Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Il commesso farmacista

Ho per amico un bell'originale
commesso farmacista. Mi conforta
col ragionarmi della sposa, morta
priva di nozze del mio stesso male.

«Lei guarirà: coi debiti riguardi,
lei guarirà. Lei può curarsi in ozio;
ma pensi una modista, in un negozio...
Tossiva un poco... me lo scrisse tardi.

Torna!... Tornò, sì, morta, al suo villaggio.
Pagai le spese del viaggio. E costa!
Vede quel muro bianco a mezza costa?
È il cimitero piccolo e selvaggio.

Mah! Più ci penso e più mi pare un sogno.
La dovevo sposare nell'aprile;
nell'aprile morì di mal sottile.
Vede che piango... non me ne vergogno.»

Piangeva. O morta giovane modista,
dal cimitero pendulo fra i paschi
non vedi il pianto sopra i baffi maschi
del fedele commesso farmacista?

«Lavoro tutto il giorno: avrei bisogno
a sera, di svagarmi; lo potrei...
Preferisco restarmene con lei
e faccio versi... non me ne vergogno.»

Sposa che senza nozze hai già varcato
la fiumana dell'ultima rinunzia,
vedi lo sposo che per te rinunzia
alle dolci serate del curato?

Vedi che, solo, e affaticati gli occhi
fra scatole, barattoli, cartine,
preferisce le tue veglie meschine
alle gioie del vino e dei tarocchi?

«Non glie li dico: ché una volta detti
quei versi perderebbero ogni pregio;
poi, sarebbe un'offesa, un sacrilegio
per la morta a cui furono diretti.

Mi pare che soltanto al cimitero,
protetti dalle risa e dallo scherno
i versi del mio povero quaderno
mi parlino di lei, del suo mistero.»

Imaginate con che rime rozze,
con che nefandità da melodramma
il poveretto cingerà di fiamma
la sposa che morì priva di nozze!

Il cor... l'amor... l'ardor... la fera vista...
il vel... il ciel... l'augel... la sorte infida...
Ma non si rida, amici, non si rida
del povero commesso farmacista.

Non si rida alla pena solitaria
di quel poeta; non si rida, poi
ch'egli vale ben più di me, di voi
corrosi dalla tabe letteraria.

Egli certo non pensa all'euritmia
quando si toglie il camice di tela,
chiude la porta, accende la candela
e piange con la sua malinconia.

Egli è poeta più di tutti noi
che, in attesa del pianto che s'avanza,
apprestiamo con debita eleganza
le fialette dei lacrimatoi.

Vale ben più di noi che, fatti scaltri,
saputi all'arte come cortigiane,
in modi vari, con lusinghe piane
tentiamo il sogno per piacere agli altri.

Per lui soltanto il verso messaggiero
va dal finito all'infinito eterno.
«Vede, se chiudo il povero quaderno
parlo con lei che dorme in cimitero.»

A lui soltanto, o gran consolatrice
poesia, tu consoli i giorni grigi,
tu che fra tutti i sogni prediligi
il sogno che si sogna e non si dice.

«Non glie li dico: ché una volta detti
quei versi perderebbero ogni pregio:
poi sarebbe un'offesa, un sacrilegio
per la morta a cui furono diretti.»

Saggio, tu pensi che impallidirebbe
al mondo vano il fiore di parole
come il cielo notturno che lo crebbe
impallidisce al sorgere del sole.

Di me molto più saggio, che licenzio
i miei sogni, o fratello, tu mantieni
intatti fra le pillole e i veleni
i sogni custoditi dal silenzio!

Buon custode è il silenzio. E le tue grida
solo la morta giovane modista
ode: non altri della folla, trista
per chi fraternamente si confida.

Non si rida, compagni, non si rida
del poeta commesso farmacista.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il commesso farmacista

    Ho per amico un bell'originale
    commesso farmacista. Mi conforta
    col ragionarmi della sposa, morta
    priva di nozze del mio stesso male.

    «Lei guarirà: coi debiti riguardi,
    lei guarirà. Lei può curarsi in ozio;
    ma pensi una modista, in un negozio...
    Tossiva un poco... me lo scrisse tardi.

    Torna!... Tornò, sì, morta, al suo villaggio.
    Pagai le spese del viaggio. E costa!
    Vede quel muro bianco a mezza costa?
    È il cimitero piccolo e selvaggio.

    Mah! Più ci penso e più mi pare un sogno.
    La dovevo sposare nell'aprile;
    nell'aprile morì di mal sottile.
    Vede che piango... non me ne vergogno.»

