Poesie d'Autore


Scritta da: Anna De Santis
in Poesie (Poesie d'Autore)

Voglia d'amore

Spargerò i capelli
sull'acqua che mi cullerà
accarezzerà la mia voglia d'amore
farò cerchi intorno, che faranno da richiamo
per chi vuol sentire.
Accarezzerò i miei seni, i fianchi
e mostrerò il mio corpo
a chi vorrà amarmi
canterò per lui come sirena
lo ammalierò con gli occhi
sfiorerò con le mie labbra le sue labbra
senza parlare potrà capire
questa mia voglia d'amore.
La sabbia calda ci accoglierà
e questo abbraccio per la vita durerà
eterno sentimento
tutto sarà appagante.
Poi avrò finalmente pace, del mio turbamento
e mi sveglierò dal meraviglioso sogno
guardando delusa
quello che mi dorme accanto...
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    Scritta da: Enzo Di Giovanni
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Shoah

    Orde di cani randagi
    rapiti da assurdi miraggi
    sbranaron carni a brandelli
    di donne, bambini, fratelli.

    Ululati di assurde sirene
    il sangue gelato, le vene,
    i forni, le docce, i fumi
    la foto sbiadita, i lumi.

    La mano che sfiora il ricordo
    d'un viso che liso non scordo,
    sorriso forzato d'un cuore spezzato,
    il tempo passato, l'amore rubato.

    Eran tanti non era uno
    il binario il ventuno,
    mi rivedo pur bambino
    ero gracile e mingherlino.

    Il campo imbiancato
    sfocato il filo spinato,
    gli occhi gonfi dal pianto
    le orme dividono il manto.

    Il pugno che stringe la gonna
    mio padre, mia madre, la nonna,
    son passati sessant'anni
    le ferite, il vuoto, i danni.
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Dove cammini

      Dove cammini si fa autunno e sera
      Azzurro animale che sotto alberi suona
      solitario lago di sera.
      Dove cammini si fa autunno
      gli alberi cambiano d'improvviso colore
      la sera diventa dorata
      poi s'incendia
      l'aria si fa malinconica e dolce. Lo so perché sto camminando verso di te, con te, insieme a te.
      Composta lunedì 2 novembre 2009
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        Scritta da: Anna De Santis
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Una lacrima e un sorriso

        Passata è ancora una giornata
        ore per fare sera e tutto di corsa
        incontrare tanta gente, non ricordare niente.
        Provare a far quadrare i conti
        che nella vita difficilmente sono giusti
        e tentare di salvare il risultato
        ma sempre con dei resti.
        Tra lacrime e sorrisi si va avanti
        prendendo quel che viene, senza ipotizzare
        perché per quanto fai progetti
        tendono sempre a ribaltare.
        Forse quel porsi in forse
        ti farebbe vivere meglio
        in modo più tranquillo, senza sperare
        accontentarsi, senza troppo desiderare.
        Un futuro che bisogna guadagnare
        forse come un gioco a punti
        si deve comunque tentare
        ti hanno messo, senza tua intenzione
        in questa situazione
        che non hai chiesto e c'è anche il resto.
        Non chiamatemi folle, ma è così che mi sento
        a volte sbattuta, a volte cullata
        spesso perduta
        una foglia d'autunno, in balia del vento.
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          Scritta da: Prometeo
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Notte d'estate

          È una bella notte d'estate
          Tengono le alte case
          aperti i balconi
          del vecchio paese sulla vasta piazza
          Nell'ampio rettangolo deserto,
          panchine di pietra, evonimi ed acacie
          simmetrici disegnano
          le nere ombre sulla bianca arena.
          Allo zenit la luna, e sulla torre
          la sfera dell'orologio illuminata.
          Io in questo vecchio paese vo passeggiando
          solo come un fantasma.
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            Scritta da: Ambra
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Non ti amo, se non perché ti amo.
            E dall'amarti al non amarti giungo.
            E dall'attenderti quando non t'attendo
            passa il mio cuore dal freddo al fuoco.
            Ti odio senza fine, e
            odiandoti ti cerco.
            E la misura del mio amor perduto,
            è non vederti e amarti come un cieco.
            Forse consumerà la luce di Gennaio,
            col suo raggio crudele il mio cuore intero,
            rubandomi la chiave della calma.
            In questa storia solo io muoio,
            e morirò d'amore perché t'amo.
            Perché t'amo amore, a Sangue e Fuoco!
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              Scritta da: Kovski21
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il flauto di vertebre

