Se sapessi descrivere la bellezza dei tuoi occhi E cantare in nuovi metri tutte le tue grazie, il futuro direbbe: questo poeta mente, Mai un volto sulla terra ebbe tratti così celesti.
I tuoi occhi m'interrogano tristi. Vorrebbero sapere i miei pensieri come la luna che scandaglia il mare. Dal principio alla fine ho denudato la mia vita davanti ai tuoi occhi, senza nulla celarti o trattenere. Ed è per questo che non mi conosci. Se fosse soltanto una gemma, la romperei in cento pezzi e con essi farei una catena da mettere attorno al tuo collo. Se fosse soltanto un fiore, rotondo e piccolo e dolce, lo coglierei dallo stelo per metterlo nei tuoi capelli.
Ma è il mio cuore, mia diletta Dove sono le sue spiagge e il suo fondo ? Di questo regno tu ignori i confini e tuttavia sei la sua regina. Se fosse solo un momento di gioia fiorirebbe in un facile sorriso, lo potresti capire in un momento. Se fosse soltanto un dolore si scioglierebbe in limpide lacrime, rivelando il suo più intimo segreto senza dire una sola parola. Ma è il mio cuore, amore mio. Le sue gioie e i suoi dolori sono sconfinati, e infiniti i suoi desideri e le sue ricchezze. Ti è vicino come la tua stessa vita, ma non puoi conoscerlo interamente.
Se più non fossi viva Quando verranno i pettirossi, Date a quello con la cravatta rossa Per ricordo una briciola. Se non potessi ringraziarvi Perché immersa nbel sonno, Sappiate che mi sforzo Con le mie labbra di granito!
O dolce usignolo che ascolto (non sai dove), in questa gran pace cantare cantare tra il folto, là, dei sanguini e delle acace; t'ho presa - perdona, usignolo - una dolce nota, sol una, ch'io canto tra me, solo solo, nella sera, al lume di luna. E pare una tremula bolla tra l'odore acuto del fieno, un molle gorgoglio di polla, un lontano fischio di treno... Chi passa, al morire del giorno, ch'ode un fischio lungo laggiù riprende nel cuore il ritorno verso quello che non è più. Si trova al nativo villaggio, vi ritrova quello che c'era: l'odore di mesi-di-maggio buon odor di rose e di cera. Ne ronzano le litanie, come l'api intorno una culla: ci sono due voci sì pie! Di sua madre e d'una fanciulla. Poi fatto silenzio, pian piano, nella nota mia, che t'ho presa, risente squillare il lontano campanello della sua chiesa. Riprende l'antica preghiera, ch'ora ora non ha perché; si trova con quello che c'era, ch'ora ora ora non c'è... Chi sono? Non chiederlo. Io piango, ma di notte, perch'ho vergogna. O alato, io qui vivo nel fango. Sono un gramo rospo che sogna.
Allora... in un tempo assai lunge felice fui molto; non ora: ma quanta dolcezza mi giunge da tanta dolcezza d'allora! Quell'anno! Per anni che poi fuggirono, che fuggiranno, non puoi, mio pensiero, non puoi, portare con te, che quell'anno! Un giorno fu quello, ch'è senza compagno, ch'è senza ritorno; la vita fu vana parvenza sì prima sì dopo quel giorno! Un punto!... così passeggero, che in vero passò non raggiunto, ma bello così, che molto ero felice, felice, quel punto!
Bel fiume! Nel tuo limpido flutto di lucido cristallo, acqua errabonda, tu sei emblema d'una fulgente beltà - cuore non disvelato - piacevole intrico dell'arte nella figlia del vecchio Alberto;
ma quando la tua onda ella contempla - che scintilla allora e tremola, oh, allora il più leggiadro rivo si fa simile a colui che l'adora: ché nel cuore di lui, come nel tuo scorrere, l'immagine di colei è radicata: in quel cuore che tremola al raggio di occhi che cercano l'anima.
