Quando su un volto desiderato si scorge il segno di tante stagioni e una vena troppo scura si prolunga nella stanza, quando le incisioni della vita giungono in folla e il sangue rallenta dentro i polsi che abbiamo stretto fino all'alba, allora non è solo lì che la grande corrente si ferma, allora è notte, è notte su ogni volto che abbiamo amato.
Per lei voglio rime chiare, usuali: in -are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini (di mare) dei suoi orecchini. O che abbiano, coralline, le tinte delle sue collanine. Rime che a distanza (Annina era cosí schietta) conservino l'eleganza povera, ma altrettanto netta. Rime che non siano labili, anche se orecchiabili. Rime non crepuscolari, ma verdi, elementari.
Cerchiamo di parlare in due minuti, mentre qualcuno aggiusta le tende alle finestre e gli amici sono già per le scale. Sempre c'è poco tempo quando dobbiamo fare i conti con i morti. E cosí dico a mia madre di aver pazienza – a lei che vicina a morire, ancora vuol sapere com'era la mia cena...
Grandi stanze di vecchie case avite di provincia piene di fischi di navi lontane, piene di spenti rintocchi di campane e di battiti profondi d'orologi antichissimi. Nessuno abita piú qui dentro eccetto le ombre, e un violino appeso al muro, e le banconote fuori corso sparse sulle poltrone e sul letto largo con la coperta gialla. Di notte scende la luna, passa davanti agli specchi esanimi e coi gesti piú lenti rassetta dietro i vetri i fischi d'addio delle navi affondate.
Non canto le navi che ritornano, le stelle che ricamano girasoli sul cinto dell'estate. Né le rondini che volano nel cielo, per prendere il sangue di un'alba e tingerne i fiori...
Di notte sellano i cavalli, di notte passano, all'alba si disperdono alla ricerca di uccelli piumati e di donne slanciate, che brillano sui cuscini quando dormono la notte.
Brillano e sognano un grande amore, un grande figlio. Che abbia un sole nei capelli, una luna come specchio. E l'aquila sul volto a vegliare sul suo sonno.
Eccomi di nuovo. Sono in orario. Ti aspetto. Eppure, ne sono certo, non verrai. Ma devo dirtelo anche se a rimetterci sono ancora io. In questa faccenda ho anch'io da guadagnarci.
Questo giorno della mia vita. Particolare. Ho aspettato che sorgesse con il tuo pensiero. La strada che oggi è diventata un'altra. I battiti del cuore sfuggiti all'ordine consueto del loro ritmo.
Tutti i prodigi accaduti oggi. Oggi che ti dovevo incontrare.
Corpi belli di morti, che vecchiezza non colse: li chiusero, con lacrime, in mausolei preziosi, con gelsomini ai piedi e al capo rose. Tali sono le brame che trascorsero inadempiute, senza voluttuose notti, senza mattini luminosi.
Amore non dannarmi al mio destino tienimi aperte tutte le stagioni fa che il mio grande e tiepido declino non si addormenti lungo le pulsioni metti al passivo tutte le passioni dormi teneramente sul cuscino dove crescono provvide ambizioni d'amore e di passione universale, toglimi tutto e non mi fare male.
Il giorno era mite, la luce amichevole. Il tedesco sulla terrazza del caffè teneva un libricino sulle ginocchia. Sono riuscito a vedere il titolo: Misticismo per principianti. Subito ho capito che le rondini pattuglie sulle strade di Montepulciano con i loro versi striduli e le conversazioni pacate dei viaggiatori timidi dell'Est, la cosiddetta Europa centrale, e gli aironi bianchi fermi – ieri? Il giorno prima? – come suore in campi di riso, e il crepuscolo, lento e metodico, che offusca i contorni delle case medievali, gli olivi sulle basse colline, lasciate al vento e agli incendi, e la testa della Principessa sconosciuta che ho ammirato al Louvre e le vetrate delle chiese come ali di farfalla spruzzate di polline, e il piccolo usignolo che si esercita nella sua recita vicino all'autostrada, e ogni viaggio, ogni tipo di viaggio, sono solo misticismo per principianti, il corso introduttivo, propedeutico per un esame che è stato rinviato.
Dalle loro radici vorrebbero sollevarsi le felci, l'urogallo, il liruro, la mortella dalla palude, le acque del ruscello, le acque del ruscello nell'aria bruire vorrebbero, quando gli stivali neri vagano sul tappeto variopinto d'autunno della stanza: sacrificheresti un frammento dell'argento del tuo specchio, lo fonderesti in proiettile? Fenderesti col tuo proiettile la sorgente senza fondo del cuore? La Sposa del lupo la si può uccidere solo con un proiettile d'argento che spacca il cuore: nello specchio del cacciatore però rimarrà anche la traccia del proiettile.