Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Nei momenti che i basi fermemo...

Nei momenti che i basi fermemo
Nò par gusto ma par riflession,
La me amante vol scriver i versi,
Che mi digo e me basta de dir.

Tuta nùa la se méte al lavoro,
Po' la méte una blusa lisièra,
Po' la ziga "che fredi xé i versi"
La stranùa, mi la baso, e bondì.

"Ah che curti che xé 'sti poemi! "
Dirà queli che ne lezerà,
"Ah che boni che gèra quei basi! "
Dirà ela... o Amor lo dirà.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Accogliete benigni, o colle, o fiume,
    albergo de le Grazie alme e d'Amore,
    quella ch'arde del vostro alto signore,
    e vive sol de' raggi del suo lume;
    e, se fate ch'amando si consume
    men aspramente il mio infiammato core,
    pregherò che vi sieno amiche l'ore,
    ogni ninfa silvestre ed ogni nume
    e lascerò scolpita in qualche scorza
    la memoria di tanta cortesia
    quando di lasciar voi mi sarà forza.
    Ma, lassa, io sento che la fiamma mia,
    che devrebbe scemar, più si rinforza,
    e più ch'altrove qui s'ama e disia
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Mentr'io conto fra me minutamente
      le doti del mio conte a parte a parte,
      nobilitate, bellezza, ingegno ed arte,
      che lo fan chiaro sovra l'altra gente,
      tale e tanto piacer l'anima sente,
      che, sendo tutte le sue virtù sparte,
      mi meraviglio come non si parte,
      volando al ciel per starci eternamente.
      E certo v'anderia, se non temesse
      che restasse il suo ben da lei diviso,
      e men beato il suo stato rendesse;
      perché 'l suo vero e proprio paradiso,
      quello che per bearsi ella si elesse,
      è 'l mio dolce signor e 'l suo bel viso.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Rivolgete talor pietoso gli occhi
        da le vostre bellezze a le mie pene,
        sì che quant'alterezza indi vi viene,
        tanta quindi pietate il cor vi tocchi.
        Vedrete qual martìr indi mi fiocchi,
        vedrete vòte le faretre e piene,
        che preste a' danni miei sempre Amor tiene,
        quando avien che ver' me l'arco suo scocchi.
        E forse la pietà del mio tormento
        vi moverà, dov'or ne gite altero,
        non lo vedendo voi, qual io lo sento;
        così pensosa io meno, e men voi fiero
        ritornerete, e cento volte e cento
        benedirete i ciel che mi vi diêro
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Che meraviglia fu, s'al primo assalto,
          giovane e sola, io restai presa al varco,
          stando Amor quindi con gli strali e l'arco,
          e ferendo per mezzo, or basso or alto,
          indi 'l signor che 'n rime orno ed essalto
          quanto più posso, e 'l mio dir resta parco,
          con due occhi, anzi strai, che spesso incarco
          han fatto al sole e con un cor di smalto?
          Ed essendo da lato anche imboscate,
          sì ch'a modo nessun fess'io difesa,
          alla virtute e chiara nobiltate?
          Da tanti e ta' nemici restai presa;
          né mi duol, pur che l'alma mia beltate,
          or che m'ha vinta, non faccia altra impresa
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Vieni, Amor, a veder la gloria mia,
            e poi la tua; ché l'opra de' tuoi strali
            ha fatto ambeduo noi chiari, immortali,
            ovunque per Amor s'ama e disia.
            Chiara fe' me, perché non fui restia
            ad accettar i tuoi colpi mortali,
            essendo gli occhi, onde fui presa, quali
            natura non fe' mai poscia, né pria;
            chiaro fe' te, perché a lodarti vegno
            quanto più posso in rime ed in parole
            con quella, che m'hai dato, vena e ingegno.
            Or a te si convien far che quel sole,
            che mi desti per guida e per sostegno,
            non lasci oscure queste luci e sole.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Come chi mira in ciel fisso le stelle,
              sempre qualcuna nuova ve ne scorge,
              che non più vista pria, fra tanti sorge
              chiari lumi del mondo, alme, fiammelle;
              mirando fisso l'alte doti e belle
              vostre, signor, di qualcuna s'accorge
              l'occhio mio nova, che materia porge,
              unde di lei si scriva e si favelle.
              Ma, sì come non può gli occhi del cielo
              tutti, perch'occhio vegga, raccontare
              lingua mortal e chiusa in uman velo,
              io posso ben i vostri onor mirare,
              ma la più parte d'essi ascondo e celo,
              perché la lingua a l'opra non è pare.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Stanco dell'ozio amaro...

                Stanco dell'ozio amaro in cui la mia pigrizia
                Offende quella gloria per cui fuggii l'infanzia
                Dolcissima dei boschi di rose nell'azzurro
                Naturale, e più ancora stanco del patto duro
                Di scavare vegliando un rinnovato avello
                Dentro l'avaro e freddo suolo del mio cervello,
                Per la sterilità spietato affossatore,
                - Che mai dirò, o Sogni, che mai a quest'Aurora,
                Visitato da rose, se, temendo i suoi fiori
                Lividi, il cimitero unirà i cavi orrori? -
                Voglio lasciare l'Arte vorace di un paese
                Crudele, e, sorridendo ai vecchi volti offesi
                Che mostrano gli amici, il genio ed il passato,
                E il lume che la mia agonia ha vegliato,
                Imitare il Cinese, anima chiara e fina,
                La cui estasi pura è dipinger la cima
                Sopra tazze di neve rapita dalla luna
                D'un fiore strano che la sua vita profuma
                Trasparente, d'un fiore che egli sentì fanciullo
                Innestarsi al suo cuore prezioso, azzurro nulla.
                E la morte così, solo sogno del saggio,
                Sereno, sceglierò un giovane paesaggio
                Che sulle tazze assente la mia mano pingerà.
                Una linea d'azzurro fine e tenue sarà
                Un lago dentro il cielo di nuda porcellana,
                Per una bianca nube una luna lontana
                Immerge il lieve corno nel gelo d'acque calme,
                Presso tre grandi cigli di smeraldo, le canne.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Brindisi

                  Nulla, una schiuma, vergine verso
                  solo a indicare la coppa;
                  così al largo si tuffa una frotta
                  di sirene, taluna riversa.
                  Noi navighiamo, o miei diversi
                  amici, io di già sulla poppa
                  voi sulla prora fastosa che fende
                  il flutto di lampi e d'inverni;
                  una bella ebbrezza mi spinge
                  né temo il suo beccheggiare
                  in piedi a far questo brindisi
                  solitudine, stella, scogliera
                  a tutto quello che valse
                  il bianco affanno della nostra vela.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    -Trami - dico ad Amor talora omai
                    fuor de le man di questo crudo ed empio,
                    che vive del mio danno e del mio scempio,
                    per chi arsi ed ardo ancor, canto e cantai.
                    Poi che con tanti miei tormenti e guai
                    sua fiera voglia ancor non pago od empio,
                    o di Diana avaro e crudo tempio,
                    quando del sangue mio sazio sarai?
                    Poi torno a me, e del mio dir mi pento:
                    sì l'ira, il rimembrar pur lui, mi smorza,
                    che dè miei non vorrei meno un tormento.
                    Con sì nov'arte e con sì nova forza
                    la bellezza ch'io amo, e ch'io pavento,
                    ogni senso m'intrica, offusca e sforza.
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