Poesie d'Autore


Scritta da: Enzo Di Giovanni
in Poesie (Poesie d'Autore)

Shoah

Orde di cani randagi
rapiti da assurdi miraggi
sbranaron carni a brandelli
di donne, bambini, fratelli.

Ululati di assurde sirene
il sangue gelato, le vene,
i forni, le docce, i fumi
la foto sbiadita, i lumi.

La mano che sfiora il ricordo
d'un viso che liso non scordo,
sorriso forzato d'un cuore spezzato,
il tempo passato, l'amore rubato.

Eran tanti non era uno
il binario il ventuno,
mi rivedo pur bambino
ero gracile e mingherlino.

Il campo imbiancato
sfocato il filo spinato,
gli occhi gonfi dal pianto
le orme dividono il manto.

Il pugno che stringe la gonna
mio padre, mia madre, la nonna,
son passati sessant'anni
le ferite, il vuoto, i danni.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Dove cammini

    Dove cammini si fa autunno e sera
    Azzurro animale che sotto alberi suona
    solitario lago di sera.
    Dove cammini si fa autunno
    gli alberi cambiano d'improvviso colore
    la sera diventa dorata
    poi s'incendia
    l'aria si fa malinconica e dolce. Lo so perché sto camminando verso di te, con te, insieme a te.
    Composta lunedì 2 novembre 2009
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      Scritta da: Anna De Santis
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Una lacrima e un sorriso

      Passata è ancora una giornata
      ore per fare sera e tutto di corsa
      incontrare tanta gente, non ricordare niente.
      Provare a far quadrare i conti
      che nella vita difficilmente sono giusti
      e tentare di salvare il risultato
      ma sempre con dei resti.
      Tra lacrime e sorrisi si va avanti
      prendendo quel che viene, senza ipotizzare
      perché per quanto fai progetti
      tendono sempre a ribaltare.
      Forse quel porsi in forse
      ti farebbe vivere meglio
      in modo più tranquillo, senza sperare
      accontentarsi, senza troppo desiderare.
      Un futuro che bisogna guadagnare
      forse come un gioco a punti
      si deve comunque tentare
      ti hanno messo, senza tua intenzione
      in questa situazione
      che non hai chiesto e c'è anche il resto.
      Non chiamatemi folle, ma è così che mi sento
      a volte sbattuta, a volte cullata
      spesso perduta
      una foglia d'autunno, in balia del vento.
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        Scritta da: Prometeo
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Notte d'estate

        È una bella notte d'estate
        Tengono le alte case
        aperti i balconi
        del vecchio paese sulla vasta piazza
        Nell'ampio rettangolo deserto,
        panchine di pietra, evonimi ed acacie
        simmetrici disegnano
        le nere ombre sulla bianca arena.
        Allo zenit la luna, e sulla torre
        la sfera dell'orologio illuminata.
        Io in questo vecchio paese vo passeggiando
        solo come un fantasma.
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          Scritta da: Ambra
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Non ti amo, se non perché ti amo.
          E dall'amarti al non amarti giungo.
          E dall'attenderti quando non t'attendo
          passa il mio cuore dal freddo al fuoco.
          Ti odio senza fine, e
          odiandoti ti cerco.
          E la misura del mio amor perduto,
          è non vederti e amarti come un cieco.
          Forse consumerà la luce di Gennaio,
          col suo raggio crudele il mio cuore intero,
          rubandomi la chiave della calma.
          In questa storia solo io muoio,
          e morirò d'amore perché t'amo.
          Perché t'amo amore, a Sangue e Fuoco!
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            Scritta da: Kovski21
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il flauto di vertebre

            Prologo

            a voi tutte,
            che piacete o siete piaciute,
            che conservate icone nell'antro dell'anima,
            come coppa di vino in un brindisi,
            levo il cranio ricolmo di canti.

            Sempre più spesso mi chiedo
            se non sia meglio metter il punto
            d'un proiettile alla mia sorte.
            Oggi darò,
            in ogni caso,
            un concerto d'addio.

            Memoria!
            Raduna nella sala del cervello
            le schiere inesaurivbili delle amate.
            Da un occhio all'altro effindi il sorriso. D'antiche nozze travesti la notte.
            Di corpo in corpo effondete la gioia.
            Che nessuno dimentichi una simile notte.
            Oggi io suonerò il flauto
            sulla mia colonna vertebrale.

            I

            Miglia di strade i miei passi calpestano.
            Dove andrò a nascondere il mio inferno?
            Da quale Hoffmann celeste
            sei stata concepita, maledetta?

