Poesie catartiche


Scritta da: Frank87
in Poesie (Poesie catartiche)

Il mercoledì di Renoir

Un mercoledì la morte
aspettava Renoir.

Non così in fretta
un suonatore di liuto
un giocatore di biliardo
avrebbero deciso la traiettoria
reciso il passato
cambiato memoria
in un atomo concreto di fiori.

Ma a Renoir
ormai cieco
cosa importa del lavoro
e della fantasia?

All'angolo fra la birreria
e l'educandato
vede il suo mondo cambiare
in un momento
come in provenza
i chiari battelli riprendono il vento.

E proprio in quell'attimo
Renoir si volge, saltella
con al fianco la morte sorella
e i due dopo un'occhiata
se ne vanno a braccetto
nelle tasche dello stesso cappotto.
Composta venerdì 18 aprile 2014
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    in Poesie (Poesie catartiche)

    Loro e noi

    Stavano tutti fuori sulla veranda
    a chiacchierare:
    Hemingway, Faulkner, T. S. Eliot,
    Ezra Pound, Hamsun, Wally Stevens,
    E. E. Cummings e qualcun altro.
    "Senti", disse mia madre, "puoi
    dirgli di starsi zitti?".
    "No", dissi io.
    "Stanno dicendo solo fesserie", disse mio
    padre, "dovrebbero trovarsi
    un lavoro".
    "Ce l'hanno un lavoro", dissi
    io.
    "Un accidenti", disse mio
    padre.
    "Esattamente", dissi
    io.

    A quel punto Faulkner entrò
    dentro barcollando.
    trovò il whisky nella
    credenza e se lo portò
    fuori.
    "Una persona tremenda",
    disse mia madre.
    Poi si alzò e sbirciò fuori
    in veranda.
    "C'è una donna con loro",
    disse lei, "solo che sembra un
    uomo".
    "È Gertrude", dissi
    io.
    "C'è un altro tizio che sta facendo vedere i
    muscoli", disse lei, "dice di
    poterli battere a tre
    a tre".
    "È Ernie", dissi io.
    "E lui", mio padre mi indicò,
    "vuole essere come loro!".
    "È vero?", chiese mia madre.
    "Non come loro", dissi io, "ma uno
    di loro".
    "Trovati uno stramaledetto lavoro",
    disse mio padre.
    "Statti zitto", dissi io.
    "Che?".
    "Ho detto, statti zitto, sto ascoltando
    queste persone".
    Mio padre guardò sua moglie:
    "Questo non è figlio
    mio!".
    "Spero di no", dissi io.

    Faulkner entrò di nuovo nella stanza
    barcollando.
    "Dov'è il telefono?",
    chiese.
    "A che diavolo ti serve?", chiese
    mio padre.
    "Ernie si è appena fatto saltare
    le cervella", disse lui.
    "Lo vedi cosa succede alla gente
    così?", urlò mio padre.
    Mi alzai
    lentamente
    e aiutai Bill a trovare
    il
    telefono.
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      Scritta da: Giuditta C.
      in Poesie (Poesie catartiche)

      Quando

      Quando i cavalieri della tavola rotonda
      giunsero al mare dissero: "ma che cazzo di surf abbiamo?"
      Quando, quella volta, ho visto i sorci verdi,
      la prima cosa che ho pensato è stata:
      "mah! Saranno della lega!"
      Quando usi il pugno di ferro,
      e non hai una donna,
      stai attento alle abrasioni...
      quando lei/lui ti dice:
      "questa me la pagherai!"
      Quando, quando, quando...
      quando nella vita non riesci a trovare delle risposte,
      non continuare a farti 'ste cazzo di domande!
      Composta mercoledì 26 febbraio 2014
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        Scritta da: ROBERTO POZZI
        in Poesie (Poesie catartiche)

        Il castello di vetro

        Come l'indiscusso sovrano di un piccolo regno,
        l'unico rè di una casa trasparente,
        quel castello di vetro non era il tuo santuario,
        l'inaspettato fato ha fatto si che non lo fosse!

        La tua splendida dimora crollò al suolo,
        disintegrata in milioni di pezzi
        sotto la furia del forte vento
        di un destino che aveva scatenato
        tutta la sua forza infernale.

        Non eri mai stato solo
        in questa tua personale catastrofe
        l'angelo della morte era venuto a trovarti
        ancora un'altra volta per una visita sgradita,
        portando uno dei suoi soliti regali,
        non quello che egli era abituato a lasciare,
        un pensiero molto più angosciante
        della fine della propria esistenza:
        una vita di sofferenza e disperazione,
        un lungo terrificante sguardo
        nell'immensità dell'abisso
        della pestilenza del ventunesimo secolo.

        La mazzata fu così violenta
        la vita che conoscevi era finita,
        certamente non potevi pensare al presente,
        come mai immaginare un domani
        in quel futuro dannato per l'eternità.

