Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Se durassimo in eterno
Se durassimo in eterno
Tutto cambierebbe
Dato che siamo mortali
Molto rimane come prima.
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Se durassimo in eterno
Tutto cambierebbe
Dato che siamo mortali
Molto rimane come prima.
Quello che amo
Mi ha detto
Che ha bisogno di me
Per questo ho cura di me stessa
guardo dove cammino e
temo che ogni goccia di pioggia
mi possa uccidere.
Quando si vuole che resti alcunché celato,
poiché la verità' è di rado amica delle folle,
gli uomini scrivono favole, come il vecchio Esopo,
scherzando su ciò che nessuno oserebbe nominare.
E ciò fanno per necessità o accadrebbe, altrimenti,
che, non piacendo, non sarebbero affatto ascoltati.
Quando la furiosa Follia s'affanna ogni giorno
a metter confusione in tutto quel che abbiamo,
quando l'Ignavia zelante chiede che la Libertà sia morta
e la Paura, con lei, sovrasta la tomba dell'Onore -
anche nell'ora certa prima della caduta,
se non si è piacenti, non si è affatto ascoltati.
Tutti debbono piacere, benché alcuni non per bisogno,
tutti debbono penare, benché alcuni non per guadagno,
ma perché quelli che prendono piacere si preoccupino
che la pena presente li sottragga al dolore futuro.
Così alcuni hanno penato, ma fu scarsa la ricompensa,
poiché, pur piacendo, non furono affatto ascoltati.
Questo fu il sigillo che serrò le nostre labbra,
questo il giogo cui siamo sottoposti,
negando a noi stessi ogni piacevole compagnia
confacente al tempo e alla nostra generazione.
I piaceri non perseguiti diventano rimpianti,
e quanto ai dolori - non si è affatto ascoltati.
Quale uomo ode altro che il brontolio dei cannoni?
Quale uomo si cura d'altro che di quel che porta l'attimo?
Quando la vita di un uomo supera ogni vita immaginata,
chi mai troverà piacere nell'immaginare?
Così è accaduto come proprio doveva accadere,
e noi non siamo, né fummo, affatto ascoltati.
Se qualche diletto vi ho pur dato
per qualcosa che io abbia operato,
possa ora giacer sereno in quella notte
che sarà anche vostra quando che sia:
e per quel poco, poco spazio
che i morti rioccupano nelle menti,
vorrei che altro non cercaste
che i libri che mi lasciai dietro.
All'alba un mormorio corse tra gli alberi,
una lieve increspatura nella cisterna, e nell'aria
un presagio di prossima frescura - ovunque
una voce profetica nella brezza.
Balzò il sole e indorò tutta quella polvere,
e lottò per disseccare ancor più l'oziosa terra,
impotente come un re invecchiato che guerreggia
per un impero che gli si sgretola in mano.
L'un dopo l'altro caddero i petali del loto,
sotto l'assalto dell'anno ribelle,
ammutinato contro un cielo iracondo;
e, lontano, bisbigliò l'inverno; "È bene
che muia la rovente estate. L'ausilio è vicino,
giacché quando l'umano bisogno più stringe, io arrivo. "
Scienza, vera figlia ti mostri del Tempo annoso,
tu che ogni cosa trasmuti col penetrante occhio!
Ma dimmi, perché al poeta così dilani il cuore,
avvoltoio dalle ali grevi e opache?
Come potrebbe egli amarti? E giudicarti savia,
se mai volesti che libero n'andasse errando
a cercar tesori per i cieli gemmati?
Pure, si librava con intrepide ali.
Non hai tu sbalzato Diana dal suo carro?
E scacciato l'Amadriade dal bosco,
che in più felice stella trovò riparo?
Non hai tu strappato la Naiade ai suoi flutti,
l'Elfo ai verdi prati e me stesso infine
al mio sogno estivo all'ombra del tamarindo?
Nel fior di giovinezza, ebbi in sorte
d'abitar del vasto mondo un luogo
che non poteva ch'essermi caro e diletto -
tanto m'era dolce d'un ermo lago
la selvaggia bellezza, cinto di nere rocce,
con alti pini torreggianti intorno.
Ma poi che Notte, come su tutto,
aveva lì disteso il suo manto,
e il mistico vento e melodioso
passava sussurrando - oh, allora,
con un sussulto io mi destavo
al terrore di quel solitario lago.
Pure, non mi dava spavento quel terrore,
ma anzi un tiepido diletto -
un diletto che nè miniere di gemme
nè lusinghe o donativi mai potrebbero
indurmi a definir qual era -
e neanche Amore - fosse anche l'Amor tuo.
Morte abitava in quelle acque attossicate,
e una tomba nel profondo gorgo
era disposta per chi sapesse ricavarne
un sollievo al suo immaginare:
il solingo spirito sapesse fare
un Eden di quell'oscuro lago.
Bel fiume! Nel tuo limpido flutto
di lucido cristallo, acqua errabonda,
tu sei emblema d'una fulgente
beltà - cuore non disvelato -
piacevole intrico dell'arte
nella figlia del vecchio Alberto;
ma quando la tua onda ella contempla -
che scintilla allora e tremola,
oh, allora il più leggiadro rivo
si fa simile a colui che l'adora:
ché nel cuore di lui, come nel tuo scorrere,
l'immagine di colei è radicata:
in quel cuore che tremola al raggio
di occhi che cercano l'anima.
Romanza, che ami annuire e cantare
col capo assonnato e le ali ripiegate,
tra verdi fronde, quali agita
nel suo fondo un ombroso lago,
fu per me un variopinto pappagallo
- oh, a me familiare uccello -
che m'apprese a dir l'alfabeto
e a balbettare le prime parole,
quando nel bosco selvaggio io giacevo,
fanciullo - dall'occhio sagace.
Ma da un pezzo, del Condor gli eterni anni
così scuotono il cielo stesso là in alto,
con tumulto di tuoni mentre passano,
che non ho io più tempo per oziose cure,
mentre spio l'inquieto cielo.
E quando un'ora con più lievi ali
getta su di me le sue morbide piume,
dissipar quel breve tempo con lira e rime
(vietate cose! ) - delittuoso parrebbe al mio cuore:
a meno che con le corde non vibri anch'esso.
Con il suo gaio cimitero
un ardito cavaliere,
sotto il sole e in fitta ombra,
già da tempo andava errando
- e cantava una canzone -
ricercando l' Eldorado.
Ma diventò vecchio intanto -
questo prode cavaliere -
e gli calò sul cuore
un'ombra, che' non trovava
mai terra o luogo
somigliante all'Eldorado.
E quando le forze
l'abbandonarono infine,
incontrò un'ombra pellegrina -
"Ombra", egli chiese,
"dove mai si troverà
questa terra d'Eldorado?"
"Oltre ai Monti
della Luna,
giù nella Valle delle Tenebre,
cavalca, cavalca intrepido",
così l'ombra gli rispose -
"se vai in cerca d'Eldorado!"