Poesie di Roberto Di Nardo

Nato sabato 2 agosto 1969 a Sciaffusa (Svizzera)
Questo autore lo trovi anche in Racconti.

Scritta da: Roberto Di Nardo

Non te ne andare

Non te ne andare
speranza di attimi in pace,
sereni
da nuvole a mente mai sgombra di oscuri pensieri e tormenti.
Senza dire mai più che "magari va meglio",
errore che porta a serrare poi i pugni,
con qualcosa che accade,
o qualcosa che torna alla mente a mancare.

Non ti è mai appartenuto l'amore qualunque,
ché a soffrire nel petto ne hai reso destino.

Non hai mai rinunciato al tuo esser te stesso, rinnegando l'orgoglio a rivendicazione,
per le scelte che altri han pagato.

Amore che senti fuggire,
amore che temi poi possa morire,
amore mai nato.
Perduto, sia che oggi o domani.
O che è impresso al passato.

Oh ti prego speranza,
non te ne andare col prossimo pezzo a mancare.
Di frammenti perduti son piene le strade percorse,
e non resta che un cuore malato,
sconfitto,
disincantato.

Eppure era nato tra i sogni più puri
ed ingenui a far schifo.

Adesso a cercare un ultimo scoglio,
il bisogno di un altro respiro.

E che poi sia la carne
inerme in attesa a tormento
di avvoltoi che dilaniino,
e di corvi stupendi,
cui affidarsi a volare nel vento del mondo perduto.
E perdente da quando ricordi esser vivo.
Roberto Di Nardo
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    Scritta da: Roberto Di Nardo

    Ogni volta più forte

    Torni ogni notte,
    sui respiri nel petto
    spento dal punto in cui è nato il momento,
    essenza che toglie alle labbra,
    acqua e parole.
    Torni in vestiti da stessi colori diversi, che segnano ancora,
    col tuo abbraccio più forte,
    ogni volta.
    Nascosta tra pieghe di
    uguale speranza, in identica forma mancante,
    torni anche il giorno a rubare la notte,
    coi tuoi soliti passi che rumore non hanno mai fatto.
    Tornerai fino a che sogno trasformi ogni lacrima in figlia.
    E ogni volta,
    più forte.
    Roberto Di Nardo
    Composta lunedì 12 febbraio 2018
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      Scritta da: Roberto Di Nardo

      Io dico grazie

      Io dico grazie,
      perché a vivere di grazie ho già imparato,
      emozioni di sostanza ho costruito,
      e cancelli a pugni stretti nelle mani ho disegnato,
      sentimenti verso polveri cadute ho conservato,
      continuando a camminare contro tempo,
      nei ritagli ho visto facce dentro il vento.

      Vivo dentro me.
      in un mondo dove i sogni getto via.

      Perché a stare nei cassetti,
      voglio posto per gli insetti,
      con carcasse d'ali rotte,
      tra pastiglie per la notte,
      c'è un martello per le botte.

      Io dico grazie,
      modellando dubbi in pietra ed in cemento,
      trasformando statue d'ombra a monumento,
      vuoti a perdersi in bottiglie consumate d'allegria,
      vetri in acqua frantumata in fonte di malinconia,
      e a cercare gemme rare per la mente,
      ho scoperto che c'è un'anima invadente.

      Resto dentro me.

      Perché a stare nei cassetti,
      voglio posto per gli insetti,
      con carcasse d'ali rotte,
      tra pastiglie per la notte.
      c'è un martello per le botte.

      Io dico grazie,
      a chiunque mi venisse poi a cercare,
      i pensieri li ho disseminati ai matti,
      il mio cuore è stato il dono per amare,
      e quell'anima invadente è in mezzo ai gatti.
      Roberto Di Nardo
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        Scritta da: Roberto Di Nardo

        Apri la porta

        La prima porta si apre con la chiave bianca.
        La seconda gira se stessa quando è stanca.
        La terza divora la sorte.
        La quarta porta la morte.

        Sulle note del passato
        sfoca il suono che leggevi
        delle pagine che ti ha lasciato
        hai scoperto che solo restavi
        dentro classi o dentro celle
        tra sorrisi o nelle stelle,
        ti accorgevi che quelle più belle
        non ti entravano dentro la pelle.

        La prima porta ti apre un angolo di mare,
        la seconda porta lontano a naufragare.
        La terza divora il cuore
        la quarta mostra l'amore

        era il tempo per sognare
        di una viola profumata
        con radici già nate spezzate
        nella pioggia le avevi perdute.

