Scritto da: Monika Jaci
in Diario (Sentimenti)
Mi toccava dentro anche quando mi coprivo di distanza.
Composto lunedì 28 settembre 2015
Mi toccava dentro anche quando mi coprivo di distanza.
Voglio bene a quella parte di me che a volte piange e diventa triste. A quella che si sente sola perché non ha qualcuno da abbracciare. Voglio bene a quella parte di donna che si lascerebbe accarezzare per sentirsi desiderata, ma amo anche la parte di me che sa aspettare chi è meritevole di farlo. Voglio bene a quel mio lato ribelle, sempre in guerra con se stesso e con gli altri e a quel mio essere spesso incavolata e rabbiosa. Voglio bene a tutto ciò che è parte di me, perché tutto questo è la mia personalità, il mio essere e di com'è tutto questo, io ne sono fiera.
Sorrido sempre perché non ci sono persone o cose che possono impedirmelo. Non lo permetto e non lo concedo a nessuno il mio sorriso. Ho polmoni sani per respirare aria nuova e se per farlo devo spostarmi un po, semplicemente mi sposto. Allontanandomi da ciò che mi oscura il cuore, l'anima e il volto. Corro via da coloro che mi spengono, mi rattristano e schiacciano la mia serenità. Aria nuova a pieni polmoni e ben tornato sorriso.
Certa gente non si rende conto il bene che gli vuoi fino a quando non vai via.
Arriva il momento che non ti basta più quel che senti dentro di te, ma desideri delle risposte concrete dalle persone interessate.
Ci sono persone che ci piacciono a prescindere da tutto. "Amarle" ci viene spontaneo, istintivo, non possiamo fare a meno di loro.
Un messaggio fa piacere a chiunque. Specialmente se a mandartelo è una persona per te molto speciale.
Sono fuori, lo so. E le mie scarpe prendono acqua, mi si stanno inzuppando le calze, la punta delle dita sono bagnate cincischiano nelle suole, e già sento un dolore nella caviglia. Lo so bene tutto questo, lo so,
ma lo stesso non ho voluto, sebbene ne avessi la possibilità eh, non è per risparmio. Ma per contorsioni cerebrali alla mia maniera, per questo non ho voluto comprare un paio di scarpe nuove adatte ad andare nei campi e per i sentieri infangati.
Poi, a chi lo racconto questo? Bene scrivo una poesia sull'amore.
Scrivo una poesia sulla foglia, o sulla voglia, o sulla soglia, o tra la noia e la paranoia che mi prende e mi avvolge come questa nebbia che insiste fuori e dentro di me.
Un piccolo stacco, per te. Ti dirò fra cent'anni, cosa ho fatto oggi. Cosa ho scritto.
Ti dirò di me che in questo breve spazio di tempo libero quel che di meglio ho pensato di fare.... ripercorrere delle tappe, all'indietro dell'abisso, all'indietro di questa persona che scava, scava, scava... poi la unica certezza mi arriva dalla fame, dalla sete, dal desiderio di giacere con te.
La unica sensazione le sento nei piedi bagnati, mentre la caviglia accenna allo sciopero del movimento, mentre il braccio mi concede l'autonomia per muoverlo e toccare questi tasti.
Tasti che testano, testano la testa? Testano il cuore? Segnano un tempo che, per dirla alla pratica maniera,
è il tempo di cuocere delle patate al forno, condita con cipolla carciofi aglio pomodori e una foglia insieme alla voglia d'alloro, anzi d'allora.
Allora ci sono, è scaduto il tempo. In casa già si spande, almeno quello un buon profumino, mi alzo per andare in cucina aprire lo sportello del forno investito dal calore odoroso del cibo, e testare tastando le patate, sfogliando il carciofo per sentirne il tenero cuore, la cipolla solo uno sguardo mentre l'aglio ha preso umido e s'è sposato con l'olio, con lo spruzzo di vino e così per contrasto, qualche scorza d'arancio.
Allora ci sono il tempo è passato. Lo scritto ha violato il sentimento culinario. Perdendomi nei meandri del fuoco solitario. Rischiando di bruciare un infinito, che poi per fortuna o forse per destino, è un allora finito.
Perlomeno il buon senso, di spegnere il forno, aggiustare tavola, piatti bicchieri, tovagliolo e sì, un litro di vino. Poi un giorno, fra cento anni racconterò di me, mentre scrivo e cucino.
E se tutto questo non fosse mai successo? Beh, noi non saremmo qui, non saremmo insieme, più forti che mai. È vero, sono successe troppe cose, tu hai fatto troppi sbagli e io ho sofferto come non ho mai fatto, ma ti ho perdonato, e tu? Come puoi non perdonarmi per un piccolo sbaglio che ho fatto? Lo sai, vero, che non volevo feriti e che amo solo te.
Stringevo a me il maglione, come per affidarmi ad un abbraccio sicuro. Camminavo, senza meta e senza tempo. Nei miei occhi non c'era più alcun luogo che non fosse lui. Brillava d'istanti il mio sguardo, ma erano istanti, che valevano una vita, ma non era vita. Ero solo una sfumatura impercettibile, come quelle dei colori dell'arcobaleno, che sono tanti, ma nessuno è unico. Ed io, unica, non lo ero per nessuno. Mi strinsi ancora nel caldo abbraccio del maglione e cominciai a guardare altrove.