        Come un riluttante martire
        non ti eri scoraggiato,
        non avevi mai mollato la lotta,
        passo dopo passo avevi vinto
        la guerra con l'oscurità
        seguendo la luce del Padre,
        il sommo genitore non ti aveva abbandonato
        proprio quando avevi più bisogno di Lui.

        L'amore dei tuoi cari era riuscito a salvarti
        diventando una moderna araba fenice

        un modello d'ispirazione
        per te stesso e per tutte le generazioni

        un coraggioso eroe
        per tutte le anime che avevano perso
        la volontà di vivere!
        Composta sabato 1 febbraio 2014
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          Scritta da: ROBERTO POZZI
          in Poesie (Poesie catartiche)

          Il mio paradiso perduto

          Caldi raggi dorati
          mi scaldavano l'anima,
          neanche una nuvola
          in quel pallido intenso azzurro
          di una solare giornata estiva,
          sdraiato sul fresco manto verde
          di un prato rubato alle favole
          non pensavo a nulla d'importante;
          ero rimasto incantato dalla bellezza
          del celestiale creato.

          Mi sentivo in paradiso,
          almeno in quello da me desiderato,
          la serenità del momento
          era l'unica ambizione della mia vita,
          in quel cielo dall'incredibile splendore
          il mondo mi sembrava del tutto angelico,
          nulla poteva essere diabolico,
          ma l'Eden tanto decantato
          da poeti e scrittori
          non era mai durato
          un'eternità.
          In attimo il cielo cambiò,
          l'azzurro divino era sparito,
          un'enorme nube grigiastra
          aveva oscurato anche il mio umore,
          un minaccioso uragano che avanzava
          aveva già rovinato la mia esistenza!

          Come un altro angelo caduto
          ero perso nel mio purgatorio terreste
          a espiare il mio peccato originale,
          quella ricerca della verità,
          il viaggio che solo a pochi eletti
          era permesso di intraprendere
          mi era costato molto caro.
          Da quel maledetto momento in poi
          la luce della speranza mi abbandonò,
          l'inferno diventò la mia nuova dimora
          e l'infelicità regnò sovrana sul mio spirito:
          seguendo un altro tormentato percoso
          per ritrovare la pace dello spirito
          non ero più sicuro di niente...
          se mai avrei ancora vissuto
          il mio paradiso perduto!
          Composta martedì 28 gennaio 2014
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            Scritta da: ROBERTO POZZI
            in Poesie (Poesie catartiche)

            Oltre l'apparenza

            Neanche tu eri così diverso,
            appartenevi alla massa di ciechi
            che non vedeva oltre l'apparenza!
            Pur essendo stato molto convincente
            a nascondere la tua angoscia,
            l'auto imposta panacea dei sensi
            non ti aveva restituito la serenità,
            anzi la confusione più totale
            continuava a rovinare
            il tuo fragile equilibrio.

            ll tuo insensato appello
            per la mia approvazione,
            le mie intime confidenze
            non ti avevano salvato
            da te stesso...
            dalle tue paure:
            io ero sempre invisibile
            ai tuoi occhi accecati
            dai tuoi stessi pregiudizi,
            il tuo gentile cuore
            era perennemente bloccato
            alla fine della tua ultima storia,
            un doloroso lutto da elaborare
            e troppi recenti ricordi
            ancora da sotterrare.

            Non mi avevi veramente compreso,
            oltre l'invisibile muro del mio cristallino,
            le facili deduzioni della tua inquisizione
            non ti avevano svelato oscuri segreti
            avevano fabbricato inspiegabili sospetti
            tessuti nella tua impenetrabile armatura
            a difesa della prossima delusione.

            Non c'eri mai riuscito a leggermi,
            ad avvicinarti al mio vero essere,
            immobile dinanzi ai miei tenebrosi occhi
            ti eri fermato all'evidente facciata
            del mio burrascoso passato
            per non scoprire chissà
            quale scomoda verità;
            la tua ristretta visione del mondo
            aveva distorto la mia innocenza
            rovinando senza un minimo rimorso
            anche le ultime vestigia
            del mio insito romanticismo.

            Non avevi quindi mai sentito
            il mio cuore pulsare per te,
            nella tua mente mi avevi già conosciuto
            personificando quel solito specchio disincantato
            che rifletteva soltanto quella costruita falsità,
            il tuo infondato pensiero sul sottoscritto
            ti aveva appunto imprigionato
            nel tuo più profondo
            e intoccabile sé!

            In questo mondo di miscredenti,
            in nessun caso mi arrenderò
            alla tristezza di un altro amore mancato,
            continuerò il mio percorso
            a sognare il sentimento divino,
            a cercare la mia anima gemella,
            a sperare nell'unico spirito
            che mi toccherà l'anima.
            Composta lunedì 27 gennaio 2014
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              Scritta da: Dario Pautasso
              in Poesie (Poesie catartiche)

              È reale

              Nulla è reale
              se non ciò che ci fa star
              bene
              o male.

