Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie personali)
Enigma
Il buio bucherellato da luci.
La luce tappezzata di nuvole.
Aria, dimmelo tu,
se è più scuro il giorno
oppure la notte.
Composta domenica 29 novembre 2015
Il buio bucherellato da luci.
La luce tappezzata di nuvole.
Aria, dimmelo tu,
se è più scuro il giorno
oppure la notte.
Le maglie di quei pesci
ricamate dal filo
dell'ago d'acqua bianco
riflettono non poco
il loro animo in gabbia
e pure il sentimento
continuo e permanente:
angoscia grigiazzurra.
La sabbia, la carcassa
che il mare desidera
come sua miglior preda,
sabbia di polpa - crede -
e s'avventa, l'addenta.
La sabbia si fa ferro,
denti spezzati in fila
che vedo solo adesso
che si avvicina a riva
con la sua mandibola
maciullata di sasso.
Deluso il labbro sbuffa,
adesso torna indietro,
lei pure che gli dice
"ed ora vade retro"
e pure dice al mare:
"che gran... morto di fame!"
In quel cielo bianco conico,
attorno a raggi di ferite,
il sole tramonta marrone
cadendo nell'oscuro mare
della mia palpebra inferiore,
spuma di ciglia in superficie
calar lo fa poi nell'abisso
d'osso nero, là nella guancia.
Volto lo sguardo al tuo cielo di carne,
se gli occhi sorridono,
ho l'impressione che siano due soli,
ma se dopo piangono,
ho l'impressione diventin due lune.
Occhi, mie rassegnate mezzelune,
cui tanto il plenilunio si rinnega,
cerchi soltanto in un cielo di carne.
Magari mi veniste risucchiati
ed usciste bevuti dal pianeta
bianco di freddo gelato del cranio,
dietro la nuca chissà che universi.
Occhi, ma chi v'ha diviso le stanze?
Il cielo mai soffitto pavimento,
sempre e soltanto la stessa parete,
sudando forse in due per voi s'è fatto
e il naso tra di voi fa da separè.
Infausta e ingrata sorte toccò
a te, Valeria, quella notte.
Tu che ti chiami come la figlia mia,
destinata fosti a ingiusta morte.
Tu che dell'Italia sei l'orgoglio e il vanto,
ricevi dalla nazione l'accorato compianto.
Portasti il tuo conforto ed il tuo cuore
dove han seminato odio e rancore.
Tra gli angeli riposa, dolce creatura,
e di lassù scongiura a noi il male
e del demonio la presenza infame.
Donne che sfidano la notte,
notte che prende le sembianze della morte,
dalla quale non si sfugge,
se non per bruciare nella luce.
Arrestare il proprio passo
là dove il precipizio si apre,
poi basta volare
per guardare dall'alto
le piccolezze del mondo.
Noi,
i ragazzi dello zoo di Berlino
pianga la luna su queste righe.
Libertà, l'abbiamo vista ubriaca
cadere in palpebre cerulee
e in focolari assurdi
tra le braccia materne
che non ci fu concesso avere.
Ci si spegne
sulle strade che scegliemmo
un buco dopo l'altro
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino.