Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

A mia madre

E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Solo

    Fanciullo, io già non ero
    come gli altri erano, né vedevo
    come gli altri vedevano. Mai
    derivai da una comune fonte
    le mie passioni - né mai,
    da quella stessa, i miei aspri affanni.
    Né il tripudio al mio cuore
    io ridestavo in accordo con altri.
    Tutto quello che amai, io l'amai da solo.
    Allora - in quell'età - nell'alba
    d'una procellosa vita - fu derivato
    da ogni più oscuro abisso di bene e male
    il mistero che ancora m'avvince -
    dai torrenti e dalle sorgenti -
    dalla rossa roccia dei monti -
    dal sole che d'intorno mi ruotava
    nelle sue dorate tinte autunnali -
    dal celeste baleno
    che daccano mi guizzava -
    dal tuono e dalla tempesta -
    e dalla nuvola che forma assumeva
    (mentre era azzurro tutto l'altro cielo)
    d'un demone alla mia vista -.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Angina pectoris

      Se qui c'è la metà del mio cuore, dottore,
      l'altra metà sta in Cina
      nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.
      E poi ogni mattina, dottore,
      ogni mattina all'alba
      il mio cuore lo fucilano in Grecia.
      E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno
      quando gli ultimi passi si allontanano
      dall'infermeria
      il mio cuore se ne va, dottore,
      se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul.
      E poi sono dieci anni, dottore,
      che non ho niente in mano da offrire al mio popolo
      niente altro che una mela
      una mela rossa, il mio cuore.
      È per tutto questo, dottore,
      e non per l'arteriosclérosi, per la nicotina, per la prigione,
      che ho quest'angina pectoris.
      Guardo la notte attraverso le sbarre
      e malgrado tutti questi muri
      che mi pesano sul petto
      il mio cuore batte con la stella più lontana.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Anche questa mattina mi sono svegliato

        Anche questa mattina mi sono svegliato
        e il muro la coperta i vetri la plastica il legno
        si sono buttati addosso a me alla rinfusa
        e la luce d'argento annerito della lampada

        mi si è buttato addosso anche un biglietto di tram
        e il giallo della parete e tre righe di scritto
        e la camera d'albergo e questo paese nemico
        e la metà del sogno caduta da questo lato s'è spenta

        mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo
        e i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto
        e la nostra separazione e quello che siamo

        mi sono svegliato anche questa mattina
        e ti amo.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Minerva Jones

          Sono Minerva, la poetessa del villaggio,
          fischiata, schernita dai villanzoni della strada
          per il mio corpo goffo, l'occhio guercio, e il passo largo
          e tanto più quando "Butch" Weldy
          mi prese dopo una lotta brutale.
          Mi abbandonò al mio destino col dottor Meyers;
          e io sprofondai nella morte, gelando dai piedi alla faccia, come chi scenda in un'acqua di ghiaccio.
          Vorrà qualcuno recarsi al giornale,
          e raccogliere i versi che scrissi? —
          Ero tanto assetata d'amore!
          Ero tanto affamata di vita!
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Viviamo in tempi infami

            Viviamo in tempi infami
            dove il matrimonio delle anime
            deve suggellare l'unione dei cuori;
            in quest'ora di orribili tempeste
            non è troppo aver coraggio in due
            per vivere sotto tali vincitori.

            Di fronte a quanto si osa
            dovremo innalzarci,
            sopra ogni cosa, coppia rapita
            nell'estasi austera del giusto,
            e proclamare con un gesto augusto
            il nostro amore fiero, come una sfida.

            Ma che bisogno c'è di dirtelo.
            Tu la bontà, tu il sorriso,
            non sei tu anche il consiglio,
            il buon consiglio leale e fiero,
            bambina ridente dal pensiero grave
            a cui tutto il mio cuore dice: Grazie!
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Lettera alla madre

              "Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
              il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
              gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
              non sono triste nel Nord: non sono
              in pace con me, ma non aspetto
              perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
              da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
              come tutte le madri dei poeti, povera
              e giusta nella misura d'amore
              per i figli lontani. Oggi sono io
              che ti scrivo. " - Finalmente, dirai, due parole
              di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
              e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
              lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
              "Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
              di treni lenti che portavano mandorle e arance,
              alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
              di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
              questo voglio, dell'ironia che hai messo
              sul mio labbro, mite come la tua.
              Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
              E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
              per tutti quelli che come te aspettano,
              e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
              non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
              tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
              del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
              non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
              Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
              morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater."
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Viaggio a Montevideo

                Io vidi dal ponte della nave
                I colli di Spagna
                Svanire, nel verde
                Dentro il crepuscolo d'oro la bruna terra celando
                Come una melodia:
                D'ignota scena fanciulla sola
                Come una melodia
                Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola...
                Illanguidiva la sera celeste sul mare:
                Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell'ale
                Varcaron lentamente in un azzurreggiare:...
                Lontani tinti dei varii colori
                Dai più lontani silenzii
                Ne la ceste sera varcaron gli uccelli d'oro: la nave
                Già cieca varcando battendo la tenebra
                Coi nostri naufraghi cuori
                Battendo la tenebra l'ale celeste sul mare.
                Ma un giorno
                Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna
                Da gli occhi torbidi e angelici
                Dai seni gravidi di vertigine. Quando
                In una baia profonda di un'isola equatoriale
                In una baia tranquilla e profonda assai più del cielo notturno
                Noi vedemmo sorgere nella luce incantata
                Una bianca città addormentata
                Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti
                Nel soffio torbido dell'equatore: finché
                Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto,
                Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore
                Noi lasciammo la città equatoriale
                Verso l'inquieto mare notturno.
                Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi
                gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente:
                Sì presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina
                Una fanciulla della razza nuova,
                Occhi lucenti e le vesti al vento! Ed ecco: selvaggia a la fine di un giorno che apparve
                La riva selvaggia là giù sopra la sconfinata marina:
                E vidi come cavalle
                Vertiginose che si scioglievano le dune
                Verso la prateria senza fine
                Deserta senza le case umane
                E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve
                Su un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume,
                Del continente nuovo la capitale marina.
                Limpido fresco ed elettrico era il lume
                Della sera e là le alte case parevan deserte
                Laggiù sul mar del pirata
                De la città abbandonata
                Tra il mare giallo e le dune...
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