Poesie personali


Scritta da: Forloc
in Poesie (Poesie personali)

Nonostante tutti

Laghi di polvere sono i nostri ricordi
Fosse la vita un fermaporta non la chiuderei
Le orecchie e gli occhi per ascoltare
Il vagito di un germoglio dal terreno
Fatto per diventare grano
Pensiero strano
Raccoglie le gocce delle nuvole
Le porta in grembo
Finché tornan dentro
A nutrirsi del battito del cuore
È ancora amore.
Composta martedì 17 marzo 2015
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    Scritta da: Forloc
    in Poesie (Poesie personali)

    A Marastar

    Fai sorridere i tuoi giorni
    Libera il respiro dei pensieri
    Sprigiona le emozioni
    Fortezze alate
    Roccaforte delle albe temprate
    Fai sorridere l'animo
    Prima che faccia sera
    E nell'oscurità del cielo
    Un stella con il tuo nome
    Mi potrà dire che ci sei
    Ci sei sempre stata
    Con qualunque tempo
    Qualunque giornata
    A nutrire e scandire i battiti
    Noi.
    Composta martedì 17 marzo 2015
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      Scritta da: Valentina Bellucci
      in Poesie (Poesie personali)

      Mia

      Dedicato a chi ancora solo non sa stare
      e cerca un fiore nel vento.
      Dedicato a chi trova odio
      e nutre amore.
      Dedicato a chi ancora sa sognare,
      perché i sogni hanno ali per volare,
      ma non hanno piedi per essere inchiodati.
      Dedicato a chi ancora crede,
      perché il silenzio è l'unica arma
      e la tua voce solo una vibrazione lontana.
      Dedicato a chi sa essere
      e a chi ancora crede in quello che sarà.
      Dedicato a te,
      che leggi le mie parole
      poiché adesso il sole muore.
      E adesso se permetti me ne vado,
      ti lascio una canzone,
      ti lascio una parola,
      ma tu,
      lascia a me la poesia.
      Composta nel novembre 2011
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        Scritta da: Iris Vignola
        in Poesie (Poesie personali)

        Una rosa fra le mani

        Dal cielo, fredde lacrime
        digradano, su di me,
        quali amorevoli carezze,
        lungamente attese,
        di materne mani,
        che, le guance, inondano
        e, ad altre,
        dal salato sapore
        e dal tenue calore,
        si confondono,
        scivolando giù,
        fino a dissolversi
        nell'acquitrinosa pozza,
        di cui, il viaggio va ad iniziare,
        per lo stretto canale,
        indi, al grigio fiume fluire,
        onde sfociare nell'impetuoso mare,
        dove, del mio pianto, il sale
        a quel marino, far unire.
        Languida rosa, fra le mie mani,
        che, nelle tue, avrei posato,
        mia dolce sposa.
        Sussurrato, ogni suo petalo, ti avrebbe
        il mio amore,
        che tu pensavi smarrito, per errore,
        bensì, con la morte, non ti abbia tradito.
        come, all'inverso, hai fatto tu,
        che l'hai bramata, cercata, trovata
        e, con lei, sei partita,
        senza me, meschino,
        per un'altra vita
        lasciandomi qui, solo,
        confuso e affranto,
        col rimpianto di non esser morto,
        avanti a te,
        dacché, in Ciel, ti avrei accolto,
        con questa rosa fra le mani,
        che sfiorirà
        prima di domani.
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          Scritta da: Iris Vignola
          in Poesie (Poesie personali)

          Chi sei tu?