    Piangeva. O morta giovane modista,
    dal cimitero pendulo fra i paschi
    non vedi il pianto sopra i baffi maschi
    del fedele commesso farmacista?

    «Lavoro tutto il giorno: avrei bisogno
    a sera, di svagarmi; lo potrei...
    Preferisco restarmene con lei
    e faccio versi... non me ne vergogno.»

    Sposa che senza nozze hai già varcato
    la fiumana dell'ultima rinunzia,
    vedi lo sposo che per te rinunzia
    alle dolci serate del curato?

    Vedi che, solo, e affaticati gli occhi
    fra scatole, barattoli, cartine,
    preferisce le tue veglie meschine
    alle gioie del vino e dei tarocchi?

    «Non glie li dico: ché una volta detti
    quei versi perderebbero ogni pregio;
    poi, sarebbe un'offesa, un sacrilegio
    per la morta a cui furono diretti.

    Mi pare che soltanto al cimitero,
    protetti dalle risa e dallo scherno
    i versi del mio povero quaderno
    mi parlino di lei, del suo mistero.»

    Imaginate con che rime rozze,
    con che nefandità da melodramma
    il poveretto cingerà di fiamma
    la sposa che morì priva di nozze!

    Il cor... l'amor... l'ardor... la fera vista...
    il vel... il ciel... l'augel... la sorte infida...
    Ma non si rida, amici, non si rida
    del povero commesso farmacista.

    Non si rida alla pena solitaria
    di quel poeta; non si rida, poi
    ch'egli vale ben più di me, di voi
    corrosi dalla tabe letteraria.

    Egli certo non pensa all'euritmia
    quando si toglie il camice di tela,
    chiude la porta, accende la candela
    e piange con la sua malinconia.

    Egli è poeta più di tutti noi
    che, in attesa del pianto che s'avanza,
    apprestiamo con debita eleganza
    le fialette dei lacrimatoi.

    Vale ben più di noi che, fatti scaltri,
    saputi all'arte come cortigiane,
    in modi vari, con lusinghe piane
    tentiamo il sogno per piacere agli altri.

    Per lui soltanto il verso messaggiero
    va dal finito all'infinito eterno.
    «Vede, se chiudo il povero quaderno
    parlo con lei che dorme in cimitero.»

    A lui soltanto, o gran consolatrice
    poesia, tu consoli i giorni grigi,
    tu che fra tutti i sogni prediligi
    il sogno che si sogna e non si dice.

    «Non glie li dico: ché una volta detti
    quei versi perderebbero ogni pregio:
    poi sarebbe un'offesa, un sacrilegio
    per la morta a cui furono diretti.»

    Saggio, tu pensi che impallidirebbe
    al mondo vano il fiore di parole
    come il cielo notturno che lo crebbe
    impallidisce al sorgere del sole.

    Di me molto più saggio, che licenzio
    i miei sogni, o fratello, tu mantieni
    intatti fra le pillole e i veleni
    i sogni custoditi dal silenzio!

    Buon custode è il silenzio. E le tue grida
    solo la morta giovane modista
    ode: non altri della folla, trista
    per chi fraternamente si confida.

    Non si rida, compagni, non si rida
    del poeta commesso farmacista.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Buon Dio nel quale non credo, buon Dio che non esisti,
      (non sono gli oggetti mai visti più cari di quelli che vedo?)

      Io t'amo! Ché non c'è bisogno di creder in te per amarti
      (e forse che credo nell'arti? E forse che credo nel sogno?)

      Io t'amo, Purissima Fonte che non esisti, e t'anelo!
      (Esiste l'azzurro del cielo? Esiste il profilo del monte?)

      M'accolga l'antica Abazia; è ricca di luci e di suoni.
      Mi piacciono i frati; son buoni pel cuore in malinconia.

      Son buoni. "Non credi? Che importa? Riposati un poco sui banchi.
      Su, entra, su, varca la porta. Si accettano tutti gli stanchi."

      Vi seggo - la mente suasa - ma come potrebbe sedervi
      un tale invitato dai servi e non dal padrone di casa.

      - "Riposati, o anima sazia! Riposati, piega i ginocchi!
      Chissà che il Signore ti tocchi, chissà che ti faccia la grazia."

      - "Mi piace il Signore, mi garba il volto che gli avete fatto.
      Oh, il Nonno! Lo stesso ritratto! Portava pur egli la barba!"

      "O Preti, ma è assurdo che dòmini sul tutto inumano ed amorfo
      quell'essere antropomorfo che hanno creato gli uomini!"