            Sono anguste le strade per una tempesta di gioia.
            Gente adorna la festa senza posa attingeva.
            Penso.
            I pensieri, grumi di sangue,
            imfermi e rappresi strisciano via dal cranio.

            Io,
            taumaturgo di ogni tripudio,
            non ho con chi andare alla festa.
            Cadrò di schianto, supino,
            sfracellandomi il capo dulle pietre del Nevskij!
            Ho bestemmiato.
            Ho urlato che Dio non esiste,
            e lui ha tratto dal fondo dell'inferno
            una donna che farebbe tremare una montagna
            e mi ha comandato:
            amala!

            Dio è soddisfatto.
            Nell'erta sotto il cielo
            un uomo tormentato s'è inselvatichito e spanto.
            Dio si stropiccia le mani.
            Dio pensa:
            aspetta, Vladimir!
            L'ha escogitato lui, lui,
            per non farmi scoprire il tuo mistero,
            di darti un marito vero
            e di porre sul pianoforte note umane.
            Se furtivo m'accostassi alla soglia della tua alcova, per far la croce sulla nostra coperte,
            lo so,
            si sentirebbe puzzo di lana bruciata
            e fumo sulfureo si leverebbe dalla carne del diavolo.

            Ma invece fino all'alba
            l'orrore che tu fossi condotta ad amare
            m'ha sconvolto,
            e le mie grida
            ho sfaccettato in versi,
            gioielliere già in preda alla follia.
            Giocare a carte!
            Sciaquare
            nel vino la rauca gola del cuore!

            Non ho bisogno di te!
            Non voglio!
            Non importa,
            lo so
            che creperò fra breve.

            Se è vero che esisti,
            o Dio,
            o mio Dio,
            se hai intessuto il tappeto di stelle,
            se questo tormento,
            moltiplicato ogni giorno,
            è, Signore, una prova mandata giù da te,
            indossa la toga del giudice.
            Aspetta la mia visita.
            Sono puntuale,
            non tarderò d'un giorno.
            Ascolta,
            altissimo inquisitore!

            Serrerò la bocca.
            Non udiranno un grido
            dalle labbra morse.
            Legami alle comete, come alle code dei cavalli,
            trascinami,
            squarciandomi sulle punte delle stelle.
            Oppure,
            quando l'anima mia sloggerà
            per venire al tuo tribunale,
            accigliandoti ottusamente,
            come una forca
            distendi la Via Lattea,
            e subito impiccami come un criminale.
            Fà quello che ti pare.
            Squartami, se vuoi.
            Io stesso, giusto, ti laverò le mani.
            Però,
            ascolta!
            Portati via la maledetta,
            che m'hai comandato d'amare!

            Miglia di strade i miei passi calpestano.
            Dove andrò a nascondere il mio inferno?
            Da quale Hoffmann celeste
            sei stata concepita, maledetta?

            Ii

            Il cielo
            fumoso, immemore d'azzurro,
            e le nubi a brandelli come profughi
            rischiarerò nell'alba del mio ultimo amore,
            vivido come l'incarnato d'un tisico.
            La mia gioia ricoprirà il ruggito
            dell'ammasso, dimentico
            del tepore domestico.
            Uscite dalle trincee.
            Combatterete dopo.

            Anche se dura la battaglia,
            ubriaca di sangue e vacillante come Bacco,
            le parole d'amore non sono vane.
            Cari tedeschi!
            Io so
            che avete sul labbro
            la Margherita di Goethe.

            Muore il francese
            sulla baionetta sorridendo,
            con un sorriso si schianta l'aviatore ferito,
            se ricorda
            il bacio della tua bocca,
            Traviata.

            Ma a me che importa
            della rosea polpa,
            che i secoli masticheranno?
            Oggi stendetevi ad altri piedi!
            Canto te,
            imbellettata,
            fulva.

            Forse di questi giorni,
            orrendi come aguzze baionette,
            quando i secoli avranno canuta la barba,
            resteremo soltanto
            tu
            ed io,
            che t'inseguirò di città in città.

            Sarai mandata di là dal mare,
            ti celerai nel covo della notte:
            ti bacerò attraverso la nebbia di Londra
            con le labbra di fuoco dei lampioni.

            In lente carovane percorrerai i torridi deserti,
            dove stanno leoni in agguato:
            per te
            sotto la polvere, strappata dal vento,
            sarà un Sahara la mia guancia ardente.

            Con un sorriso sulle labbra guardami,
            vedrai
            che torero io sono!
            E d'improvviso
            getterò sul tuo palco la mia gelosia
            come l'occhio morente del toro.

            Se portando il tuo passo distratto sul ponte
            penserai
            che ti sta bene laggiù,
            sarò io
            sotto il ponte la corrente della Senna,
            e ti chiamerò,
            digrignando i putridi denti.

            Con un altro incendierai nel fuoco dei cavalli
            Strelka o Sokolniki.
            Io starò in alto a farti soffrire
            con un'ignuda luna in attesa.

            Sono forte,
            avranno bisogno di me
            e mi ordineranno:
            muori in battaglia!
            Il tuo nome
            sarà l'ultimo,
            rappreso sul mio labbro lacerato dal proiettile.

            Finirò sul trono?
            O a Sant'Elena?
            Dominati i flutti tempestosi della vita,
            sarò ugualmente candidato
            al regno dell'universo
            e al lavoro forzato.

            Se è mio destido d'essere re,
            il tuo viso
            ordinerò di coniare al mio popolo
            nell'oro vivo delle mie monete!
            O laggiù,
            dove si scolora il mondo nella tundra,
            dove traffica il fiume col vento del nord,
            sul ferro graffierò il tuo nome, Lilia,
            e le catene bacerò nel buio della galera.

            Ascoltate, immemori dell'azzurro del cielo,
            irsuti,
            come bestie feroci.
            Al mondo, forse,
            questo ultimo amore
            è un'alba vivida come incarnato di un tisico

            iii

            Scorderò l'anno, la data, il giorno.
            Mi chiuderò solo con un foglio di carta.
            Avverati, magia sovrumana,
            delle parole illuminate di pianto!

            Oggi, appena entrato nella tua casa,
            mi sono sentito
            a disagio.
            Tu celavi qualcosa nell'abito di seta
            e s'effondeva nell'aria un profumo d'incenso.
            Sei felice?
            Hai risposto un freddo:
            &olaquo Molto ".
            L'inquietudine ha rotto l'argine della ragione.
            Accumolo disperazione, nel delirio della febbre.

            Ascolta,
            tanto non ci riesci
            a celare il cadavere.
            Scagliami in viso la parola terribile.
            Ogni tuo muscolo urla
            lo stesso,
            come in un megafono:
            è morto, è morto, è morto.
            No,
            rispondi.
            Non mentire!
            (Come farò a tornare indietro così?)
            Come due tombe
            ti si scavano gli occhi nel viso.

            Le due fosse si inabissano.
            Non se ne vede il fondo.
            Mi sembra
            di crollare dal palco dei giorni.
            Come una fune, ho teso l'anima sul precipizio
            e vi ho fatto l'equilibrista, giocoliere di parole.

            Lo so,
            ormai l'ha consunto l'amore.
            Da tanti segni indovino la noia.
            Fammi tornare giovane nell'anima.
            La gioia del corpo fà di nuovo conoscere al cuore.

            Lo so,
            per una donna sempre si paga.
            Non fa niente,
            se intanto,
            non ti vestirò con l'elegante abito di Parigi
            ma soltanto col fumo della sigaretta.

            Il mio amore,
            come un apostolo d'età remote,
            diffonderò oer mille e mille strade.
            Da secoli è pronta per te una corona,
            ove sono incastonate le mie parole:
            arcobaleno di spasimi.

            Come fecero vincere Pirro
            gli elefanti con passi di due quintali,
            così io ho sconvolto il tuo cervello col passo del genio.
            Invano.
            Non potrò piegarti

            Gioisci,
            gioisci
            d'avermi finito!
            Ora è tale l'angoscia che desidero
            soltanto fuggire al canale
            e il capo cacciare nell'acqua digrignante.

            Mi hai offerto le labbra.
            Con quanta indifferenza.
            Le ho sfiorate e m'hanno ghiacciato.
            M'è parso di baciare in penitenza
            un monastero intagliato nella fredda pietra.

            Hanno sbattuto
            la porta.
            È entrato lui,
            rorido della gaiezza delle strade.
            Io
            con un gemito mi sono spezzato in due.
            Gli ho gridato:
            &olaquo Va bene!
            Me ne andrò!
            Va bene!
            Rimarrà tua.
            Ricoprila di stracci,
            le sete appesantiscono le sue timide ali.
            Bada che non s'involi.
            Appendile al collo
            come una pietra collane di perle!".