              Non c'è vita nella vita se stai soffrendo troppo.
              Non c'è morte nella morte se sei in pace.

              Il vuoto è pieno zeppo
              se ti spaventa.
              I fantasmi sono sempre esistiti
              se li hai temuti.

              I tramonti piangono le loro cascate
              di colore
              ai tuoi occhi
              solo quando sollecitano un'emozione.

              Ho visto tanti, troppi tramonti
              in bianco e nero...

              Ho ammirato notti senza luna
              nei colori più sgargianti.

              Anche il tempo si esprime solo
              in gradi di sofferenza,
              e lo spazio nei livelli d'immensità
              con cui ci opprime.
              Composta sabato 17 novembre 2012
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                Scritta da: Federico Riboldi
                in Poesie (Poesie catartiche)

                Il tempo prende tutto

                Gridavo in questo vuoto oblio
                Nessuno mi sente, sono solo io
                Cantando bevo l'acqua del Lete
                Vi sentivo minacciosi, e adesso non ci siete.
                E li svuoto quegli ingrati che mi affannavano
                Le vostre reminiscenze mi distruggevano
                E mi addormento esaminando le forme
                Della mia vita proiettate sullo schermo di una tv
                Che comunque riesco a guardare e apprendo
                Cosa non fare più nel mio futuro,
                Rendendolo meno scuro, e aprendo
                Le porte su un passato di color giallo puro
                E anche se oramai non siamo più legati ora sono maturo.

                Ti sento dentro come un taglio
                nascosto nella mia intimità
                Il tempo prende tutto,
                tutto sarà quel che sarà;
                E mi chiedo se sei frutto del mio maglio
                E quello che vorrà
                Quale effetto avrà il mio abbraccio
                Il tuo animo come rimarrà!

                Mi diluivo in un complesso di formule
                E calcoli complicati, la concentrazione mi sviava
                E venivamo abbagliati
                Stacchiamo la corrente ed dai viviamo al buio
                Io ero solo con la mia mente, tu con il tuo.
                Vedevo bianco, rosso blu arancione,
                Tutti i colori si mischiavano in un terribile ciclone
                Portavo la mia tristezza in un adagio
                Avverto il senso dell'armonia nel tuo nome.
                Sono un arco che suona il mio contagio di un movimento che chiamo emozione,
                Racchiudo questo libro con una chiave per limitarmene il dolore.
                Eh si, so che stai leggendo, lo sento nella tua obiezione
                Lo so che è sbagliato, ma si, quello è amore.
                Composta martedì 24 settembre 2013
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                  Scritta da: Dario Pautasso
                  in Poesie (Poesie catartiche)

                  L'ultima volta

                  L'ultima volta che ho baciato
                  i tuoi occhi ero calmo
                  come il suono di un ruscello
                  lontano.
                  Ero dolce quando già l'onda
                  cresceva dentro un cuore
                  riarso.
                  Avrei voluto che le mani
                  continuassero a non tremare
                  per carezzarti i fianchi
                  ma già il tuono rombava
                  incalzante
                  nella mia mente.

                  L'ultima volta che ho baciato
                  i tuoi occhi
                  sapevo che il muro
                  stava crollando
                  eppure il sorriso ci rassicurava:
                  piangevi di gioia
                  prima del tuono
                  prima che l'onda mi sommergesse,
                  ancora.

                  L'ultima volta che ho baciato
                  i tuoi occhi
                  ho sfiorato una lacrima
                  che innaffiava la tua vita
                  così genuina,
                  forte: il fiore più bello.

                  L'ultima volta
                  già le foglie del mio albero
                  si staccavano man mano
                  lievi ed atroci
                  tra il giallo accecante e il rosso dolente
                  nella nera pozza
                  degli addii.
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                    Scritta da: Rosarita De Martino
                    in Poesie (Poesie catartiche)

                    La mia doccia

                    Oggi, con acqua
                    e profumo di sapone,
                    ristoro il mio stanco corpo.
                    Ma il mio spirito soffre
                    offuscato
                    da caligine di pensieri.
                    E ancora riparto
                    alla ricerca della fonte
                    di preghiera.
                    E cammino, cammino,
                    finalmente arrivo.
                    Mi fermo.
                    Frescura m'inebria,
                    una conchiglia mi accoglie
                    e sorride.
                    Sicura l'afferro
                    e con essa scendo
                    in profondità di buio.
                    Ma ecco ritorno,
                    risalgo
                    e sono già colma
                    di acqua di luce.
                    Ritrovo candore di vita
                    che vince la caligine
                    di pensieri.
                    Esulta l'anima mia
                    in te, mio Dio.
                    Composta domenica 24 novembre 2013
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