Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Padre Nostro che sei nei cieli
Restaci
E noi resteremo sulla terra
Che qualche volta è così attraente
Con i suoi misteri di New York
E i suoi misteri di Parigi
Che ben valgono i misteri della Trinità
Con il suo minuscolo canale dell'Ourcq
La sua grande Muraglia Cinese
Il suo fiume di Morlaix
Le sue caramelle alla Menta
Con il suo Oceano Pacifico
E le sue due vasche alle Tuileries
Con i suoi bravi bambini e i suoi mascalzoni
Con tutte le meraviglie del mondo
Che sono là
Con semplicità sulla terra

A tutti offerte
Sparse
Esse stesse meravigliate d'esser tali meraviglie
E che non osano confessarselo
Come una bella ragazza nuda che mostrarsi non osa
Con le spaventose sventure del mondo
Che sono legioni
Con i loro legionari
Con i loro carnefici
Con i padroni di questo mondo
I padroni con i loro pretoni gli spioni e marmittoni
Con le stagioni
Con le annate
Con le belle figliole e i vecchi coglioni
Con la paglia della miseria che imputridisce nell'acciaio dei cannoni.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Che gioia sarebbe,
    se qualcosa si rovesciasse.
    Se la lingua inaridisse
    E gli occhi parlassero;
    l'ipocrisia seppellita
    senza onore delle armi.
    Occhi puri,
    incorrotti dalla bocca.
    Palpebre immuni
    Da ogni infezione.
    Messaggi captati
    In religioso silenzio.
    Lunghi ed interminabili
    Discorsi
    Si alzerebbero trionfanti
    Sul ciarliero mormorìo.
    Occhi fissi,
    sganciati dall'imperio facciale,
    saprebbero ridere,
    senza arrestarsi.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Essere buono è dimenticare se stessi
      per pensare agli altri.
      Essere buono è perdonare
      pensando che la miseria umana
      è più grande della cattiveria.
      Essere buono è avere pietà
      della debolezza altrui
      pensando che noi non siamo
      diversi dagli altri e nelle loro condizioni
      forse saremmo peggiori.
      Essere buono è chiudere gli occhi
      davanti all'ingratitudine.
      Essere buono è dare
      anche quando non si riceve,
      sorridendo a chi non comprende
      o non apprezza la nostra generosità.
      Essere buono è sacrificarsi
      aggiungendo al peso
      delle nostre pene di ogni giorno
      quello delle pene altrui.
      Essere buono è tenere
      ben stretto il proprio cuore
      per riuscire a soffocare le sofferenze
      e sorridere costantemente.
      Essere buono è accettare
      il fatto poco simpatico che più doneremo
      più ci sarà domandato.
      Essere buono è acconsentire
      a non avere più nulla riservato a se stessi
      tranne la gioia della coscienza pura.
      Essere buono è riconoscere con semplicità
      che davvero buono è solo Iddio.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        La Fede

        Il mare è grande. Se vuoi scandagliarlo, verrai travolto dall'impeto delle sue onde. Un'onda sola può strapparti via e sbatterti contro uno scoglio. Ti basti, o debole uomo, poter dedicarti ai tuoi commerci su una piccola nave. Ma la fede è meglio, per te, che una nave sul mare. Questa infatti è retta dai remi, tuttavia i flutti la possono far affondare; ma la tua fede non affonda mai, se la tua volontà non lo vuole. Come sarebbe desiderabile per il marinaio regolar il mare a proprio volere! Ma in un modo egli la pensa, e in altro modo agisce l'onda. Solo nostro Signore dominò il mare, tanto che quello tacque e si placò. Ma egli ha dato anche a te il potere di dominare, come lui, un mare, e di rabbonirlo. L'investigare è più amaro del mare, e il questionare è più tempestoso delle onde. Se si abbatte sul tuo spirito il vento della cavillosità, dominala, e appiana le sue onde! Come la burrasca mette sossopra il mare, così i cavilli conturbano il tuo spirito. Nostro Signore domina, il vento cessa e la nave scivola in pace sulle onde. Domina lo spirito capzioso, raffrenalo, e la tua fede sarà in pace. A ciò dovrebbero indurti anche le creature di cui conosci l'uso. Per esempio, tu non sei in grado di chiarire le sorgenti, pur tuttavia non smetti di bere da loro. E per il fatto poi di aver da loro bevuto, tu non pensi certo di averle comprese. Anche di comprendere il sole tu non sei in grado, pur tuttavia non ti sottrai alla sua luce. E per il fatto che questa scende a te (con i suoi raggi) tu non ti cimenti certo di salire verso la sua altezza. L'aria è per te un pegno, ma quanto essa sia estesa, tu non lo sai.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          L'uomo che impara

          Prima costruii sulla sabbia,
          poi costruii sulla roccia.
          Quando la roccia crollò
          non ho più costruito su nulla.
          Poi ancora talvolta costruivo
          su sabbia e roccia, come capitava, ma
          avevo imparato.

          Coloro ai quali affidavo la lettera
          la buttavano via.
          Ma chi non curavo
          me la riportava.
          Allora ho imparato.

          Le mie disposizioni non furono rispettate.
          Quando giunsi, m'avvidi
          che erano sbagliate.
          Era stato fatto
          quel che era giusto.
          Così ho imparato.

          Le cicatrici dolgono
          nel tempo di gelo.
          Ma spesso dico: solo la fossa
          non m'insegnerà più nulla.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Visione

            Non mi muoverò da qui senza avere tue notizie.
            Non staccherò il mio sguardo
            dalle tue finestre finché
            non si chiuderanno per sempre;
            non ti lascerò andare
            ramingo per il mondo
            alla mercè
            di mercanti senza scrupoli;
            non permetterò l'ennesimo insulto
            alla tua povertà in spirito;
            ma sarò sempre al tuo fianco
            a vigilare, custodire,
            con te soffrire e gioire,
            perché vedo in te
            lo spirito di Cristo.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Ho sempre avuto l'impressione
              che fossimo vicini, come due frutti
              usciti dallo stesso ramo.
              Il giorno si leva mentre ti scrivo,
              il tuono brontola dolcemente,
              la giornata sarà piovosa.
              Ti immagino mentre ti raddrizzi
              sul tuo letto.
              Questa angoscia che senti, io la sento
              allo stesso modo.
              La notte ci abbandona
              la luce delimita
              di nuovo le persone
              Le persone piccolissime.

              Steso sulla moquette osservo
              con rassegnazione l'alzarsi della luce.
              Vedo dei capelli sulla moquette,
              questi capelli non sono tuoi.
              Un insetto solitario scala i fili di lana.
              La mia testa ricade,
              si solleva, ho voglia di chiudere
              veramente gli occhi.
              Non dormo da tre giorni, non lavoro
              da tre mesi, penso a te.
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