              Prologo

              a voi tutte,
              che piacete o siete piaciute,
              che conservate icone nell'antro dell'anima,
              come coppa di vino in un brindisi,
              levo il cranio ricolmo di canti.

              Sempre più spesso mi chiedo
              se non sia meglio metter il punto
              d'un proiettile alla mia sorte.
              Oggi darò,
              in ogni caso,
              un concerto d'addio.

              Memoria!
              Raduna nella sala del cervello
              le schiere inesaurivbili delle amate.
              Da un occhio all'altro effindi il sorriso. D'antiche nozze travesti la notte.
              Di corpo in corpo effondete la gioia.
              Che nessuno dimentichi una simile notte.
              Oggi io suonerò il flauto
              sulla mia colonna vertebrale.

              I

              Miglia di strade i miei passi calpestano.
              Dove andrò a nascondere il mio inferno?
              Da quale Hoffmann celeste
              sei stata concepita, maledetta?

              Sono anguste le strade per una tempesta di gioia.
              Gente adorna la festa senza posa attingeva.
              Penso.
              I pensieri, grumi di sangue,
              imfermi e rappresi strisciano via dal cranio.

              Io,
              taumaturgo di ogni tripudio,
              non ho con chi andare alla festa.
              Cadrò di schianto, supino,
              sfracellandomi il capo dulle pietre del Nevskij!
              Ho bestemmiato.
              Ho urlato che Dio non esiste,
              e lui ha tratto dal fondo dell'inferno
              una donna che farebbe tremare una montagna
              e mi ha comandato:
              amala!

              Dio è soddisfatto.
              Nell'erta sotto il cielo
              un uomo tormentato s'è inselvatichito e spanto.
              Dio si stropiccia le mani.
              Dio pensa:
              aspetta, Vladimir!
              L'ha escogitato lui, lui,
              per non farmi scoprire il tuo mistero,
              di darti un marito vero
              e di porre sul pianoforte note umane.
              Se furtivo m'accostassi alla soglia della tua alcova, per far la croce sulla nostra coperte,
              lo so,
              si sentirebbe puzzo di lana bruciata
              e fumo sulfureo si leverebbe dalla carne del diavolo.

              Ma invece fino all'alba
              l'orrore che tu fossi condotta ad amare
              m'ha sconvolto,
              e le mie grida
              ho sfaccettato in versi,
              gioielliere già in preda alla follia.
              Giocare a carte!
              Sciaquare
              nel vino la rauca gola del cuore!

              Non ho bisogno di te!
              Non voglio!
              Non importa,
              lo so
              che creperò fra breve.

              Se è vero che esisti,
              o Dio,
              o mio Dio,
              se hai intessuto il tappeto di stelle,
              se questo tormento,
              moltiplicato ogni giorno,
              è, Signore, una prova mandata giù da te,
              indossa la toga del giudice.
              Aspetta la mia visita.
              Sono puntuale,
              non tarderò d'un giorno.
              Ascolta,
              altissimo inquisitore!

              Serrerò la bocca.
              Non udiranno un grido
              dalle labbra morse.
              Legami alle comete, come alle code dei cavalli,
              trascinami,
              squarciandomi sulle punte delle stelle.
              Oppure,
              quando l'anima mia sloggerà
              per venire al tuo tribunale,
              accigliandoti ottusamente,
              come una forca
              distendi la Via Lattea,
              e subito impiccami come un criminale.
              Fà quello che ti pare.
              Squartami, se vuoi.
              Io stesso, giusto, ti laverò le mani.
              Però,
              ascolta!
              Portati via la maledetta,
              che m'hai comandato d'amare!

