Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Introduzione

Ciò accadde allorché a sorridere
Era solo chi è morto - lieto della pace.
E, appendice inutile, si sbatteva
Leningrado intorno alle sue carceri.
E allorché, impazzite di tormento,
Condannate ormai andavano le schiere
E breve canzone di distacco
I fischi cantavano delle locomotive.
Stelle di morte incombevano su noi
E innocente la Russia si torceva
Sotto sanguinosi stivali
E copertoni di neri cellulari.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Amoroso auspicio

    Né l'intima grazia della tua fronte luminosa come una festa
    né il favore del tuo corpo, tuttora arcano e tacito e fanciullesco,
    né l'alternarsi delle tue vicende in parole o in silenzi
    saranno offerta così misteriosa
    come rimirare il tuo sonno coinvolto
    nella veglia delle mie braccia.
    Di nuovo miracolosamente vergine per la virtù assolutoria del sonno,
    serena e splendente come fausto ricordo trascelto,
    mi offrirai quella sponda della tua vita che tu stessa non possiedi.
    Proiettato nella quiete,
    scorgerò quella riva estrema del tuo essere
    e ti vedrò forse per la prima volta
    quale Iddio deve ravvisarti,
    annullata la finzione del Tempo,
    senza l'amore, senza di me.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Tempi brutti per la poesia

      Sì, lo so: solo il felice
      È amato. La sua voce
      È ascoltata con piacere. La sua faccia è bella.

      L'albero deforme nel cortile
      È frutto del terreno cattivo, ma
      Quelli che passano gli danno dello storpio
      E hanno ragione.

      Le barche verdi e le vele allegre della baia
      Io non le vedo. Soprattutto
      Vedo la rete strappata del pescatore.
      Perché parlo solo del fatto
      Che la colona quarantenne cammina in modo curvo?
      I seni delle ragazze
      Sono caldi come sempre.

      Una rima in una mia canzone
      Mi sembrerebbe quasi una spavalderia.

      In me si combattono
      L'entusiasmo per il melo in fiore
      E il terrore per i discorsi dell'imbianchino. *
      Ma solo il secondo
      Mi spinge alla scrivania.

      * Con "l'imbianchino" Brecht si riferisce a Hitler.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Felicità raggiunta

        Felicità raggiunta, si cammina
        per te sul fil di lama.
        Agli occhi sei barlume che vacilla
        al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
        e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

        Se giungi sulle anime invase
        di tristezza e le schiari, il tuo mattino
        è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
        Ma nulla paga il pianto di un bambino
        a cui fugge il pallone tra le case.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          L'invetriata

          La sera fumosa d'estate
          Dall'alta invetriata mesce chiarori nell'ombra
          E mi lascia nel cuore un suggello ardente.
          Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha
          A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha acceso la lampada? C'è
          Nella stanza un odor di putredine: c'è
          Nella stanza una piaga rossa languente.
          Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto:
          E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c'è,
          Nel cuore della sera c'è,
          Sempre una piaga rossa languente.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Sotto un abietto salice

            Sotto un abietto salice
            non ti affliggere più, innamorato:
            segua al pensiero rapida azione.
            A che serve pensare?
            La tua incessante prostrazione
            mostra quanto sei freddo;
            alzati, su, e ripiega
            la tua mappa di desolazione.

            I rintocchi che scorrono sui prati
            da quella fosca guglia
            suonan per queste ombre senza amore
            che all'amore non servono.
            Ciò che è vivo può amare: perché ancora
            piegarsi alla sconfitta
            con le braccia incrociate?
            Attacca e vincerai.

            Stormi di anatre in volo sul tuo capo
            e sanno dove andare,
            freddi ruscelli in corsa ai tuoi piedi
            e vanno verso l'oceano.
            Cupa e opaca è la tua costernazione:
            cammina, dunque, vieni,
            non più così tarpato
            in preda alla tua soddisfazione.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Una sera che ero uscito a spasso

              Una sera che ero uscito a spasso,
              a spasso in Bristol Street,
              sul lastrico le folle erano campi
              di grano pronto per la mietitura.