        Ritornare dentro a stare
        da finestre con veduta
        metti i dischi che cambian d'estate
        e le prime pastiglie bevute,
        occhi veri dentro al cuore
        e nient'altro da donare
        le ferite ti fanno piacere
        dandoti un'anima da sfregiare.

        La prima porta si apre con la chiave bianca
        la seconda gira se stessa quando è stanca
        la terza divora la sorte
        la quarta...

        mura intorno anche se ridi
        o se metti i tuoi vestiti.
        Questo è il posto che ho scelto per dire
        quale porta adesso voglio aprire.
        Roberto Di Nardo
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          Scritta da: Roberto Di Nardo

          Il motivo non cambia

          Metti un piede davanti se l'altro ti regge
          altrimenti finisce che cadi per terra.

          È così che hai iniziato a contarti il percorso,
          che sia dove sei stato o non sei mai arrivato,
          quante volte alle vie da seguire hai pensato,
          ammuchiandoti il dubbio per qualcosa perso.

          Sai, c'è un mondo di cose che hai testimoniato.

          Frasi scritte su muri che restano addosso,
          sia coi significati che col calcestruzzo.

          Scalinate infinite da perderci il fiato,
          o a goderti di botto quel mondo che hai avanti,
          spacca il resto ch'è storia di passi in sequenza.

          Per cercare un parcheggio a manovra di lato.

          Le finestre addensate a guardarti passare
          come occhi che in vicoli ciechi hai lasciato.

          Chè se un uomo di strada, poi al peggio è un barbone,
          per le donne è normale esser solo puttane.

          Nonostante insicuri disegni di crepe,
          e segnali di rigide leggi a seguire,
          perdurare d'ammasso d'asfalto, resiste.

          Col passare del tempo il motivo non cambia:
          se non vuoi ritrovarti a cadere per terra,
          metti un piede davanti se l'altro ti regge.
          Roberto Di Nardo
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            Scritta da: Roberto Di Nardo

            No che non dormo

            No che non dormo,
            se un uomo che soffre in un letto,
            ha di comodo qualche respiro, annaspato.
            se in un cartone gettato, un'anima aspetta ricordi di abbracci felici.
            Se gli occhi di verde smeraldo son diventati rossi di asfalto macchiato.
            La donna che nel fango mi ha segnato la via,
            cerca appigli di sabbia ogni giorno, tra spire di risa e follia.
            La carezza di un condannato, resterà la più pura per sempre nel petto.
            Un pittore, il sudore dipinto sul viso, è sparito tra i passi nel sole.
            Un saggio sembiante di padre è stato rubato dal tempo.
            Ed un sogno di nero colore, insiste a restare nel cuore.
            Roberto Di Nardo
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              Scritta da: Roberto Di Nardo

              Buffone

              Buffone di corte che neanche ti presta attenzione.
              Scrivi e canta canzoni.
              Danza inventando battute rivolte a spazi e momenti di vuoto.
              Fantastica storie che ai piatti del giusto bilanciano almeno il finale.
              E mascherati,
              colorati il volto pagliaccio.

              Usa colori che almeno ricordino quanto di dentro fa parte, ancora,
              del tuo trascinato sentire.

              Un rosso sapore di ferro dolciastro,
              testimone del sangue che vedi,
              sugli occhi.
              Un giallo sacrale d'effimero dorato,
              che risalti il sudore,
              e lo sputo sul volto.
              Ed un nero contorno per ogni fattezza,
              perché al buio nascondi
              ogni volta

              quell'essenza che grida perenne,
              arrivando a creare il silenzio.
              Roberto Di Nardo
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                Scritta da: Roberto Di Nardo
                La trascinarono via, come si fa con le scarpe rotte
                da buttare senza buste di plastica a contenerne il vissuto,
                la presero con la forza di un inganno incompreso,
                la videro come si vede il male,
                Affascinante e letale.

                Nehelia era un nome da purificare, come gli oltraggi che le appartenevano,
                come il parlare a voce alta della propria identità,
                esistenza.

                Ribelle in un mondo dove lo stesso concetto di rivolta era morto,
                distorto, avvelenato dalla peste e dall'imbroglio.

                Nehelia doveva stare zitta!