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, Silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, Contemplando i deserti; indi ti posi. Ancor non sei tu paga Di riandare i sempiterni calli? Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga Di mirar queste valli? Somiglia alla tua vita La vita del pastore. Sorge in sul primo albore; Move la greggia oltre pel campo, e vede Greggi, fontane ed erbe; Poi stanco si riposa in su la sera: Altro mai non ispera. Dimmi, o luna: a che vale Al pastor la sua vita, La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende Questo vagar mio breve, Il tuo corso immortale? Vecchierel bianco, infermo, Mezzo vestito e scalzo, Con gravissimo fascio in su le spalle, Per montagna e per valle, Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, Al vento, alla tempesta, e quando avvampa L'ora, e quando poi gela, Corre via, corre, anela, Varca torrenti e stagni, Cade, risorge, e più e più s'affretta, Senza posa o ristoro, Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva Colà dove la via E dove il tanto affaticar fu volto: Abisso orrido, immenso, Ov'ei precipitando, il tutto obblia. Vergine luna, tale È la vita mortale. Nasce l'uomo a fatica, Ed è rischio di morte il nascimento. Prova pena e tormento Per prima cosa; e in sul principio stesso La madre e il genitore Il prende a consolar dell'esser nato. Poi che crescendo viene, L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre Con atti e con parole Studiasi fargli core, E consolarlo dell'umano stato: Altro ufficio più grato Non si fa da parenti alla lor prole. Ma perché dare al sole, Perché reggere in vita Chi poi di quella consolar convenga? Se la vita è sventura Perché da noi si dura? Intatta luna, tale È lo stato mortale. Ma tu mortal non sei, E forse del mio dir poco ti cale. Pur tu, solinga, eterna peregrina, Che sì pensosa sei, tu forse intendi, Questo viver terreno, Il patir nostro, il sospirar, che sia; Che sia questo morir, questo supremo Scolorar del sembiante, E perir dalla terra, e venir meno Ad ogni usata, amante compagnia. E tu certo comprendi Il perché delle cose, e vedi il frutto Del mattin, della sera, Del tacito, infinito andar del tempo. Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore Rida la primavera, A chi giovi l'ardore, e che procacci Il verno cò suoi ghiacci. Mille cose sai tu, mille discopri, Che son celate al semplice pastore. Spesso quand'io ti miro Star così muta in sul deserto piano, Che, in suo giro lontano, al ciel confina; Ovver con la mia greggia Seguirmi viaggiando a mano a mano; E quando miro in cielo arder le stelle; Dico fra me pensando: A che tante facelle? Che fa l'aria infinita, e quel profondo Infinito seren? Che vuol dir questa Solitudine immensa? Ed io che sono? Così meco ragiono: e della stanza Smisurata e superba, E dell'innumerabile famiglia; Poi di tanto adoprar, di tanti moti D'ogni celeste, ogni terrena cosa, Girando senza posa, Per tornar sempre là donde son mosse; Uso alcuno, alcun frutto Indovinar non so. Ma tu per certo, Giovinetta immortal, conosci il tutto. Questo io conosco e sento, Che degli eterni giri, Che dell'esser mio frale, Qualche bene o contento Avrà fors'altri; a me la vita è male. O greggia mia che posi, oh te beata, Che la miseria tua, credo, non sai! Quanta invidia ti porto! Non sol perché d'affanno Quasi libera vai; Ch'ogni stento, ogni danno, Ogni estremo timor subito scordi; Ma più perché giammai tedio non provi. Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe, Tu sè queta e contenta; E gran parte dell'anno Senza noia consumi in quello stato. Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra, E un fastidio m'ingombra La mente, ed uno spron quasi mi punge Sì che, sedendo, più che mai son lunge Da trovar pace o loco. E pur nulla non bramo, E non ho fino a qui cagion di pianto. Quel che tu goda o quanto, Non so già dir; ma fortunata sei. Ed io godo ancor poco, O greggia mia, né di ciò sol mi lagno. Se tu parlar sapessi, io chiederei: Dimmi: perché giacendo A bell'agio, ozioso, S'appaga ogni animale; Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale? Forse s'avess'io l'ale Da volar su le nubi, E noverar le stelle ad una ad una, O come il tuono errar di giogo in giogo, Più felice sarei, dolce mia greggia, Più felice sarei, candida luna. O forse erra dal vero, Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero: Forse in qual forma, in quale Stato che sia, dentro covile o cuna, È funesto a chi nasce il dì natale.
Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi che certo guarderanno male la nostra gioia,
talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero? Andremo allegri e lenti sulla strada modesta
che la speranza addita, senza badare affatto che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?
Nell'amore isolati come in un bosco nero, i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,
saranno due usignoli che cantan nella sera. Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,
non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.
Uniti dal più forte, dal più caro legame, e inoltre ricoperti di una dura corazza, sorrideremo a tutti senza paura alcuna.
Noi ci preoccuperemo di quello che il destino per noi ha stabilito, cammineremo insieme la mano nella mano, con l'anima infantile di quelli che si amano in modo puro, vero?