Riprendo il cammino e alzo la testa, non m'importa che pensi sei un fatalista, ma io che di coraggio ne vendo al mercato guardo serena verso un destino segnato.
Di emozioni ne ho tante, incise nel cuore, ne faccio perdono per te che eri il sole che ora ha oscurato la tua anima persa ti auguro il meglio per la tua vita falsa.
Appoggio sui passi il mio lungo andare, non c'è strada confusa dal tuo perso dire, la mia anima riflette sincera nel vento, continua a dire: non mi pento...
Tu fulmine di gloria hai incendiato il passaggio, non trovi che fuoco nel tuo triste viaggio, questo è quello che merita il finto non sono nessuno, ma ho quasi vinto...
Case affacciate dentro vecchi cortili camice stese ad asciugare ricordan burattini appesi ai fili cerniere di metallo arrugginito sorreggono ormai stanche portoni che hanno dato asili
Cantine buie nascondono i fantasmi nati dai giochi per pagare pegno attento! Dietro la porta c'è il pirata con la gamba di legno
I magici castelli protetti da alte mura fatte di cartone attacchi improvvisati da villici guerrieri fuoriusciti da una tenda
Sono locomotiva e non ho mai messo freno al nascer delle cose mie d'istinto in viaggio verso una giornata grigia o un cielo variopinto
Non ho mai parcheggiato il cuore alla stazione non è mai stato fermo viaggia in simbiosi all'emozione
Poche volte son rimasto sui binari e poche anche le volte che ho rispettato orari
Nel diario mio di bordo qualcosa ho annotato so quando son partito i posti dove più mi son fermato o quelli che andando via guardavo indietro
Continuo e vado avanti accrescendo sempre più in velocità fermate obbligatorie le necessità
Ad ogni viaggio sento il peso l'aumentare dei vagoni vagoni d'esperienze ricordi ed emozioni brucia nella caldaia il combustibile delle passate mie stagioni
Non mi sono mai chiesto la via presa dove vada e non mi chiederò mai se era giusta questa strada.
Andiamo, mia fragile mente, andiamo ad accompagnare le ragioni al precipizio. Le follie infantili ridono di noi ci offrono baci e smorfie come calici di vino rosso. Io mi gusto l'aspro ritratto di un volto che sposa l'assenza e con voi mi nascondo sotto gli artigli di un dove senza senso. La realtà ci punzecchia con le arie d'acciaio fino a spostare le nostre ombre con una scossa di silenzio pallido. Ci scivolano addosso i singhiozzi del cielo e vecchi canti di rane nere. Tutto ci soffoca, i giorni, i cespugli, l'orizzonte. Andiamo. Andiamo a chiudere le porte del nostro dolce assurdo.
Un piccolo particolare inebriante racchiudono le tue armoniose labbra. Una debole carezza sui mie occhi per una dolce smorfia nel mio cuore. Fuggi da me mio bellissimo cigno il tuo amore è lì... lontano da me.
Fiori che ridono al nascere del giorno ruotando le corolle ombre notturne rimaste in sospensione trovano spazio tra le zolle richiami d'acustica natura emettono le raganelle saltando come molle
Cicale si preparano a ripetere lo stesso suono dalle mèsse antiche hotel seminterrati alloggiano le instancabili formiche entate sotterranee gli ampi magazzini che conservano le spighe
Travi di piccole radici che sviluppano potenza a piante dal fusto fiero trattengono le frane in gallerie dove passeggiano le talpe dal lucido pelo.
Esprimo grato ringraziamento alla natura quando mi porta in cielo.