Poesie personali


Scritta da: Umberto Zavagno
in Poesie (Poesie personali)

Un pennello nero

L'acqua trascina il liquame
e
fra colori diversi dal verde
un bimbo emerge gridando eccitato
nella mano stringe una bambola
dalla riva fra scatole e altro
un cenno e un sorriso
se passano aerei e carri
non sono rovine diverse
sempre qualcuno osa un sorriso
così riprende la vita.

Fra tanto non senso
credere che un Lazzaro risorga
alle parole dello speculatore
o al direttore del personale
la scienza del sorriso
non è quella di un bambino
quei dentini non vedono inganni
il sole e l'azzurro del cielo
le braccia aperte e le corse
ma
c'è sempre un pennello nero.

Tanti scrittori e poeti
bastano frasi d'amore?
Tutte cose che imbrattano tele
ma il cuore cammina solo
dal piedistallo la statua tenace
fissa e si compiace
sulla spiaggia
carta, plastica, lattine
tutto appare normale
finché la corsa del bimbo
si spegne in un pianto
un vetro ha fatto la sua vittima
ma un bimbo
ha negli occhi il sole e il cielo
il sorriso ritorna disattento
riprende la vita
e anche
quel pennello nero.
Composta lunedì 7 giugno 2010
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    Scritta da: Renzo Mazzetti
    in Poesie (Poesie personali)

    Dodicesima "stazione" (un minuto e 46 secondi)

    L'aratro fitto nell'amata terra
    seguiva silenzioso
    le orme lasciate dalle vacche
    ansanti nella fatica.
    Il contadino seguiva
    curvo e attento incitatore
    manipolando, scansando, allineando.
    E alla sera trovava vicino al fuoco
    il centenario suo padre
    dal quale ascoltava
    l'insegnamento della natura.
    Questo accadeva un tempo
    ma oggi il contadino è diventato operaio
    e l'aratro è catena di montaggio.
    Prima v'era la natura, oggi tutto è tecnologia.
    Nulla in contrario
    per quel che riguarda la tecnologia
    ma tutto contro, e per questo io lotto,
    il potere tecnocratico
    che istruisce i cervelli
    trasformandoli in computers
    i quali a loro volta trasformano
    altri uomini in altrettante macchine
    che costruiscono altre macchine metalliche.
    Ho visto un giovane che era già vecchio
    e un vecchio quasi morto
    estraniato, sommessamente vegetante.
    Ma non era vecchio:
    Aveva appena cinquanta anni!
    Ed è già passata una vita:
    Alzati ragazzo alle cinque del mattino
    poi un'ora di viaggio.
    Alle sei suona la sirena
    parte la catena di montaggio
    e alla dodicesima "stazione"
    lavori alla velocità
    di un minuto e 46 secondi.
    Primo:
    montare la ruota anteriore
    usando l'apposita "zeppa"
    dopo essersi assicurati
    che sia del tipo richiesto
    e non presenti ossidazioni.
    Secondo:
    centrare il parafango anteriore
    rispetto alla ruota.
    Terzo:
    montare: (prendere il bulloncino,
    infilarvi la rondella e lo spessimetro.
    Prendere il filo e infilarvi la bussolina
    curvandolo nell'apposito supporto
    e infilarlo nel foro del mozzo,
    infilare la rondella e il dadino.
    Prendere la pinza e la chiave
    e bloccare il tutto tirando il filo).
    E registrare il freno anteriore
    senza che la ruota risulti frenata
    assicurandosi che il freno sia teso il più possibile.
    Torna a casa
    e dopo cena
    accendi il televisore
    e guardati "Carosello"
    ma già dormi prima che sia finito.
    Alzati ragazzo
    sono le cinque del mattino
    e tra un'ora
    ti aspetta la catena di montaggio.
    Alzati marito
    sono le cinque del mattino
    e tra un'ora
    ti aspetta la catena di montaggio.
    Alzati padre
    sono le cinque del mattino
    e tra un'ora
    ti aspetta la catena di montaggio.
    Alzati nonno
    sono le cinque del mattino
    e tra un'ora
    ti aspetta la catena di montaggio.
    Dopo l'ultimo viaggio
    nella monotona assillante alba
    finalmente riposa in pace.
    Si dice che è morto bene
    che non si è accorto proprio di niente
    e non ha sofferto neppure un poco.
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      Scritta da: Satine
      in Poesie (Poesie personali)

      Ghiacciato Silenzio

      Un ghiacciato silenzio irrompe
      Nell'anima dal mare del buio
      Bianche porcellane si infrangono
      Al suolo rivelando i frammenti
      Del tuo breve tempo.
      Un addio sfiora le labbra e nuovi
      Occhi si aprono al mondo.
      L'amore rinasce dal profondo della sofferenza;
      Onde maestose cavalcate da venti
      Senza tregua spengono piano la tua fiamma.
      E mentre sfumi nell'aria, di te altro
      Non rimane che una manina
      a stringere invano il tuo dito.
      Composta sabato 19 giugno 2010
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        Scritta da: Giuseppe Catalfamo
        in Poesie (Poesie personali)

        Tanatografia

        Tanatografia
        La mia
        Ultimo sguardo
        Testamento di folgore scagliato alla vita
        La mia.

        Decriptala.
        Chiamami Nutrimento
        è quel che diverrò.

        Fuori dalle mura di cinta del focolare
        ho lottato con immani umani
        auto-deizzati dalla loro avida viltà.
        Continue battaglie volte all'abbattermi
        Seppur un anima al mio fianco seppe comprendermi
        Non tornerò a casa.

        Morirò
        Schiacciato
        Non di loro
        Non lasciano odori né tracce
        Vaporizzato dalla possanza del destino
        Il nostro.
        Attendo brandendo il mio potere
        l'onore.

        Voi che restate assaporate l'acre gusto dell'altrui fine
        Voi arrancate da sempre finiti.
        Non avete mai compreso
        che viversi a fianco
        è l'unico inno per non morire ogni giorno.
        Composta lunedì 21 giugno 2010
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