Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Costance Hately

Tu lodi il mio sacrificio, Spoon River,
perché allevai Irene e Mary,
orfane di mia sorella!
E biasimi Irene e Mary
perché mi disprezzarono!
Ma non lodare il mio sacrificio,
e non censurare il loro disprezzo;
io le allevai, ebbi cura di loro, è vero! —
ma avvelenai questi benefici
col costante rinfaccio della loro dipendenza.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Lydia Puckett

    Knowlt Hoheimer se ne andò alla guerra
    il giorno prima che Curl Trenary
    denunciasse davanti al pretore Arnett
    quel furto di porci.
    Ma non è questa la ragione per cui si fece soldato.
    Mi sorprese che scherzavo con Lucius Atherton. Bisticciammo e gli dissi
    di non venirmi più tra i piedi.
    Allora rubò i porci e andò alla guerra ——
    dietro a ciascun soldato c'è una donna.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Dorcas Gustine

      Non ero amato dagli abitanti del villaggio,
      tutto perché dicevo il mio pensiero,
      e affrontavo quelli che mancavano verso di me
      con chiara protesta, non nascondendo né nutrendo
      segreti affanni o rancori.
      È assai lodato l'atto del ragazzo spartano,
      che si nascose il lupo sotto il mantello,
      lasciandosi divorare, senza lamentarsi.
      È più coraggioso, io penso, strapparsi il lupo dal corpo
      e lottare con lui all'aperto, magari per strada,
      tra polvere e ululi di dolore.
      La lingua è magari un membro indisciplinato —
      ma il silenzio avvelena l'anima.
      Mi biasimi chi vuole — io son contento.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Sognando di scoprire universi sconosciuti... abbandono i miei sensi alla follia della passione... ossessionata dalla tua magnetica sensualità... arde il desiderio di possedere la tua mente... giocando con i tuoi sogni proibiti... alimenta la mia fiamma e scalda i tuoi sensi... libera i tuoi pensieri e abbandona il tuo corpo... vivi con me...
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Silenzio Eterno

          Un tonfo, un urlo,
          e poi silenzio.
          Mi cingo in ginocchio...
          perso nel vuoto
          l'ultimo alito di vita.
          Attonita, estranea, disperata,
          mi guardo intorno:
          non c'è più nulla,
          a terra corpi senza vita,
          mentre sale dal cielo
          il fumo di ultimi
          cumuli di cenere.
          Sono accanto al tuo corpo
          e grido,
          mentre le lacrime
          mi rigano il volto, e
          bagnano le tue mani.
          Con le ultime forze
          rimaste, mi sfiori
          la labbra con le dita...
          altruista più di qualsiasi
          essere umano,
          mi regali gli ultimi
          brividi, l'ultima
          dolce e intensa
          rivelazione del tuo amore.
          Poi lentamente
          cade la tua mano,
          ancora il sangue
          scorre fuori dal
          tuo cuore,
          ancora l'ennesimo
          sussulto,
          poi più nulla.
          Mi sono risvegliata
          dall'incantesimo
          della tua carezza,
          e ti vedo
          come tutti gli altri,
          steso sul terreno,
          fermo, freddo, morto.
          Forse mi hai regalato
          quei momenti per
          evitarmi almeno
          per un istante
          la triste e cruda realtà.
          Batto un pugno
          sul suolo, e poi
          cerco di picchiarti,
          ti do del farabutto e
          grido: -Perché te ne sei andato
          senza di me? Perché mi hai lasciata
          sola? Portami con te!-
          Ma tu non rispondi:
          per la prima volta
          il tuo non è
          un tacere di riflessione...
          è un silenzio eterno.
          Guardo i tuoi occhi,
          ma subito li chiudo:
          voglio ricordare la loro
          intensità, li voglio
          ricordare così com'erano...
          capaci d'imbarazzarmi,
          di farmi sorridere, pensare,
          eccitare.
          Con timore ti poso
          una mano sul
          petto... il vuoto,
          non respiri più...
          Non sentirò più il tuo
          respiro sulla pelle,
          non sentirò più la tua
          mano sul mio corpo,
          non sentirò più
          la tua voce
          che mi rilassava,
          mi desiderava.
          Sfinita
          mi accascio su di te,
          ormai non sento più nulla,
          il mondo intorno a noi
          si è dissolto.
          Chiudo gli occhi
          e vedo ancora noi,
          ma per la prima volta
          felici, uniti, insieme.
          Sento ancora il calore
          e il profumo della
          tua pelle, il tuo cuore
          batte ancora,
          i tuoi occhi mi guardano...
          la tua mano prende la mia
          le mie labbra sfiorano
          le tue...
          sono morta lo so...
          ma non ho sentito dolore,
          adesso sono con te.
          Il mondo è finito,
          la vita non esiste più,
          ma per noi, amore mio,
          è appena cominciata.
          Lontani dall'odio, dall'ipocrisia,
          dall'indifferenza,
          adesso siamo io e te,
          solo noi due,
          per goderci la nostra
          felicità eterna.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Angelo Nero

