Poesie inserite da Christabella del Mar

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Scritta da: Christabella del Mar

Solitudine in due

E se devo ridere, devo finire piangere.
Stasera sento la solitudine in due:
io e la mia ombra che l'ho fatta correre.
E si allontana veloce, è sempre più lontana
ché non riesco a sentire più
il battito della vita, il suo polso
al ritmo di caffeina e nicotina
quando accende un fiammifero dentro il cuore.
E se non vuole più battere
se smette di bussare,
forse vuole stare.
Composta mercoledì 29 aprile 2020
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    Scritta da: Christabella del Mar

    L'occhio della Madonna

    Terra fresca.
    Odore di umido e morte
    su quella terra profanata da parecchie ruote
    che pressano e passano,
    ripassano, nascondono,
    in fosse abissali, cadaveri buttati.
    La plastica asfissia, annulla il pensiero
    anche di una fantasma che pregherebbe il cielo
    per un addio, un perdono o un sonno
    di una boccata di primavera o di ossigeno.
    Fantasmi muti, angeli ignoti
    nessun insegno, nomi o volti.
    Soltanto plastica e morti troppo morti.

    Dalla rugiada triste del mattino
    ritorna alle sue asiatiche origini un fiorellino:
    azzurro come il cielo che abbraccia il tramonto
    viola come l'iride che guarda luna piena
    tondo, intenso, pronto per un racconto.
    Così rinacque all'Iran "L'occhio della Madonna",
    speranzoso fiore dall'Asia sud-occidentale
    l'unica bandiera della primavera, segno vitale
    essenza di profumo, di tempo eterno,
    una lacrima sacra celeste che cresce
    laddove la morte parlare non riesce.
    Fosse comuni, cadaveri sigillati
    nessun altro lo sa dove sono buttati...
    L'occhio della Madonna riprende la corona,
    il suo regno, la sua terra e il vento caldo
    porta via la miasma di umido e morte
    e mormora frusciando la prima preghiera
    e fa risorgere all'alba anche la primavera.
    Composta lunedì 27 aprile 2020
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      Scritta da: Christabella del Mar

      Nontiscordardimé

      Nel cimitero comune con croci in plastica,
      in modo silenzioso, ha invaso un campo di fiori.
      Hanno coperto la terra, con le teste piccoline
      spuntate tra i sassi sparsi verso le colline.
      Li riconosci solo da vicino, talmente piccoli ci sono,
      e si nascondo tra le erbe se ti metti a guardarli
      e fanno finta che li viene il sonno.
      Niente no accade in mondo senza senso
      se ti domandi perché proprio là...
      Ti dice il loro nome quasi tutto
      son fiori di Nontiscordà'
      È la paura dei cadaveri sepolti
      che temono l'oblio e l'anonimato
      e questi fiori piccoli, azzurrini
      fanno le guardie dei spiriti e dell'abitato.
      Presenza loro è una meraviglia,
      una leggenda del ricordo di un nome,
      un urlo disperato verso il mondo, verso il Dio.
      Il Signore, dopo aver creato il mondo
      scese per dare un nome a tutte le cose.
      Ha dato nomi a tutti i fiori, ispirato dai colori e profumi
      ma quello piccolino, azzurrino, anche a Dio li sfuggì.
      Triste e intimidito, visto che Dio se ne andò,
      chiamò dicendo: "Signor, ti prego! Non ti scordare di me!"
      Dio rispose, poi benedicendolo, se ne andò:
      "Così come ti sei rivolto al Signore,
      così per sempre tu ti chiamerai: Nontiscordardimé!"
      E sapendo bene quanto è facile dimenticare
      i fiorellini delicati di colore come un abbraccio
      tra il cielo soleggiato e il mare,
      ci tengono la mente fresca per non scordare
      la cenere dei crematori buttata in vento o sul mare,
      per non dimenticare il 2020 e tutti i morti,
      parenti, amici, sconosciuti o i vagabondi.
      Tutti abbiamo perso un po' di tutto
      ma se perdiamo anche la memoria,
      i sacrifici perdono il valore, il senso
      e tutto viene cancellato, viene perso.
      Non scordiamo i morti, sono sempre i nostri!
      Incinerati o sepolti, con croci in plastica e senza nome,
      fosse comuni o lettere dorate e corone enorme.
      I morti sono morti e sono uguali,
      siamo noi diversi, profondi o superficiali.
      Composta lunedì 27 aprile 2020
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        Scritta da: Christabella del Mar
        Tutti i giorni quando vado a piedi nudi
        per svegliar con l'acqua fredda gli occhi ancor socchiusi
        ritrovo quadri, bambole di stoffa e altre meraviglie
        pazzi ricordi, gioia, nostalgia
        Alcuni sono i miei,
        altri sono dalle famiglie dei sogni
        che si attaccano di notte al soffitto.
        E. la mattina non saprei che è mattina
        se qualche voce della casa
        non scapperebbe sulle labbra
        un bel "buongiorno".
        Allora mando a dormire il sogno.
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          Scritta da: Christabella del Mar

