Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Prima colazione

Lui ha messo
Il caffè nella tazza
Lui ha messo
Il latte nel caffè
Lui ha messo
Lo zucchero nel caffellatte
Ha girato
Il cucchiaino
Ha bevuto il caffellatte
Ha posato la tazza
Senza parlarmi
S'è acceso
Una sigaretta
Ha fatto
Dei cerchi di fumo
Ha messo la cenere
Nel portacenere
Senza parlarmi
Senza guardarmi
S'è alzato
S'è messo
Sulla testa il cappello
S'è messo
L'impermeabile
Perché pioveva
E se n'è andato
Sotto la pioggia
Senza parlare
Senza guardarmi,
E io mi son presa
La testa fra le mani
E ho pianto.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Le sedie dormono in piedi

    Le sedie dormono in piedi
    anche il tavolo
    il tappeto sdraiato sul dorso
    ha chiuso gli arabeschi
    lo specchio dorme
    gli occhi delle finestre sono chiusi
    il balcone dorme
    con le gambe penzolanti nel vuoto
    i camini sul tetto dirimpetto dormono
    sui marciapiedi dormono le acacie
    la nuvola dorme
    stringendosi al petto una stella
    in casa fuori di casa dorme la luce

    ma tu ti sei svegliata
    mia rosa
    le sedie si sono svegliate
    si precipitano da un angolo all'altro anche il tavolo
    il tappeto si è messo a sedere
    gli arabeschi hanno aperto i petali
    lo specchio si è risvegliato come un lago all'aurora
    le finestre hanno spalancato
    immensi occhi azzurri
    il balcone si è risvegliato
    ha tirato su dal vuoto le gambe
    i camini dirimpetto si son messi a fumare
    le acacie han cominciato a chiacchierare
    sui marciapiedi
    la nuvola si è svegliata
    ha lanciato la sua stella nella nostra stanza
    in casa fuori di casa la luce si è risvegliata
    si è versata sui tuoi capelli
    è colata tra le tue palme
    ha cinto la tua vita nuda i tuoi piedi bianchi.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Il Bosco

      O vecchio bosco pieno d'albatrelli,
      che sai di funghi e spiri la malìa,
      cui tutto io già scampanellare udìa
      di cicale invisibili e d'uccelli:
      in te vivono i fauni ridarelli
      ch'hanno le sussurranti aure in balìa;
      vive la ninfa, e i passi lenti spia,
      bionda tra le interrotte ombre i capelli.
      Di ninfe albeggia in mezzo alla ramaglia
      or sì or no, che se il desìo le vinca,
      l'occhio alcuna ne attinge, e il sol le bacia.
      Dileguano; e pur viva è la boscaglia,
      viva sempre nè fior della pervinca
      e nelle grandi ciocche dell'acacia.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        In limine

        Godi se il vento ch'entra nel pomario
        vi rimena l'ondata della vita:
        qui dove affonda un morto
        viluppo di memorie,
        orto non era, ma reliquario.

        Il frullo che tu senti non è un volo,
        ma il commuoversi dell'eterno grembo;
        vedi che si trasforma questo lembo
        di terra solitario in un crogiuolo.

        Un rovello è di qua dall'erto muro.
        Se procedi t'imbatti
        tu forse nel fantasma che ti salva:
        si compongono qui le storie, gli atti
        scancellati pel giuoco del futuro.

        Cerca una maglia rotta nella rete
        che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
        Va, per te l'ho pregato, - ora la sete
        mi sarà lieve, meno acre la ruggine...
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          In un momento

          In un momento
          Sono sfiorite le rose
          I petali caduti
          Perché io non potevo dimenticare le rose
          Le cercavamo insieme
          Abbiamo trovato delle rose
          Erano le sue rose erano le mie rose
          Questo viaggio chiamavamo amore
          Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
          Che brillavano un momento al sole del mattino
          Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
          Le rose che non erano le nostre rose
          Le mie rose le sue rose
          P. S. E così dimenticammo le rose.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Rubai

            È l'alba. S'illumina il mondo
            come l'acqua che lascia cadere sul fondo
            le sue impurità. E sei tu, all'improvviso
            tu, mio amore, nel chiarore infinito
            di fronte a me.

            Giorno d'inverno, senza macchia, trasparente
            come vetro. Addentare la polpa candida e sana
            d'un frutto. Amarti, mia rosa, somiglia
            all'aspirare l'aria in un bosco di pini.

            Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
            se le nostre anime non si vedessero da lontano
            non saremmo così vicini, chi sa,
            se la sorte non ci avesse divisi.

            È così, mio usignolo, tra te e me
            c'è solo una differenza di grado:
            tu hai le ali e non puoi volare
            io ho le mani e non posso pensare.

            Finito, dirà un giorno madre Natura
            finito di ridere e di piangere
            e sarà ancora la vita immensa
            che non vede non parla non pensa.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Romanza

              Romanza, che ami annuire e cantare
              col capo assonnato e le ali ripiegate,
              tra verdi fronde, quali agita
              nel suo fondo un ombroso lago,
              fu per me un variopinto pappagallo
              - oh, a me familiare uccello -
              che m'apprese a dir l'alfabeto
              e a balbettare le prime parole,
              quando nel bosco selvaggio io giacevo,
              fanciullo - dall'occhio sagace.

              Ma da un pezzo, del Condor gli eterni anni
              così scuotono il cielo stesso là in alto,
              con tumulto di tuoni mentre passano,
              che non ho io più tempo per oziose cure,
              mentre spio l'inquieto cielo.
              E quando un'ora con più lievi ali
              getta su di me le sue morbide piume,
              dissipar quel breve tempo con lira e rime
              (vietate cose! ) - delittuoso parrebbe al mio cuore:
              a meno che con le corde non vibri anch'esso.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Per non dimenticare...

                E tutti
                ci ricorderemo dove eravamo in quel
                momento. Seduti in macchina a
                cercar parcheggio, con la testa
                tra i surgelati a cercar la
                paella, davanti al computer a
                cercare la frase giusta. Poi uno
                squillo di telefonino, e
                l'amico, il parente, il collega
                che ti staccano una storia
                inverosimile di aerei e
                grattacieli, ma và via, dai,
                lasciami perdere che oggi è già
                una giornata difficile, ma lui
                non ride e dice: ti giuro che è
                vero. Ricorderemo l'istante
                passato a cercare in quella voce
                una qualunque sfumatura di
                ironia, senza trovarla. Ti giuro
                che è vero. E non dimenticheremo
                la prima persona a cui abbiamo
                telefonato, subito dopo, e
                nemmeno quel pensiero -
                immediato, sciocco ma
                incredibilmente reale - "Dov'è
                mio figlio? ", i miei figli, la
                mamma, la fidanzata, domanda
                inutile, perfino comica, lo
                capisci subito dopo, ma intanto
                è scattata - la Storia siamo
                noi, è solo un verso di una
                canzone di De Gregori, ma adesso
                ho capito cosa voleva dire -
                risvegliarsi con la Storia
                addosso. Che vertigine.
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