          Nel letto di dolore, tra spasmi e sofferenze,
          immobile e preda inerme d'un fato atroce,
          ti chiedi cos'hai fatto per meritare un simile castigo.
          In questa tua esistenza, forse hai errato troppe volte,
          oppur sei qui a scontar pene per tue vite vissute,
          in altro tempo e in altro spazio, di cui non hai ricordo.
          Una folle realtà ti vuole disarmato e senza scudo di difesa,
          affinché la vita, vile carceriera,
          ti releghi in questo corpo sì stanco e martoriato,
          privo di alcun libero arbitrio per gridare basta,
          dacché la voce manca
          e gli occhi chiusi o fissi non possono parlare.
          Muto e inerte, pari incosciente, in quel triste sudario,
          forse lo sei, o forse sei tra noi,
          presente ed impotente a farti udire,
          da noi che, limitati, non sappiamo percepire
          l'urlo straziante che irrompe in te e, lì, muore.
          Chi sei tu, adesso?
          Pensi, riflettendo la tua immagine come in uno specchio,
          piangendo su te stesso e su quell'amaro, mortal destino.
          Ti senti affievolire come flebile fiammella sul punto di smorzarsi.
          La vita ti ha deluso e incarcerato in quest'insana spoglia,
          il cui spirito pretende d'esser libero di scegliere
          se continuar a vivere, se vita si può dire,
          o librarsi in volo per divenire anima immortale,
          in una dimensione astratta e congeniale
          ad apportare aiuto ad altri nel tuo stato
          e a custodire chi abbisogna di conforto,
          libero, uscito da quel corpo che non sentivi tuo,
          pianto da chi non sa che or ora sei felice.
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            Scritta da: Iris Vignola
            in Poesie (Poesie personali)

            Cicala e formica

            Un bel dì la formica laboriosa,
            affaticata dalla calura estiva,
            incontrò una cicala canterina
            che, felice del suo canto esasperante,
            strimpellava una chitarra assai grande.
            Stanca e mogia la formica
            s'apprestava a rincasare,
            col suo carico di roba da mangiare,
            prevedendo un sì lungo rigore invernale
            e lo scarseggiar del cibo
            sul terreno ricoperto dalla neve.
            Uno sguardo sorvolò quella cicala,
            che suonava e cantava a più non posso,
            sotto un pioppo, al riparo delle fronde,
            a godersi ampiamente la frescura.
            "Lascia stare di sudare e camminare,
            vieni qui vicino a me, t'insegnerò a cantare":
            "Canta, canta, che l'inverno è alle porte,
            suona e canta quel tuo canto petulante,
            poi non starti a lamentare,
            se la pancia resta vuota, senza nulla da mangiare".
            Replicò la formica, alquanto risentita.
            E il gelo venne infine molto presto,
            a rivestir la terra d'un candido mantello.
            La formica se ne stava nella tana,
            al calduccio, con la scorta di provviste,
            a svernare, in attesa del bel sole.
            La cicala canterina,
            non cantava dalla sera alla mattina,
            visto che la pancia vuota
            reclamava e borbottava perlomeno una cena.
            Ma, ahimè, senza esser previdente,
            nulla aveva messo in serbo,
            in attesa dell'inverno così freddo.
            Triste e in pena, chiese aiuto alla formica,
            che da ospite la prese, per saziare la sua fame,
            poi un consiglio elargire,
            affinché smettesse un poco di frinire
            e più saggia, in futuro, divenire.
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              Scritta da: Valentina Bellucci
              in Poesie (Poesie personali)

              La Morte di Dio

              Afferra un pensiero,
              afferralo dall'abisso.
              Rendilo violento, spietato, padrone della morte.
              Crealo dalle ceneri del fuoco di mille cadaveri,
              seppelliscilo nella terra fredda,
              sopra le nostre lapidi.
              Dal marmo riesumalo,
              portalo alla luce, che la tempesta lo ami,
              e il sole uccida.
              Cantalo,
              scuoti il vortice,
              fai sì che le sue foglie cadano,
              rendilo nudo, perverso.
              Prendi il pugnale dal manico d'oro,
              la rosa rossa è sul sepolcro.
              Penetrala nel cuore,
              quella rosa dai petali appassiti.
              Crea il pensiero.
              Crealo dalle ceneri del fuoco di mille cadaveri,
              la rosa è morta,
              e io adesso, posso anche andare all'Inferno.
              Composta nel settembre 2010
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