Senz'ambizioni
Non ho castelli, non ho cavalli
ho queste mani, fresche di calli
e ho il mio pane, zuppo di sogni.
Son principesse nei vuoti regni
invero ciò di cui abbisogni.
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Non ho castelli, non ho cavalli
ho queste mani, fresche di calli
e ho il mio pane, zuppo di sogni.
Son principesse nei vuoti regni
invero ciò di cui abbisogni.
Qualcuno faccia una magia
che mi porti via
dove questa sciocca poesia
sia la cosa più sciocca che ci sia.
So che più non vivrò.
In quale istante certo non so,
so quando non vorrei, però.
Per esempio nei meriggi
di questi giorni di febbraio,
freddi di vento e freschi di nevaio.
C'è una luce adagiata, arancia,
che riscopre le cose qui d'intorno,
pei raggi fugaci del sole vicino
sulla nostra azzurra trottola
in curva di fine inverno.
Nunzio è persino un arco in cielo,
che dopo la pioggia breve
fa di gocce pinte un velo.
Indugi di primavera a venire,
del periodo estivo poi a seguire.
Lunghi, caldi, calmi giorni quelli.
Attesi, quindi ancor più belli.
Cader ai piedi della duna,
di sabbia che scende al mare,
e non potersi rialzare...
la luce rossa tra la pelle,
che cala sulle larghe pupille,
e sensi d'incanti lì a svanire...
no, non è la stagione
(neanche questa)
per morire.
Ti gratta via la solitudine
dove non t'arrivano le dita
e pur se fosse d'abitudine
non sarebbe cosa sgradita.
Se ne stanno caldi, e se ne stanno cheti,
nel buio profondo di presse pareti.
A volte si fan cavare al mondo,
e si fan tagliare a tondo,
a far da stella dietro gran cassa,
quando la luce ben li trapassa.
Mentre la vita invecchia e passa,
per quelli in carne e ossa,
per loro no, ché di supremo carbonio,
ché per sempre splendono.
Dannati a bellezza, sottratti al demonio,
a morte mai s'arrendono.
Come tra le pieghe del reale
son tessuti i finiti disegni
del grande universale,
Così questo è l'infinito intreccio
di ogni piccolo particolare,
E del visibile
le porte invisibili
si aprono
in spazitempi immisurabili.
Già; in fine
della vita
si morirà.
I lievi cicalii delle lucette sull'albero in oro e argento,
i fruscii del giradischi
fra i solchi del vinile,
la neve bianca di luna
dalla finestra sul bosco,
la morbida vestaglia rossa
quando avevo la febbre.
Questo mio kardia
batte senza posa
da quand'era piccino
come boccio di rosa.
Muscolo di vita,
caldaia di pensieri,
A volte salta il passo
o vibra a spron di tamburo
e quand'è vecchio e solo
si fa così malinconico e assassino.
S'empie, spinge e sparge sangue
dall'alluci fin su ai capelli
e quando smetterà questa pompa magna
vorrei cader nel sonno anch'io
senza lagna.
Non ci sarebbe niente da ridere
se non di noi stessi,
eppur belle mietitrici
falcian via le messi,
contente,
con l'Amor in mente.
E pur la vecchia mietitrice
falcia via avida le genti, indifferente,
tale è Morte repente.
Non si può far a meno di sorridere, allora,
se così son disposti i denti
dei nostri poveri teschi.
Spine che pungono l'anima
dolore diviso, ma non per questo dimezzato.
Grida festose di giochi infantili
risate in famiglia
Solidarietà ed affetto
che il cuore sente
e mi parla di te.