Scritta da: Spensierato
in Poesie (Poesie personali)
La
Ma
Mate
Matematica
Con numeri giocare
Una sequenza logica presto creare
Dietro poi ritornare
Esagerare
Non fare
Mate
Ma
La
FIBONACCI.
Composta venerdì 30 giugno 2017
La
Ma
Mate
Matematica
Con numeri giocare
Una sequenza logica presto creare
Dietro poi ritornare
Esagerare
Non fare
Mate
Ma
La
FIBONACCI.
Lentamente sfiori la pelle con le dita...
dal primo bacio energico
al secondo dopo magico
quando inizia l'istinto a prevalere
sul freno inibitorio nato per dovere
l'attimo in cui la voglia ti porta
veloce la maglia alzi sempre più corta
poi la mano a far passare inizi
dietro la schiena e in mente troppi vizi
ora la testa smette di ragionare davvero
l'animale istinto è diventato sempre più vero
al lettore lascio dunque continuare
con il pensiero un proprio immaginare
finisco quindi con la cosa proibita
lentamente sfiori la pelle con le dita.
Il desiderio.
D'estate giulivo d'inverno spettrale,
contrar alla primavera d'autunno il color.
Da sempre vissuto nel loco Natale,
se non da rea mano spostato per or.
Di quel dell'albero bizzarro il destino
davanti ad ogni re giammai un inchino
eppur non si è mai offeso nessun regio,
di non aver concesso ad altri un simil privilegio.
L'albero.
Arrivi con lo sguardo a quel da ombra dimenticato
da te, vita, la natura ha facilmente catturato
chi te, sfidato con occhi ha osato
la vista cieca ed un inchino hai strappato.
Capisco chi nel tempo ti abbia divinizzato
convinto dai tuoi colori arancio e giallo d'orato
con giochi di luce da effetto incantato
l'uomo credente con te, nel tempo ha giocato
parlando del tempo; sempre te hai dettato!
Con l'alba ed il tramonto le stagioni ci hai dato
troppo spesso però ti diamo per scontato
scordando che senza te, niente avrebbe significato.
Sole.
Spigoloso rettangolo di legno contornato
miste figure di colore sognato
la mano vive nei segni tracciati
di chi con la vista le avea catturati
nel tempo sarà di libera espressione
sottoposto dagl'occhi di propria ragione
a noi l'immagine soltanto resterà
dell'attimo in cui l'autore sempre vivrà.
Il quadro.
Lentamente da quel di oca posato,
su quel foglio di bianco colorato
scivolando su quello che incontra
fa sì che lo scrittore dia la sua impronta.
Posie, lettere e romanzi verran creati
da chi con maestria le avea inventati
dagl'occhi d'un giovine letti verranno
al fin portatori di sogni saranno.
Inchiostro.
Blu,
immensamente blu,
ripetutamente blu,
unicamente blu,
provi a capirlo alzando il naso,
farlo tuo e sentirti il padrone,
ma così piccolo sei tu dovuto dal caso
che ti resterà solo la delusione.
Cielo.
Io dico grazie,
perché a vivere di grazie ho già imparato,
emozioni di sostanza ho costruito,
e cancelli a pugni stretti nelle mani ho disegnato,
sentimenti verso polveri cadute ho conservato,
continuando a camminare contro tempo,
nei ritagli ho visto facce dentro il vento.
Vivo dentro me.
in un mondo dove i sogni getto via.
Perché a stare nei cassetti,
voglio posto per gli insetti,
con carcasse d'ali rotte,
tra pastiglie per la notte,
c'è un martello per le botte.
Io dico grazie,
modellando dubbi in pietra ed in cemento,
trasformando statue d'ombra a monumento,
vuoti a perdersi in bottiglie consumate d'allegria,
vetri in acqua frantumata in fonte di malinconia,
e a cercare gemme rare per la mente,
ho scoperto che c'è un'anima invadente.
Resto dentro me.
Perché a stare nei cassetti,
voglio posto per gli insetti,
con carcasse d'ali rotte,
tra pastiglie per la notte.
c'è un martello per le botte.
Io dico grazie,
a chiunque mi venisse poi a cercare,
i pensieri li ho disseminati ai matti,
il mio cuore è stato il dono per amare,
e quell'anima invadente è in mezzo ai gatti.
L'avevo detto io, dice
il grillo nell'osservar tutto
quello strepitio* (proteste
e disagio). Ora che l'acqua
manca, valla a comprar
a Salamanca! Vedrai
quanto alti saranno i costi
e bene assemblerai che
tanto e assai siamo stati
tosti* (sui no ai dissalatori).
In questi giorni di fine luglio con un sole che pizzica
la mia calva, con più di settant'anni che porto addosso,
ho seguito da lontano insieme alla mia cagna malamute
come un uomo solo con una enorme mietitrebbiatrice
in poche ore ha fatto fuori molti ettari di buon grano.
Seduto su un masso con accanto la cagna e il rumore
della macchina che avanzava vedevo sparire le spighe
e il campo che restava aveva perduto le leggere onde
guardando il cielo azzurro con dei recisi capelli gialli
rimasti nel terreno come se fosse passato un barbiere.
Che differenza da quando ero bambino nella mia Lucania
vedendo mia madre e tante altre farsi il segmo di croce
prima di mettersi i ditali di canna e iniziare a tagliare
quelle belle spighe inclinate verso terra per baciarla
formando tanti covoni che poggiati sembravano fratelli.
Poi venivano trasportati sul carro, messi sulla rotonda aia
aspettando gli zoccoli degli animali per far uscire il grano.
All'ora si mangiava insieme bevendo un sorso di un buon vino
per prendere il vaglio e con il buon vento separare la paglia
mentre i chicchi cadendo a terra formavano piccole piramidi.
Adesso comprendo perché il pane che ogni giorno compriamo
non ha lo stesso sapore dei forni a legna del mio passato.
La farina non è più pura e sicuramente ha strane sostanze
perché il pane indurisce presto e non arriva fresco a domani.
Grano, farina e pane hanno bisogno di carezze, amore e mani.