                Tacere ad ogni sacrosanta verità sputatagli in faccia,
                mortificarsi per esistere resistere insistere ancora nel non capire,
                o peggio,
                nel comprendere appieno quanto ci credesse, in se stessa.

                Blasfema, provocante, incurantemente
                Bella!

                Uomini che per lei ardevano di passione dimenticando Dio,
                disposti al ridicolo, pretendenti rifiutati per capriccio, o peggio,
                per scelta.
                Nehelia osava questo e di più, rivendicava diritti.

                Nemmeno le puttane ardivano a tanto, consce del loro meschino retaggio,
                del loro malaffare, e della loro complicità da quattro monete di piacere.
                Lei non negava il suo amore, no,
                lei lo esaltava, ne faceva arma da opporre all'evidenza.

                Martire?
                Persino questo aveva insinuato nel pensiero lascivo di desiderosi il peccato,
                quanto poco credibili difensori di diritto.

                Mi chiesero se avessi visto il marchio del diavolo su di lei...
                Quale miserrima eventualità di discolpa,
                vederla vittima, come lo sono coloro che subiscono il supplizio del maligno per volere di dio.

                Lei era non un mezzo,
                lei era come il traghettatore,
                di anime verso la sua vergognosa femminilità!

                Lei amava farsi amare,
                peggio di Lucifero, peggio di Satana,
                non amava affatto Dio.
                Non ne era gelosa,
                osava persino dire ce ne fosse uno vero, diverso dal nostro.

                Diverso per misericordia e a difesa dei perseguitati.

                Il nostro Dio che ha sacrificato se stesso per la salvezza, la speranza,
                la redenzione,
                lei lo giudicava indegno!

                Nehelia doveva morire!

                E morì di una morte atroce, che supplicò invano il perdono, la comprensione,
                la redenzione (ironia del destino).
                Chiese persino i sacramenti, ammise ogni colpa, anche quelle tenute nascoste e mai rivelate,
                quelle di un'anima corrotta
                dentro ogni attimo di respiro.

                Non servì a nulla il suo lamento, non stavolta,
                seppur tanti vidi piangere la sua sofferenza.

                Nessuno armò se stesso di coraggio però,
                nessuno sacrificò davvero per lei quanto a parole elargivano con grande superbia.
                Stettero nelle loro colpevoli lacrime.

                E infine, quando spensi la sua vita prima che urlasse un'ultima parola,
                Potei finalmente dire quanto di più forte abbia mai sentito in me,
                in silenzio, io,
                unico a rispettare quella indegnità,
                sconfitta.

                Per amore di Dio, Giustizia è fatta.
                Roberto Di Nardo
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                  Scritta da: Roberto Di Nardo

                  Che poi ci pensi

                  Che poi ci pensi
                  a quei giorni passati oscurati
                  da ricordi perduti e forse nemmeno vissuti

                  Che però fanno parte del tempo in cui sei,
                  o sei stato.
                  Qualcosa che non ti appartiene
                  eppure al momento a prenderti il posto non c'era nessuno.

                  E ti chiedi chi sei.
                  O che cosa sia poi diventato il tuo senso a osservare.

                  Da certezze che imprimi a marchiare il tuo cuore
                  ti ci aggrappi sia per saltare,
                  per poterti rialzare al cadere,
                  ed in fondo, sempre col sogno di potersi aprire a volare.

                  Ma...
                  forse son proprio i frammenti perduti
                  che ci legano a terra.

                  Firmatari di soliti accordi,
                  compromessi addolcenti ricatti sociali
                  convenzioni da strette di mani sudate.

                  Il problema non è "non avere le ali"
                  ma mancare perenne in qualcosa,
                  e non chiamo coraggio, nemmeno ambizione
                  no,

                  son le piccole cose perdute.
                  Roberto Di Nardo
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                    Scritta da: Roberto Di Nardo

                    Tutti i colori del buio

                    E di quale buio era il cielo irridente quel giorno, dal sole dipinto d'azzurro?
                    Quale il buio sull'asfalto rovente macchiato di rosso?

                    E la rabbia stretta nel petto a imprecare ad un dio che no, non esiste?
                    Il dolore a strappare la carne per vuotare l'anima intrisa nel sangue?

                    È più buia una notte che scende a sentirsi fin dentro le ossa?
                    O il colore dei giorni a venire,
                    dall'istante che di te assenza resta, fino all'ultimo dei miei respiri?
                    Roberto Di Nardo
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