      - "E non ragionare! L'indagine è quella che offùscati il lume.
      Inchìnati sopra il volume, ma senza voltarne le pagine,

      o anima senza conforti, e pensa che solo una fede
      rivede la vita, rivede il volto dei poveri morti."

      - "O Prete, l'amore è un istinto umano. Si spegne alle porte
      del Tutto. L'amore e la morte son vani al tomista convinto."
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il viale delle Statue

        ... Le bianche antiche statue
        acefale o camuse,
        di mistero soffuse
        nelle pupille vacue:

        Stagioni che le copie
        dei fiori e delle ariste
        arrecano commiste
        entro le cornucopie,

        Diane reggenti l'arco
        e le braccia protese
        e le pupille intese
        verso le prede al varco,

        Leda che si rimira
        nell'acque con il reo
        candido cigno, Orfeo
        che accorda la sua lira,

        Giunone, Ganimede,
        Mercurio, Deucalione
        e tutta la legione
        di un'altra morta fede:

        erme tutelatrici
        di un bello antico mito,
        del mio tedio infinito
        sole consolatrici,

        creature sublimi
        di marmo, care antiche
        compagne e sole amiche
        dei miei dolci anni primi;

        ecco: ritorno a Voi
        dopo una lunga assenza
        senza più vita, senza
        illusïoni, poi

        che tutto m'ha tentato,
        tutto: anche l'immortale
        Gloria, e il Bene ed il Male,
        e tutto m'ha tediato.

        La bisavola mia
        voi già consolavate
        ed ora consolate
        pur la malinconia

        del pallido nipote.
        Parlategli dell'Ava
        quando pellegrinava
        nell'epoche remote

        recando i suoi affanni
        per questi stessi viali
        all'ombre sepolcrali,
        or è più di cent'anni.

        È certo che la stessa
        mia pena la teneva
        però che un senso aveva
        fine di poetessa.

        Soltanto a dolorare
        veniva a questa volta
        oppure qualche volta
        piacevale rimare

        cantando il suo dolore
        tra Voi, erme, lungh'essi
        i bussi ed i cipressi,
        e il suo lontano amore?

        Era la sua figura
        meravigliosa e fina,
        la bocca piccolina
        qual nella miniatura?

        Divisi i bei capelli
        in due bande ondulate
        siccome le beate
        di Sandro Botticelli?

        Aveva un peplo bianco
        di seta adamascata
        e che la grazia usata
        apriva un po' di fianco?

        (In vano l'apertura
        fermavan tre borchiati
        finissimi granati,
        ché la camminatura

        lenta scopriva all'occhio
        il polpaccio scultorio
        e la gamba d'avorio
        fino quasi al ginocchio. )

        Portava un cinto a belle
        Meduse in ciel sereno
        che costringeva il seno
        fin sopra delle ascelle?

        Ed ostentava i bei
        piedini incipriati
        da i diti costellati
        di gemme e di cammei?

        Io rivedo così la solitaria
        lenta innalzare ancora tra gli spessi
        mirti e fra l'urne e l'erme ed i cipressi
        la candida persona statuaria.

        I fauni si piegavano a guatarne
        cupidi la bellezza; al suo passare
        volgevansi le iddie, a riguardare
        la sorella magnifica di carne.

        Ma non sempre fu sola. Un dì riscosso
        sembrò il ricordo delle antiche larve:
        la Poetessa in quel mattino apparve
        tutta vestita di broccato rosso.

        Anche recava, contro il suo costume,
        due rose rosse nelle nere chiome:
        lucevan le pupille azzurre come
        rinnovellate da inconsueto lume.

        Scende nel parco e pone sovra un coro
        due libri: Don Giovanni e Parisina.
        Poi trascolora: un'ombra s'avvicina
        fra i boschetti del mirto e dell'alloro.

        Chi viene? Ecco nel folto delle verdi piante
        un giovane bellissimo avanzare
        (Anima, non tremare, non tremare. )
        ed il suo passo è un poco claudicante.

        Chi viene dunque ai sogni ed all'oblio?
        (Anima, non tremare, non tremare. )
        Ha l'iridi color di verde mare;
        nelle sembianze è simile ad un Dio.

        È Lui, è Lui che vien per la maestra
        strada dei lauri. Or ecco, è già da presso
        (ed era questo il luogo? Questo stesso? )
        Vedo già l'Ava porgergli la destra

        e il Poeta ribelle dei Britanni
        la bianca mano inchinasi a baciare
        (Anima, non tremare, non tremare)
        fra questi bussi... Or è quasi cent'anni.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          L'Antenata

          Nel fino cerchio di chelonia e d'oro -
          ove un ignoto artefice costrinse
          il bel sembiante, poi che lo dipinse
          sopra l'avorio, con sottil lavoro -

          per qual virtù la dama antica avvinse
          il pallido nipote? In qual tesoro
          di sogni fu che il giovinetto attinse
          la mestizia più dolce dell'alloro?

