Sempre t'amerò, nelle lunghe sere, quando mi vorrai accanto, quando stanco, la testa sul mio seno poggierai. Amerò la tua voce, i tuoi silenzi, non chiederò niente. Ti amerò dolcemente, quando pace cercherai, carezzando i tuoi pensieri, sereno ti addormenterai. Sei la mia infinita malinconia, nell'attesa... che non mi pesa, perché ho scelto di aspettarti, di rispettare i tuoi tempi, sempre pochi, ma quanto amore nell'attesa.
Quale soddisfazione avrai: morte regina sarai, ma di un corpo distrutto e dovrai fartene una ragione. Non starò a sentirti, ti starò a guardare, porta pure via i miei resti, ti allontanerai imprecando, perché tutta non mi potrai avere, sarai regina del niente e regalerò il mio cuore, sarò ancora viva. Io rinascerò.
Saprò dal profumo del glicine, dal mio prato fiorito, da quel cielo di un blu infinito che l'inverno è passato, dalle rondini in volo, ma chi dividerà la mia gioia a chi aprirò il mio cuore, se ora sono da solo. Guardo dalla finestra, saluto con la mano, ma la gente passa e non resta, le parole non si dicono più, neppure gli occhi s'incontrano, tutto è accelerato, ed è inutile se l'inverno è passato... rimane freddo il mio cuore, un altro anno in fretta se ne è andato.
La vita è un insieme di pagine riempite di lacrime di dolci ricordi di fiori secchi di parole mai dette e fogli bianchi, per questo di tanti nostalgie e pentimenti...
La vita è un fiume che non torna mai indietro scorre nel suo letto veloce si, forse troppo in fretta e non si può fermare nella sua corsa verso il mare tutto porta con sé qualcosa di noi...
Che non abbiamo fatto in tempo che non abbiamo pensato che non abbiamo aspettato...
Ci siamo persi e poi ritrovati come due gocce nello stesso mare ma troppo tardi ed ora quel fiume in piena vorrebbe tornare da dove è nasce e desiderio cresce.
Ora amanti ma di noi niente solo se e forse, rimane di come sarebbe stato il tempo che non abbiamo rispettato la pazienza che non abbiamo avuto ormai solo rimpianti ma ancora resta muto qualcosa di noi.
Uomini, illusi capitani di vascelli fantasma a doppio timone, che navigano controvento e senza direzione. Condottieri fragili, di virtuali eserciti di cui ben note sorti. Re senza corona, di invisibili popoli, soggiogati da ciò che donna dona, facilmente plasmabili, da lingue di fuoco e dardi di piacere. Il loro motto è semplicemente godere.
Capisco la mia colpa, è stata una follia, non posso fingere, ma liberare il cuore, devo lasciarlo andare dove vuole. In questo momento, capisco il tuo tormento, ma non mi devi odiare. Dentro me resterai, non scordarlo mai, sei stato un grande amore, poi quello che c'è stato, e perché è finito non so spiegartelo. Non portarmi rancore, anch'io ho un gran dolore ma non potevo fingere, voglio provare e poi se ancora lo vorrai... Non so se durerà ma sono pronta sai, io non mi illudo mai, ma quello che ho nel cuore, devo lasciarlo andare, fammi provare... non costringermi in una bugia, non mi devi odiare.
Per chi fingere quando scoprirò le carte e metterò il mio orgoglio da parte.
Solo al buio tolgo questa maschera e quanto pesa sotto un velo di lacrime tenute a stento nascoste ma ancora non mi sono arresa faccio male a me ma non posso fare altro sono incatenata a una vita che non mi appartiene.
Nessuno mi trattiene ma troppe le convenienze e i miei tanti se...
Niente di più sbagliato un giorno ancora è passato senza farmi sentire che anch'io esisto ma con una forza che non pensavo continuo e persisto.
Ci sarà un giorno che mi farò pena mi sveglierò guardandomi allo specchio ma saranno passati tanti anni sarà il mio viso a testimoniare per me che non ho mai avuto la forza ed il coraggio di gridare.
Semplicemente io, turgida Rosa, corposa morbida e vellutata diritta sul suo stelo, mamma amorevole, donna amata. A tutti dono, un po' di me, a chi sa capire, volitiva e forte fino a morire. Sincera, troppo oserei dire, come Rosa che non nasconde profumo né colore al sole mi rivolgo radiosa, mai scontrosa e imbastisco trame col vento, che mi accarezza, a volte puntigliosa, e con cuor contento, i miei pensieri vanno su ogni cosa, La vita (che ringrazio) mi ha donato tanto. E sulla fantasia rosa riposa.
Quanno che hai lavorato tutta la vita, te fai li conti: la casa l'hai pagata, famiglia sistemata, tua moglie co la vecchiaia s'è carmata, e mo te stà a sentì. Nun hai pensato però che devi da morì, e ner frattempo te sei scordato, che la tomba nun te sei comperato. E sì perché er diritto t'è negato, puro lì devi da fa li conti. Me so messo na mattina controvoja, davanti all'ufficio addetto, mentre chiedevo li scongiuri ho fatto: c'è na tomba da poté comprà? Ma certo c'è rimasta l'exstralusso, loculo doppio, pe lei e pe la su moje, questo ve posso offrì, è troppo tardi, me deve solo dì in quanto tempo, me darà li sordi. Bè; jo risposto: visto che stò avanti co l'età me devo accontentà, cerchiamo de allungà, famme firmà, quanno che stò de là, avoja a chiamà, cor cacchio che te vengo a pagà.
È l'alba, dalla finestra sento le campane a festa, c'è una piccola chiesa, posta sulla collina, non si riesce a vederla quando sorge il sole, quel luccichio ammanta di luce tutta la torrina, dove è posta la campana ed una piccola croce. Ogni mattina s'invola su nel il cielo una preghiera, fatta col cuore e di promesse sincera, va fino alla chiesina, insieme al profumo della mattina. L'erba brilla di rugiada, Pasqua è vicina, le rose e i biancospini, adornano la via, che conduce alla casa del Signore, sembra una cosa fatta apposta, ma i raggi ci conducono alla meta, basta seguire dove sorge il sole, senza alcuna sosta.