          Torna a casa!

          Sei uscito con la nave spaziale per portar qualcosa di speciale
          per il compleanno della piccola selene e un alberello vivo per Natale.
          Però, amore, guarda sulla terra è arrivata già la primavera...
          ma non è questo, qui il tempo non scorre come sulla terra
          me hanno detto che hai avuto con un'altra nave, guerra
          che tutto è andato male che tutto è distrutto,
          che non c'è tempo da sprecare che l'universo è in lutto.
          Che tutti quanti sono morti perduti tra le stelle
          e sulla terra son cadute migliaia particelle
          i resti si trasformano in aghi e coltelli
          nei virus invisibili, potenti come i ferri
          e per la gente son i forti, temuti guerrieri.
          Il tuo posto non è là, devi tornar a casa!
          Senza capire dove siete, avete ucciso in massa
          la gente piange in ginocchio, i morti nella cassa.
          È troppo fumo, troppo chaos, hanno pers ogni speranza
          raccogli ogni particella, seguimi la voce e torna casa
          selene aspetta il regalo, ci manchi da morire.
          Ma per il mondo non sei altro che simbolo della fine.
          Stanno per arrivare. Ti porteranno a casa
          ti faranno un intero, com'eri una volta
          apri piano le gabbie, segui le voci che ti chiamano
          dal ricordo del nostro amore.
          Mi sono messo i tuoi capi, per essere sicura che non puoi fallire
          per non dimenticare il tuo profumo, per star tranquilla che vuoi venire.
          Voglio che tu sia tutto come prima, voglio l'uomo che cerava un abete per Natale
          voglio il tuo amore che mi sa togliere il respiro che mi strozza il collo di passione e mi asfissia di baci
          basta se torni, ricominciamo tutto da capo
          faremo un nuovo mondo per tutti che hanno perduto il loro.
          Un altro universo parallelo per continuare vivere a lungo e in buona salute
          nella convinzione che tutto è stato solo un sogno verso il paradiso.
          Niente non sarà come prima, ma avranno l'amore
          saranno felici con i loro cari, con l'intera famiglia.
          Li porteremo anche la primavera rubata e forse, capirà, ognuno a modo suo, che tuttò sto disastro è stato un incidente.
          Composta sabato 28 marzo 2020
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            Scritta da: Christabella del Mar

            Sbocciano fiori di pietra alle mie dita

            Sbocciano fiori di pietra alle mie dita
            mentre con lo sguardo bevo il cielo che mi nutre
            con voli di tulipani
            e distese di grano
            che allargano i miei polmoni in campi di carne.

            Busso alle porte del tuo segreto
            con rintocchi di campana
            e grida di cornacchia
            e scheggio le mie unghie sulla corteccia.