          L'Ava mi guata. - Nella manca ha un giglio
          di stile antico; la sua destra posa
          sopra il velluto d'un cuscin vermiglio.

          Nïuna dolcezza è nell'aspetto fiero:
          emana dalla bocca disdegnosa
          l'orgoglio, la tristezza ed il mistero.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Timida candela

            Nudi, vestiti del
            nero della notte.

            Sbirciati da una
            timida candela,
            talmente timida,
            da spegnere la sua fiamma,
            per non essere indiscreta.

            Dolce mistero nell'aria,
            il fascino della notte,
            è complice del tuo profumo.

            Sento la luce di una stella,
            mentre la tua pelle mi possiede.

            Un'emozione libera.
            Nel tuo cerchio magico,
            perdo il tempo
            nella mia mente.

            Mani nude, vicine,
            come edera al suo muro,
            alla ricerca della luce,
            sempre più forte e calda.

            Felicità, gioia,
            rubo nel buio,
            dalla tua anima,
            dalla generosità
            del cuore tuo.

            Il fascino della notte,
            mi copre con la tua pelle,
            mi riscalda con il tuo tempio,
            fa brillare le mille
            facce del tuo diamante.

            Nudi, liberi.
            Vestiti solo di magia.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
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              Fiamma di ghiaccio

              Mi leggo nello specchio.
              Occhi tristi.
              Sorriso vuoto.
              Anima spenta.

              Devo togliere dai miei occhi,
              le immagini di felicità vissuta.

              Devo pulire le visioni
              di un futuro sognato,
              di un'eterna gioia.

              Voglio estirpare dalle mie rughe,
              i sorrisi scolpiti dall'amore.

              Scolpiti da un altro viso.
              Scolpiti dalla sua anima.

              Devo accendere
              la mia anima spenta,
              con una fiaccola
              di speranza,
              dimenticando il fuoco
              che lo possedeva.

              Devo vivere,
              sorridendo alla vita,
              se i sorrisi
              non possono essere per lei.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Profumo di donna

                Libero, tra i pensieri fioriti,
                colorati di bianco latte,
                abbronzato dai raggi
                del sole mielato,
                ascoltavo confidenze
                di fiori e di farfalle,
                innamorati della libertà.

                Ascoltavo appassionati petali,
                corteggiati da svolazzanti api.

                Ascoltavo biondi
                riccioli di donna,
                dai vibranti
                ondeggi musicali.

                Ascoltavo desideri
                di fiori d'arancio,
                i loro sogni
                nel cercare le mani
                della loro ideale sposa.

                Cercavo di capire
                il sogno della loro vita.

                La loro voglia
                di essere stretti,
                in mani piene d'amore.

                Cercavo d'immaginarmi
                una sposa, che divide
                l'emozione di un amore
                con i suoi amici fiori.

                Cercavo di capire
                cosa si cerca in un petalo,
                cosa si nasconde
                in un gambo di una rosa.
                Sicurezza, vita, eternità...?

                Forse nulla di tutto ciò.

                Solo il piacere di dividere
                il profumo dell'amore
                con chi si ama.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Letto di raso

                  Sogno il mare
                  del tuo letto di raso,
                  vivo la poesia
                  dei canneti ballerini,
                  sotto il cielo
                  dei tuoi occhi,
                  sogno una porta aperta
                  in una soffice nuvola,
                  dipinta con fiocchi di piacere,
                  spinta da invisibile passione.

                  Sogno di viaggiare con te,
                  guardare le onde
                  che bagnano il corpo,
                  il flusso d'emozione
                  che ti possiede.

                  Sogno, il vento caldo
                  dei tuoi sorrisi,
                  sulla sabbia calda
                  delle tue guance.

                  Sogno le maree,
                  che mi farai vivere,
                  le dolci notti sulla spiaggia,
                  scaldate dalla fiamma,
                  di un schioppettante falò.

                  Sogno il tuo letto di raso,
                  le sue pieghe di desiderio,
                  i riflessi di una fiamma,
                  che illumina l'isola sognata.

                  Sogno un viaggio galeotto,
                  invaso da pirati dell'amore,
                  da battaglie condite di vittorie,
                  con tesori da possedere, da scoprire.

                  Nel cielo blu dei tuoi occhi,
                  vivo la visione di un'isola al tramonto,
                  decorato da pensieri complici.

                  Sogno ...
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