            Tu con la tua anima
            disperatamente dannata,
            mi hai incatenata, incantata.
            I tuoi occhi scrutano perversi
            il mondo, e profondamente
            lo vogliono, lo cercano.
            Tu non sei che un angelo,
            un angelo dannato,
            destinato ad una vita lugubre,
            buia, eppure vedi una luce
            che ogni mortale ignora,
            hai aperto una porta
            alla sapienza eterna e vera,
            e per questo condannato e
            forse un giorno ingiustamente...
            giustiziato.
            La tua bocca parla
            di cose proibite, di verità censurate,
            critica le assurdità del mondo.
            Eppure tu non sei che un angelo,
            un angelo destinato ad una vita
            solitaria, lunga e dura come
            rigidi inverni.
            Come gelo, la società,
            su di te s'abbatterà per soffocare
            la tua sete di verità e giustizia,
            chiusi nella loro ignoranza,
            non vorranno vedere, non
            vorranno sentire.
            Eppure tu,
            dolce, dannato, triste angelo,
            non farai che aumentare il calore,
            la passione, che dimorano in te,
            che ti danno una ragione per vivere.
            A volte vorresti che mai
            la tua mente fosse stata illuminata:
            è difficile combattere da soli,
            e piangi nel tuo silenzio,
            e un rosso scarlatto scende sulle
            tue guance.
            Gridi, gridi pietà ad una vita più
            volte rinnegata,
            ma tu sei il prescelto, non sei che
            un portatore di felicità, di serenità.
            Eppure vivi nella disperazione,
            nel tuo dolore, mascherandolo,
            nascondendolo a te stesso,
            vivi le pene dell'inferno,
            solo per portare un po' di pace.
            Ma tu, tu non sei che
            un angelo,
            tu sei innocente,
            ma per il mondo sei il male,
            sei le loro paure, sei le loro
            perversioni, sei ciò che rifiutano.
            E per me, non sei che
            l'amore, la passione, il fuoco,
            la sapienza, la verità,
            sei il mio spirito, la mia anima,
            tu che mi proteggi sotto le tue ali,
            che mi guidi con la tua mano,
            che mi parli con gli occhi,
            tu che sei la mia salvezza,
            tu: il mio angelo nero.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Tra il silenzio degli ulivi

              Qui, tra il silenzio degli ulivi,
              l'azzurro del cielo abbraccia la valle
              e un campanaccio da chissà dove
              spezza la monotonia del ritmo
              uguale all'incedere di quel pastore
              e a un cane che da rituale abbaia
              per dire che c'è e che ci siamo
              anche noi nel descrivere
              la saggezza della natura
              così bonaria nell'umore
              di una giornata serena
              in attesa di quel lampo
              di buio pronto a deturpare
              il paesaggio nel nuovo
              ordine delle cose.
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