Passò strosciando e sibilando il nero nembo: or la chiesa squilla; il tetto, rosso, luccica; un fresco odor dal cimitero viene, di bosso. Presso la chiesa; mentre la sua voce tintinna, canta, a onde lunghe romba; ruzza uno stuolo, ed alla grande croce tornano a bomba. Un vel di pioggia vela l'orizzonte; ma il cimitero, sotto il ciel sereno, placido olezza: va da monte a monte l'arcobaleno.
La bufera che sgronda sulle foglie dure della magnolia i lunghi tuoni marzolini e la grandine, (i suoni di cristallo nel tuo nido notturno ti sorprendono, dell'oro che s'è spento sui mogani, sul taglio dei libri rilegati, brucia ancora una grana di zucchero nel guscio delle tue palpebre) il lampo che candisce alberi e muro e li sorprende in quella eternità d'istante - marmo manna e distruzione - ch'entro te scolpita porti per tua condanna e che ti lega più che l'amore a me, strana sorella, - e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere dei tamburelli sulla fossa fuia, lo scalpicciare del fandango, e sopra qualche gesto che annaspa... Come quando ti rivolgesti e con la mano, sgombra la fronte dalla nube dei capelli, mi salutasti - per entrar nel buio.
Vola, canzone, rapida davanti a Lei e dille che, nel mio cuor fedele, gioioso ha fatto luce un raggio, dissipando, santo lume, le tenebre dell'amore: paura, diffidenza e incertezza. Ed ecco il grande giorno! Rimasta a lungo muta e pavida - la senti? - l'allegria ha cantato come una viva allodola nel cielo rischiarato. Vola, canzone ingenua, e sia la benvenuta senza rimpianti vani colei che infine torna.
The brawling of a sparrow in the eaves, The brilliant moon and all the milky sky, And all that famous harmony of leaves, Had blotted out man's image and his cry.
A girl arose that had red mournful lips And seemed the greatness of the world in tears, Doomed like Odysseus and the labouring ships And proud as Priam murdered with his peers;
Arose, and on the instant clamorous eaves, A climhing moon upon an empty sky, And all that lamentation of the leaves, Could but compose man's image and his cry.
Quattro stagioni fanno intero l'anno, quattro stagioni ha l'animo dell'uomo. Egli ha la sua robusta Primavera quando coglie l'ingenua fantasia ad aprire di mano ogni bellezza; ha la sua Estate quando ruminare il boccone di miel primaverile del giovine pensiero ama perduto di voluttà, e così fantasticando, quanto gli è dato approssimarsi al cielo; e calmi ormeggi in rada ha nel suo Autunno quando ripiega strettamente le ali pago di star così a contemplare oziando le nebbie, di lasciare le cose belle inavvertite lungi passare come sulla siglia un rivo. Anche ha il suo Inverno di sfiguramento pallido, sennò forza gli sarebbe rinunciare alla sua mortal natura.
Il desiderio di ricchezza del sottoproletariato romano
Li osservo, questi uomini, educati ad altra vita che la mia: frutti d'una storia tanto diversa, e ritrovati, quasi fratelli, qui, nell'ultima forma storica di Roma. Li osservo: in tutti c'è come l'aria d'un buttero che dorma armato di coltello: nei loro succhi vitali, è disteso un tenebrore intenso, la papale itterizia del Belli, non porpora, ma spento peperino, bilioso cotto. La biancheria, sotto, fine e sporca; nell'occhio, l'ironia che trapela il suo umido, rosso, indecente bruciore. La sera li espone quasi in romitori, in riserve fatte di vicoli, muretti, androni e finestrelle perse nel silenzio. È certo la prima delle loro passioni il desiderio di ricchezza: sordido come le loro membra non lavate, nascosto, e insieme scoperto, privo di ogni pudore: come senza pudore è il rapace che svolazza pregustando chiotto il boccone, o il lupo, o il ragno; essi bramano i soldi come zingari, mercenari, puttane: si lagnano se non ce n'hanno, usano lusinghe abbiette per ottenerli, si gloriano plautinamente se ne hanno le saccocce piene. Se lavorano - lavoro di mafiosi macellari, ferini lucidatori, invertiti commessi, tranvieri incarogniti, tisici ambulanti, manovali buoni come cani - avviene che abbiano ugualmente un'aria di ladri: troppa avita furberia in quelle vene...
Sono usciti dal ventre delle loro madri a ritrovarsi in marciapiedi o in prati preistorici, e iscritti in un'anagrafe che da ogni storia li vuole ignorati... Il loro desiderio di ricchezza è, così, banditesco, aristocratico. Simile al mio. Ognuno pensa a sé, a vincere l'angosciosa scommessa, a dirsi: "È fatta, " con un ghigno di re... La nostra speranza è ugualmente ossessa: estetizzante, in me, in essi anarchica. Al raffinato e al sottoproletariato spetta la stessa ordinazione gerarchica dei sentimenti: entrambi fuori dalla storia, in un mondo che non ha altri varchi che verso il sesso e il cuore, altra profondità che nei sensi. In cui la gioia è gioia, il dolore dolore.