            Ho piedi marini e braccia come sentieri
            mentre i miei capelli stormiscono alle cime degli alberi
            ed il mio viso si scioglie
            nella corrente dei fiumi.

            La luce del sole nutre la mia pelle
            dove riposa ancora latte di stelle
            ed il sospiro della notte
            che tutto trova e tutto perde.

            Busso alle porte del tuo segreto
            con rintocchi di campana
            e grida di cornacchia
            e scheggio le mie unghie sulla corteccia.

            Esploro il tuo viso nel riflesso delle foglie
            ed ascolto la tua voce nella caduta del sasso sul fondale;
            così catturo un volo di polline
            per fartene collane e bracciali
            ed incendio cataste di fiori per vestirti di fumo.

            Nella radice dell'occhio vive la tua presenza
            e nel cavo delle mani mi riscalda la tua assenza:
            mi siedo sulla terra e bevo il tuo segreto
            fatto di pietre e grano.
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              Scritta da: Christabella del Mar
              Il cielo è nero fumo che voltola, sfiocca, imperversa
              come a un fiato d'incendio. Corron ruote di cenere
              per l'infinito campo: borghi d'ocra e fuliggine
              si riproducono e ripercotono.
              Tutto fugge come a un fosco mare.
              Le case impallidiscono di spasimi sulle montagne,
              mostrano i mille occhi alle palpebre chiuse,
              i lampi sono rosei
              come i filari efimeri delle gambe alle ballerine
              in passo finale.
              Le folgori sono come bisce verdi e violette
              spesso han vene di sangue a capo, a coda. Sparve
              la scena dè monti lontani.
              S'opaca la distanza.
              Eccoli dispariti.
              Una dolomia, sola, il chiaro picco mantiene, alto,
              in un canto de la nerezza, teso.
              Piovon tutte le acque,
              a gocce, a schegge, a frecce, a micce ebbre di fuoco.
              Gli uccelli fuggono gli occhi accesi dei gatti saliti sulle piante:
              i gatti fuggono le spire di bragia
              delle folgori:
              le foglie degli alberi tremano per l'universo.
              Io m'abbandono
              a tutti i fiumi oscuri di me stesso che straripano.
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                Scritta da: Christabella del Mar

                Lacrima (Maggio 1872)

                Lontano dagli uccelli, dagli greggi, dalle contadine,
                io bevo, accoccolato in qualche brughiera
                circondata da teneri boschetti di noccioli,
                in una tiepida e verde foschia pomeridiana.

                Che mai potevo bere in quella giovane oise,
                olmi senza voce, erba senza fiori, cielo coperto.
                Che cosa succhiavo alla zucca di colocasia?
                Forse un liquore d'oro, insipido, che fa sudare.

                Sarei stato, così a, una brutta insegna di locanda
                poi il temporale mutò il cielo, fino sera.
                Furono paesi neri, laghi, pali,
                colonnati sotto la notte blu, stazioni.

                L'acqua dei boschi si perdeva su sabbie vergini,
                il vento dal cielo, gettava ghiaccioli sugli stagni...
                e dire che, come un pescatore d'oro o di conchiglie,
                non mi sono nemmeno preoccupato di bere.
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                  Scritta da: Christabella del Mar

                  Meglio l'isteria che la pandemia!

                  C'illudiamo tanto nella vita
                  mentendo spesso e volentieri.
                  È ora scrivere con dei sorrisi e le dita
                  'na storia fatta con mattoni di pensieri,
                  di desideri forti, anche folli
                  che non si perdono sui sentieri
                  di solitudine e di controlli.
                  Fingiamo che ci piace sta vacanza
                  che non esiste una pandemia
                  scriviamo col termometro per aria
                  ch'è solo una maledetta allergia.
                  E se hai pianto troppo i tuoi cari
                  da colpa all'astenia, all'isteria.
                  Vedrai che il virus perde la corona
                  vedendo scritto ALLEGRIA.
                  Composta martedì 7 aprile 2020
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