              Miglia di strade i miei passi calpestano.
              Dove andrò a nascondere il mio inferno?
              Da quale Hoffmann celeste
              sei stata concepita, maledetta?

              Ii

              Il cielo
              fumoso, immemore d'azzurro,
              e le nubi a brandelli come profughi
              rischiarerò nell'alba del mio ultimo amore,
              vivido come l'incarnato d'un tisico.
              La mia gioia ricoprirà il ruggito
              dell'ammasso, dimentico
              del tepore domestico.
              Uscite dalle trincee.
              Combatterete dopo.

              Anche se dura la battaglia,
              ubriaca di sangue e vacillante come Bacco,
              le parole d'amore non sono vane.
              Cari tedeschi!
              Io so
              che avete sul labbro
              la Margherita di Goethe.

              Muore il francese
              sulla baionetta sorridendo,
              con un sorriso si schianta l'aviatore ferito,
              se ricorda
              il bacio della tua bocca,
              Traviata.

              Ma a me che importa
              della rosea polpa,
              che i secoli masticheranno?
              Oggi stendetevi ad altri piedi!
              Canto te,
              imbellettata,
              fulva.

              Forse di questi giorni,
              orrendi come aguzze baionette,
              quando i secoli avranno canuta la barba,
              resteremo soltanto
              tu
              ed io,
              che t'inseguirò di città in città.

              Sarai mandata di là dal mare,
              ti celerai nel covo della notte:
              ti bacerò attraverso la nebbia di Londra
              con le labbra di fuoco dei lampioni.

              In lente carovane percorrerai i torridi deserti,
              dove stanno leoni in agguato:
              per te
              sotto la polvere, strappata dal vento,
              sarà un Sahara la mia guancia ardente.

              Con un sorriso sulle labbra guardami,
              vedrai
              che torero io sono!
              E d'improvviso
              getterò sul tuo palco la mia gelosia
              come l'occhio morente del toro.

              Se portando il tuo passo distratto sul ponte
              penserai
              che ti sta bene laggiù,
              sarò io
              sotto il ponte la corrente della Senna,
              e ti chiamerò,
              digrignando i putridi denti.

              Con un altro incendierai nel fuoco dei cavalli
              Strelka o Sokolniki.
              Io starò in alto a farti soffrire
              con un'ignuda luna in attesa.

              Sono forte,
              avranno bisogno di me
              e mi ordineranno:
              muori in battaglia!
              Il tuo nome
              sarà l'ultimo,
              rappreso sul mio labbro lacerato dal proiettile.

              Finirò sul trono?
              O a Sant'Elena?
              Dominati i flutti tempestosi della vita,
              sarò ugualmente candidato
              al regno dell'universo
              e al lavoro forzato.

              Se è mio destido d'essere re,
              il tuo viso
              ordinerò di coniare al mio popolo
              nell'oro vivo delle mie monete!
              O laggiù,
              dove si scolora il mondo nella tundra,
              dove traffica il fiume col vento del nord,
              sul ferro graffierò il tuo nome, Lilia,
              e le catene bacerò nel buio della galera.

              Ascoltate, immemori dell'azzurro del cielo,
              irsuti,
              come bestie feroci.
              Al mondo, forse,
              questo ultimo amore
              è un'alba vivida come incarnato di un tisico

              iii

              Scorderò l'anno, la data, il giorno.
              Mi chiuderò solo con un foglio di carta.
              Avverati, magia sovrumana,
              delle parole illuminate di pianto!

              Oggi, appena entrato nella tua casa,
              mi sono sentito
              a disagio.
              Tu celavi qualcosa nell'abito di seta
              e s'effondeva nell'aria un profumo d'incenso.
              Sei felice?
              Hai risposto un freddo:
              &olaquo Molto ".
              L'inquietudine ha rotto l'argine della ragione.
              Accumolo disperazione, nel delirio della febbre.

              Ascolta,
              tanto non ci riesci
              a celare il cadavere.
              Scagliami in viso la parola terribile.
              Ogni tuo muscolo urla
              lo stesso,
              come in un megafono:
              è morto, è morto, è morto.
              No,
              rispondi.
              Non mentire!
              (Come farò a tornare indietro così?)
              Come due tombe
              ti si scavano gli occhi nel viso.

