Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine -
le dita senza guanto -
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!

Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.

C'è quella che s'informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.

L'una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.

Un'altra - il dolce crebbe -
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!

Un'altra, con bell'arte,
sugge la punta estrema:
invano! Ché la crema
esce dall'altra parte!

L'una, senz'abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D'Annunzio.

Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,

di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! Le signore come
ritornano bambine!

Perché non m'è concesso -
o legge inopportuna! -
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Pioggia d'agosto

    Nel mio giardino triste ulula il vento,
    cade l'acquata a rade goccie, poscia
    più precipite giù crepita scroscia
    a fili interminabili d'argento...
    Guardo la Terra abbeverata e sento
    ad ora ad ora un fremito d'angoscia...

    Soffro la pena di colui che sa
    la sua tristezza vana e senza mete;
    l'acqua tessuta dall'immensità
    chiude il mio sogno come in una rete,
    e non so quali voci esili inquiete
    sorgano dalla mia perplessità.

    "La tua perplessità mediti l'ale
    verso meta più vasta e più remota!
    È tempo che una fede alta ti scuota,
    ti levi sopra te, nell'Ideale!
    Guarda gli amici. Ognun palpita quale
    demagogo, credente, patriota...

    Guarda gli amici. Ognuno già ripose
    la varia fede nelle varie scuole.
    Tu non credi e sogghigni. Or quali cose
    darai per meta all'anima che duole?
    La Patria? Dio? L'Umanità? Parole
    che i retori t'han fatto nauseose!...

    Lotte brutali d'appetiti avversi
    dove l'anima putre e non s'appaga...
    Chiedi al responso dell'antica maga
    la sola verità buona a sapersi;
    la Natura! Poter chiudere in versi
    i misteri che svela a chi l'indaga!"

    Ah! La Natura non è sorda e muta;
    se interrogo il lichéne ed il macigno
    essa parla del suo fine benigno...
    Nata di sé medesima, assoluta,
    unica verità non convenuta,
    dinanzi a lei s'arresta il mio sogghigno.

    Essa conforta di speranze buone
    la giovinezza mia squallida e sola;
    e l'achenio del cardo che s'invola,
    la selce, l'orbettino, il macaone,
    sono tutti per me come personae,
    hanno tutti per me qualche parola...

    Il cuore che ascoltò, più non s'acqueta
    in visïoni pallide fugaci,
    per altre fonti va, per altra meta...
    O mia Musa dolcissima che taci
    allo stridìo dei facili seguaci,
    con altra voce tornerò poeta!
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Pasqua

      A festoni la grigia parietaria
      come una bimba gracile s'affaccia
      ai muri della casa centenaria.

      Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
      sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
      spietatamente, con tenaci braccia.

      Quand'ecco dai pollai sereno e nuovo
      il richiamo di Pasqua empie la terra
      con l'antica pia favola dell'ovo.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Prima delusione

        La bionda bimba coi capelli al vento
        correva per i viali del giardino
        rossa nel volto, respirando a stento
        per sfuggire al suo bruno fratellino.

        "Mamma!": era giunta all'albero di pesco,
        calpestandone i fiori scossi dal vento:
        poi rise, del suo riso argenteo e fresco,
        al fratellino giunto in quel momento.

        "Non mi prendesti!" disse e rise ancora
        al fratellino un po' mortificato;
        e il sol, che traversava i rami allora,
        baciò quel capo piccolo e dorato.

        "Fulvio, perché la bamboletta parla?
        Dici che sia una bambina vera?"
        "Chissà! Bisognerebbe un po' osservarla,
        guardarle il viso che pare di cera."

        "Vai a prenderla: è dentro nella serra."
        Il fratellino corse, e lei rimase
        coll'occhio fisso all'ombre, che per terra
        formava il sol nell'ultima sua fase.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          La differenza

          Penso e ripenso:-Che mai pensa l'oca
          gracidante alla riva del canale?
          Pare felice! Al vespero invernale
          protende il collo, giubilando roca.

          Salta starnazza si rituffa gioca:
          né certo sogna d'essere mortale
          né certo sogna il prossimo Natale
          né l'armi corruscanti della cuoca.

          -O pàpera, mia candida sorella,
          tu insegni che la Morte non esiste:
          solo si muore da che s'è pensato.

          Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
          Ché l'esser cucinato non è triste,
          triste è il pensare d'esser cucinato.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            L'amica di nonna Speranza

            Loreto impagliato e il busto d'Alfieri, di Napoleone,
            i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)

            il caminetto un po' tetro, le scatole senza confetti,
            i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,

            un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
            gli oggetti con mònito, salve, ricordo, le noci di cocco,

            Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po' scialbi,
            le stampe, i cofani, gli albi dipinti d'anemoni arcaici,

            le tele di Massimo d'Azeglio, le miniature,
            i dagherottipi: figure sognanti in perplessità,

            il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
            e immilla nel quarto le buone cose di pessimo gusto,

            il cùcu dell'ore che canta, le sedie parate a damasco
            chermisi... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!

            I fratellini alla sala quest'oggi non possono accedere
            che cauti (hanno tolte le fodere ai mobili: è giorno di gala)

            ma quelli v'irrompono in frotta. È giunta è giunta in vacanza
            la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta.

            Ha diciassette anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso:
            da poco hanno avuto il permesso d'aggiungere un cerchio alla gonna;

            il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine:
            più snella da la crinoline emerge la vita di vespa.

            Entrambe hanno uno scialle ad arancie, a fiori, a uccelli, a ghirlande:
            divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guance.

            Son giunte da Mantova senza stanchezza al Lago Maggiore
            sebbene quattordici ore viaggiassero in diligenza.

            Han fatto l'esame più egregio di tutta la classe. Che affanno
            passato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio.

            O Belgirate tranquilla! La sala dà sul giardino:
            fra i tronchi diritti scintilla lo specchio del Lago turchino.

            Silenzio, bambini! Le amiche - bambini, fate pian piano! -
            le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche:

            motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto
            di Arcangelo del Leuto e di Alessandro Scarlatti;

            innamorati dispersi, gementi il "core" e "l'augello",
            languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi:

            ... caro mio ben
            credimi almen,
            senza di te
            languisce il cor!
            Il tuo fedel
            sospira ognor
            cessa crudel
            tanto rigor!
            Carlotta canta, Speranza suona. Dolce e fiorita
            si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita.

            O musica, lieve sussurro! E già nell'animo ascoso
            d'ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro,

            lo sposo dei sogni sognati... O margherite in collegio
            sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!

            Giungeva lo Zio, signore virtuoso di molto riguardo,
            ligio al Passato al Lombardo-Veneto e all'Imperatore.

            Giungeva la Zia, ben degna consorte, molto dabbene,
            ligia al Passato sebbene amante del Re di Sardegna.

            "Baciate la mano alli Zii! " - dicevano il Babbo e la Mamma,
            e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii.

            "E questa è l'amica in vacanza: madamigella Carlotta
            Capenna: l'alunna più dotta, l'amica più cara a Speranza. "

            "Ma bene... ma bene... ma bene... " - diceva gesuitico e tardo
            lo Zio di molto riguardo - "Ma bene... ma bene... ma bene...

            Capenna? Conobbi un Arturo Capenna... Capenna... Capenna...
            Sicuro! Alla Corte di Vienna! Sicuro... sicuro... sicuro... "

            "Gradiscono un po' di marsala? " "Signora Sorella: magari. "
            E sulle poltrone di gala sedevano in bei conversari.

            "... ma la Brambilla non seppe... - È pingue già per lErnani;
            la Scala non ha più soprani... - Che vena quel Verdi... Giuseppe!...

            "... nel marzo avremo un lavoro - alla Fenice, m'han detto -
            nuovissimo: il Rigoletto; si parla d'un capolavoro. -

            "... azzurri si portano o grigi? - E questi orecchini! Che bei
            rubini! E questi cammei?... La gran novità di Parigi...

            "... Radetzki? Ma che! L'armistizio... la pace, la pace che regna...
            Quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio! -

            "È certo uno spirito insonne... -... è forte e vigile e scaltro.
            "È bello? - Non bello: tutt'altro... - Gli piacciono molto le donne...

            "Speranza! " (chinavansi piano, in tono un po' sibillino)
            "Carlotta! Scendete in giardino: andate a giuocare al volano! "

            Allora le amiche serene lasciavano con un perfetto
            inchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene.

            Oimè! Ché giocando, un volano, troppo respinto all'assalto,
            non più ridiscese dall'alto dei rami d'un ippocastano!

