Poesie anonime


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie anonime)

Blade Runner

Ascoltami straniero,
o visto pulviscoli
lontani,
nella via lattea,
la terra infuocata
di marte,
o scorto, navi
in fiamme
ai confini
d’Orione,
desiderare, provare,
esistere,
più vita,
padre,
più vita creatore,
al replicante;
tra metropoli,
macchine volanti,
miasmi e
ciminiere,
smog
e pioggia
perenne,
con città affollate,
come vicoli,
con dirigibili
pubblicitari,
bar-sushi,
esseri
extra mondo,
vie buie
e umide;
dammi più vita,
padre,
prima che
la colomba della
vita, voli via;
muori sporco
poliziotto,
che mi rubi,
la poca
vita rimasta,
prima della
fine.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie anonime)
    Di altra luce tu rispondi -
    madre Luna non è tuo il sonno che ritempra
    dove getti quando esplode vita
    perché sia verde di erba
    prato che vita slenta
    a bruciante dissenno -
    e vita calpestano tuoi raggi i corpi
    che solo intendono quel bianco quel sonno quel dissenno -
    di nuovo, di nuovo si rintana nella notte-
    ma in verde prato, Luna, persino in bianco suo dissenno
    Padre potrai gettarti di esistenza.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie anonime)
      Perché tu hai vita, ma sepolta giace,
      mio amore, distorto ramo disseccato
      dove d'incausto verde urlo stride
      e vorrebbe gettare, ma non leva
      a penetrare sconfiggendo il legno
      e non azzarda si riduce peggio
      di frammenti di luce
      che bianco di materia discaccia
      da ritorno al primo grembo:
      coltre di neve se bianco implacato possiede,
      madre che inerme ti ha gettato.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie anonime)

        Un vento zingaro

        Il momento del parlare
        mi tolse fiato,
        e nella stanza della sera giovane
        fu un sussulto di coraggio.
        Nell'istante scrutai i tuoi occhi,
        le tue mani non ritratte: la mia intenzione ristette,
        poi si ruppe senza fragore.
        I sussurri si amalgamarono
        sui libri, sui muri, contro le finestre,
        all'ora che chiama l'uomo
        all'uscire.
        E uscimmo nel lieve spirare
        di un vento zingaro.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie anonime)

          La promessa

          Tacciono le tue parole, lontane,
          e volano senza toccarti
          i miei pensieri a briglia sciolta.
          Di lungi tuona felice
          il temporale di luglio,
          e copre la tua voce assente,
          baluginante nel ricordo,
          con lampi incerti di noia.
          Non saprai quel sentire per te che segreto
          è al nostro cuore; è un pensiero,
          un regalo che lumeggia invano
          alle tue palpebre chiare.
          È la promessa che solleva foglie d’emozione,
          e si lascia l’estate alle spalle.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie anonime)
            Gli amici sorridono in questa casa sorda,
            intrecciamo le nostre malinconie, le nostre paure,
            le nostre speranze giganti a due accordi di chitarra,
            a un bicchiere di vino che brilla nel buio
            straniero di questo giorno senza coraggio che è nato.

            Sono per ora lontani gli affanni, i sospiri sognati,
            gli occhi che non abbiamo il coraggio di guardare,
            gli occhi che non vogliamo dimenticare,
            i silenzi carichi di angosce forse già vissute,
            oppure di gioie da cogliere nel soffio dello scirocco.

            Questa terra non è nostra, ci culla e ci respinge,
            torniamo alla pianura senza orizzonte dell'inverno,
            alla neve che buca la nebbia dei nostri minuti strani,
            alle usate preoccupazioni dell'oggi senza tempo
            lontani da quel vento di scirocco che ci seduce e ci abbandona.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie anonime)

              Teatri

              Quando, con infantile e spietata ironia,
              mi svelano innanzi i protagonisti monchi del mio passato
              come spade, come lance
              essi penetrano nel mio cuore
              come se io fossi l’unica colpevole disposta e destinata a pagare.
              La vergogna e l’inferiorità insensate crescono
              mio malgrado, ma col mio permesso,
              ed io stessa in un istante spaventoso
              percepisco ciò che fino a quel momento
              mi curavo di ignorare
              sistematicamente.
              La mia mente è squassata da ciò che altri dipingono e costruiscono
              su di me senza curarsi o domandarmi nulla.
              La loro ingenua e sagace crudeltà,
              più o meno consapevole,
              più o meno giustificata o colpevole,
              gioca a ridurmi in silenzio:
              un goffo pagliaccio, una marionetta senza nerbo né arbitrio
              che s’agita ed arrossisce
              tentando di non attirare attenzione
              sola sul palcoscenico.
              Le risate e la pietà del pubblico
              di cui fino a quel momento non ero cosciente
              risuonano invadenti nella mia testa,
              violentandola e lasciandola stordita da un imbarazzante inettitudine
              per cui, malgrado tanti sforzi,
              non trovo colpevoli.
              E mentre cala il sipario
              sulla mia commedia inconsapevole
              resto seduta, immobile nel buio aspettando il Secondo Atto
              e riflettendo amaramente
              sul fascino dell’ignoranza e sulla sua forza,
              sulla cattiveria dei punti di vista e del relativismo esistenziale
              che contemporaneamente mi costringe ad odiare comprendere e invidiare
              gli atteggiamenti pseudospensierati
              del mio pubblico
              umanamente pettegolo
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