per me di libri inutili e per te di reliquie
        che non so: calendari, astucci, fiale e creme.

        Stupefacente il tuo volto s'ostina ancora, stagliato
        sui fondali di calce del mattino;
        ma una vita senz'ali non lo raggiunge e il suo fuoco
        soffocato è il bagliore dell'accendino.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Quelle labbra che Amor creò con le sue mani (Sonetto 145)

          Quelle labbra che Amor creò con le sue mani
          bisbigliarono un suono che diceva "Io odio"
          a me, che per amor suo languivo:
          ma quando ella avvertì il mio penoso stato,
          subito nel suo cuore scese la pietà
          a rimproverar la lingua che sempre dolce
          soleva esprimersi nel dar miti condanne;
          e le insegnò a parlarmi in altro modo,
          "Io odio" ella emendò con un finale,
          che le seguì come un sereno giorno
          segue la notte che, simile a un demonio,
          dal cielo azzurro sprofonda nell'inferno.
          Dalle parole "Io odio" ella scacciò ogni odio
          e mi salvò la vita dicendomi "non te".
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            La Chimera

            Non so se tra rocce il tuo pallido
            viso m'apparve, o sorriso
            di lontananze ignote
            fosti, la china eburnea
            fronte fulgente o giovine
            suora de la Gioconda:
            o delle primavere
            spente, per i tuoi mitici pallori
            o Regina o Regina adolescente:
            ma per il tuo ignoto poema
            di voluttà e di dolore
            musica fanciulla esangue
            segnato di linea di sangue
            nel cerchio delle labbra sinuose,
            regina de la melodia:
            ma per il vergine capo
            reclino, io poeta notturno
            vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
            io per il tuo dolce mistero
            io per il tuo divenir taciturno.
            Non so se la fiamma pallida
            fu dei capelli il vivente
            segno del suo pallore,
            non so se fu un dolce vapore,
            dolce sul mio dolore,
            sorriso di un volto notturno:
            guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
            e l'immobilità dei firmamenti
            e i gonfii rivi che vanno piangenti
            e l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
            e ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
            e ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Come posso ritrovare la mia pace (Sonetto 28)

              Come posso ritrovare la mia pace
              se il ristoro del sonno mi è negato?
              Se l'affanno del giorno non riposa nella notte
              ma giorno da notte è oppresso e notte da giorno?
              Ed entrambi, anche se l'un l'altro ostili,
              d'accordo si dan mano solo per torturarmi
              l'uno con la fatica, l'altra con l'angoscia
              di esser da te lontano, sempre più lontano.
              Per cattivarmi il giorno gli dico che sei luce
              e lo abbellisci se nubi oscurano il suo cielo:
              così pur blandisco la cupa notte dicendo
              che tu inargenti la sera se non brillano stelle.
              Ma il giorno ogni giorno prolunga le mie pene
              e la notte ogni notte fa il mio dolor più greve.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Al sonno

                O soave che balsamo soffondi
                alla quieta mezzanotte, e serri
                con attente e benevole le dita
                gli occhi nostri del buio compiaciuti,
                protetti dalla luce, avvolti d'ombra
                nel ricovero di un divino oblio.
                O dolcissimo sonno! Se ti piace
                chiudi a metà di questo, che è tuo, inno
                i miei occhi in vedetta, o attendi l'Amen
                prima che il tuo papavero al mio letto
                largisca in carità il suo dondolio.
                Poi salvami, altrimenti il giorno andato
                lucido apparirà sul mio guanciale
                di nuovo, producendo molte pene,
                salvami dall'alerte coscienza
                che viepiù insignorisce il suo vigore
                causa l'oscurità, scavando come
                una talpa. Volgi abile la chiave
                nella toppa oliata e dà il sigillo
                allo scrigno, che tace, del mio cuore.
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