            Oh, questa
            che notte!
            Ho spremuto a non finire la mia disperazione.
            Al mio pianto e al mio riso
            il muso della stanza d'è torto in una smorfia d'orrore.
            E come una visione sorse a te il suo sembiante,
            sul suo tappeto effondevi l'aurora dei tuoi occhi,
            quasi in sogno evocasse un nuovo Bjalik
            un'abbagliante regina dell'ebraica Sion.

            Nel tormento ho piegato i ginocchi
            dinanzi a colei che non è più mia.
            A mio paragone
            re Alberto,
            arresosi con tutte le sue fortezze,
            è un festeggiato ricolmo di regali.

            Indoratevi al sole, fiori ed erbe!
            Dilagate in primavera, vita di tutti gli elementi!
            Io un solo veleno desiderio:
            bere e bere sempre versi.

            Tu che hai saccheggiato il mio cuore,
            privandolo di tutto,
            e nel delirio m'hai lacerato l'anima,
            accogli, cara, il mio dono,
            forse più nulla io potrò inventare.

            Onorate a festa la data di oggi.
            Avverati,
            magia simile alla passione di Cristo.
            Vedete,
            sulla carta sono trafitto con chiodi di parole.
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              Scritta da: Kovski21
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Ascoltate!

              Ascoltate!
              Se accendono le stelle,
              vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?
              Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano?
              Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi?
              E tutto trafelato,
              fra le burrasche di polvere meridiana,
              si precipita verso Dio,
              teme d'essere in ritardo,
              piange.
              Gli bacia la mano nodosa,
              supplica
              che ci sia assolutamente una stella,
              giura
              che non può sopportare questa tortura senza stelle!
              E poi cammina inquieto,
              fingendosi calmo.
              Dice ad un altro:
              "Ora va meglio, è vero?
              Non hai più paura?
              Sì!?"
              Ascoltate!
              Se accendono le stelle,
              vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?
              Vuol dire che è indispensabile
              che ogni sera
              al di sopra dei tetti
              risplenda almeno una stella?
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                Scritta da: Kovski21
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Invece di una lettera

                Il fumo del tabacco ha roso l'aria.
                La stanza
                è un capitolo dell'inferno di Kruchenych.
                Ricordi?
                Accanto a questa finestra
                per la prima volta
                accarezzai freneticamente le tue mani.
                Oggi, ecco, sei seduta,
                il cuore rivestio di ferro.
                Ancora un giorno,
                e mi scaccerai,
                forse maledicendomi.
                Nella buia anticamera, la mano, rotta dal tremito,
                a lungo non saprà infilarsi nella manica.
                Poi uscirò di corsa,
                e lancerò il mio corpo per la strada.
                Fuggito da tutti,
                folle diventerò,
                consunto dalla disperazione.
                Ma non è necessario tutto questo;
                cara,
                dolce,
                diciamoci adesso addio.
                Il mio amore,
                peso così schiacciante ancora,
                ti grava sopra
                lo stesso,
                dovunque tu fugga.
                Lasciami sfogare in un ultimo grido
                l'amarezza degli offesi lamenti.
                Se lo sfiancano di lavoro, un bue,
                se ne va
                ad adagiardi sulle fredde acque.
                Ma, al di fuori del tuo amore,
                per me
                non c'è mare,
                e dal tuo amore neanche col pianto puoi imetrare tregua.
                Se l'elefante sfinito cerca pace,
                si stende regalmente sulla sabbia arroventata.
                Ma, al di fuori del tuo amore,
                per me
                non c'è sole,
                e io non so neppure dove sei e con chi.
                Se così tua avessi ridotto un poeta,
                lui
                avrebbe lasciato la sua amata per la gloria e il denaro
                ma per me
                non un solo
                suono è di festa
                oltre a quello del tuo amato nome.
                Non mi butterò nella tromba delle scale,
                non ingierò veleno,
                non saprò premere il grilletto contro la tempia.
                Su di me,
                al di fuori del tuo sguardo,
                non ha potere la lama di nessun coltello.
                Domani dimenticherai
                che ti ho incoronato,
                che l'anima in fiore ho incenerito con l'amore,
                e lo scatenato carnevale dei giorni irrequieti
                socompiglierà le pagine dei miei libi...
                Potranno mai le foglie secche delle mie parole
                trattenerti un momento
                per aspirare avidamente?
                Ma lascia almeno
                ch'io lastrichi con un'ultima tenerezza
                il tuo passo che s'allontana.
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