              Le due fosse si inabissano.
              Non se ne vede il fondo.
              Mi sembra
              di crollare dal palco dei giorni.
              Come una fune, ho teso l'anima sul precipizio
              e vi ho fatto l'equilibrista, giocoliere di parole.

              Lo so,
              ormai l'ha consunto l'amore.
              Da tanti segni indovino la noia.
              Fammi tornare giovane nell'anima.
              La gioia del corpo fà di nuovo conoscere al cuore.

              Lo so,
              per una donna sempre si paga.
              Non fa niente,
              se intanto,
              non ti vestirò con l'elegante abito di Parigi
              ma soltanto col fumo della sigaretta.

              Il mio amore,
              come un apostolo d'età remote,
              diffonderò oer mille e mille strade.
              Da secoli è pronta per te una corona,
              ove sono incastonate le mie parole:
              arcobaleno di spasimi.

              Come fecero vincere Pirro
              gli elefanti con passi di due quintali,
              così io ho sconvolto il tuo cervello col passo del genio.
              Invano.
              Non potrò piegarti

              Gioisci,
              gioisci
              d'avermi finito!
              Ora è tale l'angoscia che desidero
              soltanto fuggire al canale
              e il capo cacciare nell'acqua digrignante.

              Mi hai offerto le labbra.
              Con quanta indifferenza.
              Le ho sfiorate e m'hanno ghiacciato.
              M'è parso di baciare in penitenza
              un monastero intagliato nella fredda pietra.

              Hanno sbattuto
              la porta.
              È entrato lui,
              rorido della gaiezza delle strade.
              Io
              con un gemito mi sono spezzato in due.
              Gli ho gridato:
              &olaquo Va bene!
              Me ne andrò!
              Va bene!
              Rimarrà tua.
              Ricoprila di stracci,
              le sete appesantiscono le sue timide ali.
              Bada che non s'involi.
              Appendile al collo
              come una pietra collane di perle!".

              Oh, questa
              che notte!
              Ho spremuto a non finire la mia disperazione.
              Al mio pianto e al mio riso
              il muso della stanza d'è torto in una smorfia d'orrore.
              E come una visione sorse a te il suo sembiante,
              sul suo tappeto effondevi l'aurora dei tuoi occhi,
              quasi in sogno evocasse un nuovo Bjalik
              un'abbagliante regina dell'ebraica Sion.

              Nel tormento ho piegato i ginocchi
              dinanzi a colei che non è più mia.
              A mio paragone
              re Alberto,
              arresosi con tutte le sue fortezze,
              è un festeggiato ricolmo di regali.

              Indoratevi al sole, fiori ed erbe!
              Dilagate in primavera, vita di tutti gli elementi!
              Io un solo veleno desiderio:
              bere e bere sempre versi.

              Tu che hai saccheggiato il mio cuore,
              privandolo di tutto,
              e nel delirio m'hai lacerato l'anima,
              accogli, cara, il mio dono,
              forse più nulla io potrò inventare.

              Onorate a festa la data di oggi.
              Avverati,
              magia simile alla passione di Cristo.
              Vedete,
              sulla carta sono trafitto con chiodi di parole.
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                Scritta da: Kovski21
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Ascoltate!

                Ascoltate!
                Se accendono le stelle,
                vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?
                Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano?
                Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi?
                E tutto trafelato,
                fra le burrasche di polvere meridiana,
                si precipita verso Dio,
                teme d'essere in ritardo,
                piange.
                Gli bacia la mano nodosa,
                supplica
                che ci sia assolutamente una stella,
                giura
                che non può sopportare questa tortura senza stelle!
                E poi cammina inquieto,
                fingendosi calmo.
                Dice ad un altro:
                "Ora va meglio, è vero?
                Non hai più paura?
                Sì!?"
                Ascoltate!
                Se accendono le stelle,
                vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?
                Vuol dire che è indispensabile
                che ogni sera
                al di sopra dei tetti
                risplenda almeno una stella?
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