              E lungo il fiume in piena
              udii un innamorato che cantava
              sotto un'arcata della ferrovia:
              "l'amore non ha fine".

              "Io ti amerò, mio caro, ti amerò
              finché la Cina e l'Africa s'incontrino
              e il fiume schizzi sopra la montagna
              e per la strada cantino i salmoni".

              "Io ti amerò finché l'oceano sia
              ripiegato e steso ad asciugare
              e vadano la sette stelle urlando
              come oche in giro per il cielo".

              "Come conigli correvano gli anni
              perché io tengo stretto fra le braccia
              il Fiore delle Età
              e il primo amore al mondo".

              Ma tutti gli orologi di città
              si misero a vibrare e rintoccare:
              "Oh, non lasciarti illudere dal Tempo,
              non puoi vincere il Tempo".

              "Nelle tane dell'Incubo,
              dove Giustizia è nuda,
              dall'ombra il Tempo vigila
              e tossisce se ha voglia di baciare".

              "Tra emicranie e in ansia
              vagamente la vita cola via
              e il Tempo avrà vinto la partita
              domani o ancora oggi".

              "In molte verdi valli
              si accumula la neve spaventosa;
              il Tempo spezza le danze intrecciate
              e dell'alteta lo stupendo tuffo".

              "Oh, immergi nell'acqua le tue mani,
              giù fino al polso immergile
              e guarda, guarda bene nel catino
              e chiediti che cosa hai perduto".

              "Nella credenza scricchiola il ghiacciaio,
              il deserto sospira dentro il letto
              e nella tazza la crepa dischiude
              un sentiero alla terra dei defunti".

              "Dove i barboni vincono bei soldi
              e il Gigante fa le moine a Jack
              e l'Angioletto è un nuovo Sacripante
              e Jill finisce giù lunga distesa".

              "Oh, guarda, guarda bene nello specchio,
              guarda nella tua ambascia;
              la vita è ancora una benedizione
              anche se benedire tu non puoi".

              "Oh, rimani, rimani alla finestra
              mentre bruciano e sgorgano le lacrime;
              tu amerai il prossimo tuo storto
              con il tuo storto cuore".

              Era tardi, già tardi quella sera,
              loro, gli amanti, se ne erano andati;
              tutti i rintocchi erano cessati
              e il gran fiume correva come sempre.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                La Maliziosa

                Nella sala da pranzo, bruna, profumata
                di frutta e di vernice, come chi non pensa
                raccolsi un piatto di non so quale portata
                belga, e sprofondai nella mia sedia immensa.

                Mangiando, udivo il pendolo, - calmo e giulivo.
                La cucina s'aprì in mezzo a una sbuffata.
                - Entrò la serva, e chissà per quale motivo,
                lo scialle sfatto, con malizia pettinata,

                ecco il ditino tremante pose e ripose
                sulla sua guancia, velluto di pesche-rose
                bianche, e con smorfie del suo labbro bambino

                per mio agio, i piatti mi riordinò vicino
                - poi, - ma certo per prendersi un bacio, - così
                mi soffiò: "Ho una freddo alla guancia, senti qui... "
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Tu verrai comunque

                  Tu verrai comunque
                  perché dunque non ora?
                  Ti attendo
                  sono sfinita
                  Ho spento il lume e aperto l'uscio
                  a te, così semplice e prodigiosa.
                  Prendi per questo l'aspetto che più ti aggrada
                  irrompi come una palla avvelenata
                  o insinuati furtiva come un freddo bandito
                  o intossicami col delirio del tifo
                  o con una storiella da te inventata
                  e nota a tutti fino alla nausea
                  che io veda la punta di un berretto turchino
                  e il capopalazzo pallido di paura.
                  Ora per me tutto è uguale
                  turbina lo Enisej
                  risplende la stella polare
                  e annebbia un ultimo terrore
                  l'azzurro bagliore di occhi addolorati.
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