Mi è accaduto, nella mia recente esistenza, di ricevere un miracolo. Credo che il miglior modo per ringraziare chi me lo ha elargito, e io lo chiamo Dio, non sia esprimere una gratitudine in parole quanto piuttosto l'avere il massimo rispetto per quel miracolo. I miracoli ci sono dati per essere amati e rispettati.
Non è questione di prolungare il tempo di qualcosa ma di utilizzare quello che ci è concesso perché quella qualcosa sia vissuta nella massima pienezza.
Ho sempre dato una certa importanza al verbo risentirsi come riascoltarsi più volte, questo è il vero vivere, un vivere che apre. Risentirsi come arrabbiarsi, invece, è un ripiegarsi in se stessi senza alcun costrutto.
Che non mi sorprenda mai il giorno in cui il pensiero dovesse diventare per me un peso. Pensare è la gioia di scoprirsi vita facendo emergere soprattutto quelle parti di noi che giacevano come morte.
Non mi interessano i professorini che sanno già tutto (secondo loro) della vita, mi avvincono coloro che hanno sempre desiderio di apprendere e, partendo dalla loro ignoranza, accettano di mettersi in gioco senza mai fissare un punto d'arrivo.