Scritta da: Oriella Beretta
in Poesie (Poesie d'amore)
Riempire
Vorrei un "ti amo"
che riempia tutti
gli angoli del mio cuore,
tutti i vuoti della mia vita.
Vorrei un "ti amo"
che non abbia paura d'amarmi.
Composta martedì 29 ottobre 2019
Vorrei un "ti amo"
che riempia tutti
gli angoli del mio cuore,
tutti i vuoti della mia vita.
Vorrei un "ti amo"
che non abbia paura d'amarmi.
Nascondo le mie paure
di fronte a chi
vuol farmi sentire debole
per poi confessare
le mie fragilità
a chi mi fa senire forte.
Mi ritrovo a danzare
su una nota infinita
da quando questo amore
ha aggiunto la musica
alla canzone della mia vita.
Questo amore
usa i miei sogni
per fingere
d'esistere.
Stronza. Innamorata. Una bastarda
Ma fatta di amore.
Quell'amore che non riesci a controllare,
che ti fa impazzire.
Sono quel che volevi, anima e cuore,
impulsiva e dolce, tutto insieme
fino a non capire cosa sono.
Dolce. Impulsiva.
Racchiudimi in questo momento
perché sai di avermi.
Ecco! Ora puoi, perché vuoi essere tu
a sentirti dominatore ed io vittima.
Invece noi ci interscambiamo.
Sempre in lotta mentre facciamo amore.
Voglio sentirti gridare io ora il mio nome.
Saremo pianto nel pianto, ma di gioia.
perché vorrei essere una tua lacrima.
No, stavolta fino alla fine:
voglio essere pioggia, e tu il sole.
La pioggia dentro al sole
e faremo un bel temporale.
Perché siamo lacrime che scendono dal cielo
anime viaggianti, sotto lo stesso sole.
e corriamo tra i temporali.
Annoiato e arrossato di rabbia
che da qualche ora si sbatteva nella finestra oscurata,
cominciò a lanciare delle frecce bollente
sulle palpebre ancora chiuse fortemente.
Oh, che carino, poveretto Sole...
per la prima volta lo trascurai
dimenticai anche di salutare il mondo...
Avevo capito: il mattino stava per andare
così, di fretta alzai la serranda, aprii la finestra
e con un sorriso un po' storto e gli occhi quasi aperti, lo salutai con il pensiero
perché il globo d'oro rosso tondo tondo
mi picchiò dalla retina al cervello,
che non vedevo più ne terra e ne cielo...
poi, come scusa mi regalò un papavero grande, grosso
Ho cominciato a vedere tutto in rosso:
un campo enorme di fiori con quattro petali scarlatti
e a forma di stella dei stimi raggiati
delicati, selvaggi ma saggi che volevano raccontare la loro storia: come il rosso sangue li difende dal vento, ma se li porti dentro,
perdono subito tutto il loro abbigliamento:
i petali leggeri e soavi muoiono.
Dicevano di essere i figli di una Dea e sorridendo domandarono se ne avevo sonno ancora...
Peccato che erano così lontano, proprio nel racconto del Sole
Non li potevo baciare, nemmeno toccare...
Sul tardi mi buttai sul letto come i bambini
con un lecca-lecca guardando il rossetto
che rimaneva sopra come un'impronta di petalo di papavero rosso.
Di notte, si affacciò Dio del sonno, con un mazzo di papaveri tra le braccia.
Mi sussurro di chiudere le finestre, abbassare le serrande e di pensare solo a te.
Obbedii: vestita solo del loro nero profumo
ti accarezzai il viso, dolcemente, come un angelo dal paradiso
ma non senza farti un invito all'amore
con passione e ardore
Perché sai, Il papavero non è soltanto il fiore della consolazione, è troppo rosso, rosso sangue...
E poi, perché credi che questo estate è rimasto con noi così tanto sennò per contare, anche una volta sola, le macchie rosse dei campi e per amarci almeno una volta sola,
anche così, da lontano, perdutamente, come i papaveri nel vento...
o nel campo di grano.
Con te, vivo in un sogno
mi trovo troppo spesso a rubarti baci
ne ho bisogno per rivivere
sono un toccasana.
Non devo fare altro, che baciarti
devo ripeterti sempre la stessa preghiera
nell'incrociarti nei sogni ti bacio
dolce, provocante, ed io ti bacio
senza fermarmi,
rischiando di perdere quel dolce sapore
invece tu, tenera, amante, dai un gusto nuovo
ai baci avvolgenti che mi rapiscono
istanti che trasformi in preghiere
anche questa notte, sto sognando con te.
Silenziosamente
i giorni scivolavano
come foglie d'autunno,
mentre il dolore
ci aveva avvicinati,
e la mancanza, quella voglia
irrefrenabile di starti vicino,
placava ogni tormento.
Mi mancavi, mi mancava
l'incontro con i tuoi occhi,
pur afferrando un ricordo,
mi ero persa, non ti trovavo più,
si celavano singhiozzi
senza fiato e ogni silenzio
colpiva la mia voce,
era un nodo in gola,
poi l'ultima foto,
sorriso finto, viso scarno,
non eri tu...
Ormai di giorni ne erano rimasti
molto pochi, ci eravamo persi
di nuovo, come pensieri etichettati
all'unisono, un addio cementato
su futili parole, tutto stava
lentamente scomparendo,
anche tu, come l'ultima
foglia d'autunno.
Non era niente,
ma quel niente
per me fu tutto.
Tutto e niente.
Eri tu, ero io...
Eravamo noi
ed a me questo
bastava.
Ottantamila persone incontrai nella mia vita.
In centossessantamila occhi mi imbattei.
Solo sui suoi però rimasi fermo.
Mi contorsero l'anima.