Le migliori poesie inserite da Elisabetta

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Scritta da: Elisabetta

L'ingiustizzie der monno

Quanno che senti di' "cleptomania"
è segno ch'è un signore ch'ha rubbato:
er ladro ricco è sempre un ammalato
e er furto che commette è una pazzia.

Ma se domani è un povero affamato
che rubba una pagnotta e scappa via
pe' lui nun c'è nessuna malatia
che j'impedisca d'esse condannato!

Così va er monno! L'antra settimana
che Yeta se n'agnede cór sartore
tutta la gente disse: - È una puttana. -

Ma la duchessa, che scappò in America
cór cammeriere de l'ambasciatore,
- Povera donna! - dissero - È un'isterica!...
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    Scritta da: Elisabetta

    La parabola della vita

    A 5 anni: mio papà sa tutto;

    a 10 anni: mio papà sa quasi tutto;

    a 15 anni: ci sono molte cose che mio padre non sa;

    a 20 anni: mio padre non capisce niente;

    a 30 anni: è inutile parlare con mio padre, non c'è dialogo;

    a 40 anni: chiederò consiglio a mio padre;

    a 60 anni: ah, se avessi ancora mio padre!
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      Scritta da: Elisabetta

      L'orloggio cór cuccù

      È un orloggio de legno
      fatto con un congegno
      ch'ogni mezz'ora s'apre uno sportello
      e s'affaccia un ucello a fa' cuccù.
      Lo tengo da trent'anni a capo al letto
      e m'aricordo che da regazzetto
      me divertiva come un giocarello.
      M'incantavo a guardallo e avrei voluto
      che l'ucelletto che faceva er verso
      fosse scappato fòra ogni minuto...
      Povero tempo perso!
      Ogni tanto trovavo la magnera
      de faje fa' cuccù per conto mio,
      perché spesso ero io
      che giravo la sfera,
      e allora li cuccù
      nun finiveno più.

      Mó l'orloggio cammina come allora:
      ma, quanno vede lo sportello aperto
      co' l'ucelletto che me dice l'ora,
      nun me diverto più, nun me diverto...
      Anzi me scoccia, e pare che me dia
      un'impressione de malinconia...
      E puro lui, der resto,
      nun cià più la medesima allegria:
      lavora quasi a stento,
      o sorte troppo tardi e troppo presto
      o resta mezzo fòra e mezzo drento:
      e quer cuccù che me pareva un canto
      oggi ne fa l'effetto d'un lamento.
      Pare che dica: - Ar monno tutto passa,
      tutto se logra, tutto se sconquassa:
      se suda, se fatica,
      se pena tanto, eppoi...
      Cuccù, salute a noi!
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        Scritta da: Elisabetta

        L'insensatezza dei miei pensieri

        Per te,
        che sai essere così
        cristallinamente vera.

        Per te,
        che con tue parole rendi meno gravosa,
        la mia necessaria e malinconica solitudine.

        Per te,
        che adori le tue favole
        che profumano di soave semplicità,
        in risvolti infantili di matura saggezza.

        Per te,
        che ricordi la libertà
        di poesie indispensabilmente amare.

        Per te,
        che con tutta la tua grinta,
        sai assopirti
        perdendoti in nuvole di note.

        Per te,
        Eli.
        Composta martedì 25 agosto 2009
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          Scritta da: Elisabetta

          Il pane

          Il Pane
          Le filastrocche dei mestieri.

          S'io facessi il fornaio
          vorrei cuocere un pane
          così grande da sfamare
          tutta, tutta la gente
          che non ha da mangiare.

          Un pane più grande del sole,
          dorato, profumato
          come le viole.

          Un pane così
          verrebbero a mangiarlo
          dall'India e dal Chilì
          i poveri, i bambini,
          i vecchietti e gli uccellini.
          Sarà una data
          da studiare a memoria:
          un giorno senza fame!
          Il più bel giorno di tutta la storia.
          Composta giovedì 27 ottobre 2011
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            Scritta da: Elisabetta

            I ragazzacci

            Mamma mia, che gran casino,
            oggi in strada e nelle piazze,
            han cominciato dar mattino,
            a strillà e a sbatte tazze.

            Era pieno de pischelli,
            indignati e sorridenti,
            perlopiù dei sbarbatelli,
            ma ner cor pieni d'intenti.

            Chissà che ci hanno ner cervello,
            sarà la paura der domani,
            slogan a iosa e in ritornello,
            battendo er tempo con le mani.

            Ma a quarcun questo nun piace:
            er sol promesso nun s'oscura,
            meglio er popolo che tace,
            che 'na protesta de bambini... ma matura!

            Padri, annate a ripiglialli,
            co' l'elmetto e li bastoni,
            stanno a fà un po' troppo i galli,
            meglio voi già pecoroni!

            Ecco allora che solerti,
            parton militi obbedienti,
            picchian duro sull'inerti,
            spaccan teste e pure denti!

            Ma il divino nun fa sconti,
            e je prepara la fattura,
            per la sera già pareggia i conti,
            de 'sta giornata de tortura.

            Quanno er padre torna a cena,
            stanco toglie la divisa,
            ma di fronte ci ha 'na scena,
            che pe' 'n bel po' n'avrà più risa.

            La moje piagne a più nun posso,
            er figlio ci ha quattr'ossa rotte,
            in piazza gli hanno dato addosso,
            e in faccia de sangue è ancora rosso!

            (Dedicato alle forze dell'ordine e ai loro figli oggi in piazza )
            Composta venerdì 5 ottobre 2012
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              Scritta da: Elisabetta

              Il denaro

              Il denaro può comprare una casa ma non un focolare.
              Può comprare un letto ma non il sonno.
              Può comprare un orologio ma non il tempo.
              Può comprare un libro ma non la conoscenza e la saggezza. Può comprare una posizione ma non il rispetto.
              Può pagare il dottore ma non la salute. Può comprare il sesso ma non l'amore.
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