Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
A te
Straniero, se passando m'incontri e desideri parlarmi,
perché non dovresti parlarmi?
E perché io non dovrei parlare a te?
Commenta
Straniero, se passando m'incontri e desideri parlarmi,
perché non dovresti parlarmi?
E perché io non dovrei parlare a te?
Arriva per taluni un giorno, un'ora
in cui devono dire il grande Sì
o il grande No. Subito appare chi
ha pronto il Sì: lo dice e sale ancora
nella propria certezza e nella stima.
Chi negò non si pente. Ancora No,
se richiesto, direbbe. Eppure il No,
il giusto No, per sempre lo rovina.
Ideali amate voci
di coloro che sono morti o come i morti
sono per noi perduti.
A volte ci parlano in sogno
a volte esse vibrano dentro.
E con il suono, per un istante l'eco fa ritorno
della prima poesia di nostra vita -
come lontana nella notte una musica che dilegua.
Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
o Poseidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla via,
se resta il tuo pensiero alto e squisita
è l'emozione che ci tocca il cuore
e il corpo. Nè Lestrigoni o Ciclopi
nè Poseidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.
Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d'estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra) in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici
per acquistare bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d'ogni sorta,
quanti più puoi voluttuosi aromi.
Recati in molte città dell'Egitto,
a imparare dai sapienti.
Ad ogni poco giura di cominciare una vita migliore.
Ma quando viene, coi consigli suoi, la notte,
e coi suoi compromessi e le lusinghe,
ma quando viene, con la sua forza, la notte
(il corpo anela e cerca), a quell'eguale
fatale gioia, ancora perso, va.
Per quanto sta in te
e se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.
Se fossimo in cielo
ti donerei una fetta di luna
una punta di stella
un raggio di sole.
Ma sono qui sulla Terra
e posso darti soltanto
il mio sorriso.
Se parli, se taci,
granite vivaci,
vedo apparire
sul tuo sorriso.
Sopra il mio viso,
zollette di ghiaccio,
se parlo, se taccio.
Tornerà poi il disgelo
dietro quel velo
di freddo apparente:
sarà la suadente
neve bollente.
Cime di monti
sui miei orizzonti,
spicchi d'arancio
tra i rami già pronti
per gemme e fogliette.
La luce riflette
ma caldo non dona
e fa da padrona
la fredda atmosfera.
Spremute di sole
nel cielo d'inverno
e sul mio quaderno
inquadro l'istante:
non più parola
ma nuvola viola
tra il rosso vagante.
L'arancio col lilla
nell'aere scintilla
e segna il confronto
tra giorno e tramonto,
tra spremute di sole
e speranze del cuore.
Intrisa di sogni,
ricolma d'attese,
non ho le pretese
di neve d'agosto,
ma tutto al suo posto
vorrei che tornasse
e che il vento spostasse
come magia
la tua ombra
a fianco alla mia.