            S'inchinano sui balaustri le amiche e guardano il Lago,
            sognando l'amore presago nei loro bei sogni trilustri.

            "... se tu vedessi che bei denti! - Quant'anni? - Vent'otto.
            - Poeta? Frequenta il salotto della Contessa Maffei! "

            Non vuole morire, non langue il giorno. S'accende più ancora
            di porpora: come un'aurora stigmatizzata si sangue;

            si spenge infine, ma lento. I monti s'abbrunano in coro:
            il Sole si sveste dell'oro, la Luna si veste d'argento.

            Romantica Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome
            dei pioppi arcata siccome un sopracciglio di bimbo,

            il sogno di tutto un passato nella tua curva s'accampa:
            non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato?

            Vedesti le case deserte di Parisina la bella
            non forse? Non forse sei quella amata dal giovane Werther?

            "... Mah!... Sogni di là da venire. - Il Lago s'è fatto più denso
            di stelle -... che pensi?... - Non penso... - Ti piacerebbe morire?

            "Sì! - Pare che il cielo riveli più stelle nell'acqua e più lustri.
            Inchìnati sui balaustri: sognano così fra due cieli...

            "Son come sospesa: mi libro nell'alto!... - Conosce Mazzini...
            - E l'ami? - Che versi divini!... Fu lui a donarmi quel libro,

            ricordi? Che narra siccome amando senza fortuna
            un tale si uccida per una: per una che aveva il mio nome. "

            Carlotta! Nome non fine, ma dolce! Che come l'essenze
            risusciti le diligenze, lo scialle, le crinoline...

            O amica di Nonna conosco le aiuole per ove leggesti
            i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo.

            Ti fisso nell'albo con tanta tristezza, ov'è di tuo pugno
            la data: vent'otto di Giugno del mille ottocento cinquanta.

            Stai come rapita in un cantico; lo sguardo al cielo profondo,
            e l'indice al labbro, secondo l'atteggiamento romantico.

            Quel giorno - malinconia! - vestivi un abito rosa
            per farti - novissima cosa! - ritrarre in fotografia...

            Ma te non rivedo nel fiore, o amica di Nonna! Ove sei
            o sola che - forse - potrei amare, amare d'amore?
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Natale

              La pecorina di gesso,
              sulla collina in cartone,
              chiede umilmente permesso
              ai Magi in adorazione.

              Splende come acquamarina
              il lago, freddo e un po' tetro,
              chiuso fra la borraccina,
              verde illusione di vetro.

              Lungi nel tempo, e vicino,
              nel sogno (pianto e mistero)
              c'è accanto a Gesù Bambino,
              un bue giallo, un ciuco nero.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Quanto ancor più bella sembra la bellezza (Sonetto 54)

                Quanto ancor più bella sembra la bellezza,
                per quel ricco ornamento che virtù le dona!
                Bella ci appar la rosa, ma più bella la pensiamo
                per la soave essenza che vive dentro a lei.
                Anche le selvatiche hanno tinte molto intense
                simili al colore delle rose profumate,
                hanno le stesse spine e giocano con lo stesso brio
                quando la brezza d'estate ne schiude gli ascosi boccioli:
                ma poiché il loro pregio è solo l'apparenza,
                abbandonate vivono, sfioriscono neglette e
                solitarie muoiono. Non così per le fragranti rose:
                la loro dolce morte divien soavissimo profumo:
                e così è; per te, fiore stupendo e ambito,
                come appassirai, i miei versi stilleran la tua virtù.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  No, non dire mai che il mio cuore è stato falso (Sonetto 109)

                  No, non dire mai che il mio cuore è stato falso
                  Anche se l'assenza sembrò ridurre la mia fiamma;
                  come non è facil ch'io mi stacchi da me stesso,
                  così è della mia anima che vive nel tuo petto:
                  quello è il rifugio mio d'amore; se ho vagato
                  come chi viaggia, io di nuovo lì ritorno
                  fedelmente puntuale, non mutato dagli eventi,
                  tanto ch'io stesso porto acqua alle mie colpe.
                  Non credere mai, pur se in me regnassero
                  tutte le debolezze che insidiano la carne,
                  ch'io mi possa macchiare in modo tanto assurdo
                  da perdere per niente la somma dei tuoi pregi:
                  perché niente io chiamo questo immenso universo
                  tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.
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