Stordita ed ebbra dei colori d'un tramonto, ogni singola attenzione muta aspetto come nuvola s'un cielo azzurro e rosa. E non penso a ciò ch'è stato, mentre del giallo il mio respiro è pieno. Non a quel ch'avrei dovuto, mentre m'incanto ad ascoltar l'arancio. Non a chi devo il mio grazie, mentre mi brucia rosso l'orizzonte. Non a quanto sto sbagliando, fino a che il sole non annega, e tace. Tutto torna al vero aspetto, come desto da un bel sogno che via via perde colori. Ma domani, chiedo e spero che all'arrivo della notte venga rinnovato omaggio. Allor, si, tornerei ebbro. Per poter dimenticare, lungo il lasso di un tramonto ciò ch'è stato, quanto avrei dovuto, chi m'è creditor d'un grazie e l'insieme dei miei errori.
Dimmi che non vuoi che io smetta di cercarti, anche quando inizierai ad odiarti. Dimmi che vuoi che ti faccia sentire importante più dell'acqua e dell'aria, anche quando morirò soffocato. Dimmi che mi dimenticherai e che non mi ricorderai come la bestia che sono diventato. Dimmi che continuerai a vivere come hai sempre voluto vivere. Libera di essere come sei.
Con il mio silenzio riscriverei la storia di tanti uomini che con spavalderia hanno imbrattato le vie delle città con il sangue. Con il mio silenzio darei luce a tutte le anime che vivono nei posti più tetri del nostro mondo. Con il mio silenzio donerei giustizia alle persone che ne hanno abusato. Con il mio silenzio potrei soltanto non parlare e non dirti quanto amore vive in me grazie a te. Con il mio silenzio sono e sarò solo.
Seduto in riva ad un fiume, ti scrissi una poesia.
Ora l'ho persa, non la ricordo più.
Forse perché non credevo di scriverla, e non immaginavo di cantarla. Era bella, la poesia. Parlava di vita, e di vita, di vita e d'amore. Com'era strano vedere fluire la penna su un foglio, imprimere quello che non sapevo.
E ora l'ho persa, non la ricordo più.
La musa che mi ispirava, capricciosa e sbarazzina, saltava e ballava, senza pensieri, come queste rime, che rime non sono, ma solo l'accorato appello di un uomo.
La musa è andata via. Forse ha scoperto che la sua libertà non era ispirare un uomo che non bramava lei, ma amava ciò che gli dava. La sua libertà era lontana dallo scrittore, che come un pennello di Dio dipingeva in parole di un cosmo in poesia.
Ma ora l'ho persa, non la ricordo più.
Forse parlava dello scrittore, che quando la musa lo abbandonò, la amò, la odiò, abbandonò se stesso, per indossare un manto di indifferenza che lo schiacciò.
O forse narrava della musa, che, sorda a tutto ciò, si allontanò continuando a saltare, e ballare, e ispirare, ma nient'altro che la propria vita?
L'ho persa, non me la ricordo più.
E allora tornai al fiume. Cercavo le rime, cercavo la musa. Mi sedetti là dove, incantato da lei, scrivevo di sogni e d'amore, e cercai tra i flutti del fiume.
Il fiume mi parlò, e tra il cristallino e lo spumeggiare mi disse che non mi potevo ingannare. Ora ricordo. Ricordo che niente scrissi, ma soltanto che la persi.
L'ultimo bacio è... quello che non ti ho mai dato rimasto sempre fra i miei pensieri dal sapore misto di desideri di quelle labbra che... non ci hanno sfiorato L'ultimo bacio è... rimasto fra i miei sogni di dartene uno che nella realtà non è mai arrivato L'ultimo bacio è... quello che domani cancellerò dalla mia mente perché non esiste... nemmeno il ricordo di quel primo bacio! ... Un bacio di... ... poesia!
Che brutti scherzi fa la ragione, di ogni cosa fa una valutazione. Di ogni regola e di ogni modello, ci fa vedere il brutto e il bello. E anche se, non ce ne accorgiamo, siamo sempre noi che decidiamo. Di amare, di odiare, di ricominciare... scegliamo noi che cosa fare. Perché è bello credere in fondo, che questo mondo ci giri intorno.